Transizione digitale, a che punto siamo

3' di lettura
Mi piace!
0%
Sono perplesso
0%
È triste
0%
Mi fa arrabbiare
0%
È fantastico!!!
0%

11.01.2022

Quello della transizione digitale è un tema fondamentale per l’evoluzione dell’economia e della società italiana.

A fronte di grandi esempi e best practices orientate all’innovazione, lo spaccato che continua a emergere dai dati è sempre frammentato.

Certo è che, anche a fronte delle ingenti risorse messe a disposizione dal PNRR (ne abbiamo parlato QUI) , l’attenzione sia lato PA, sia da parte dei privati, medie e piccole imprese in primis, è alta. Così come alto è il senso di disorientamento.

Dove andranno le risorse e come dovranno essere spese?

L’Istat ha reso noti alcuni numeri che raccontano proprio questa forbice tra interesse e perplessità. Nel 2021, ci dice l’Istituto di statistica nazionale, il 60,3% delle piccole e medie imprese (PMI) italiane ha raggiunto almeno un livello base di intensità digitale (56% la media Ue27). Il target europeo 2030 è del 90%.

Cloud computing, vendita on line, cybersecurity e sistemi intelligenti controllati via internet (IoT) sono gli ambiti che destano più interesse e suscitano impulsi per gli investimenti.

Anche lato socialmedia, le imprese hanno virato verso un marketing sempre più orientato verso l’utilizzo di questi canali.

Una macchina che sta prendendo velocità, insomma. Ma, forse, non quella giusta.

La transizione digitale è una realtà sempre più vicina, insomma. Tuttavia restano criticità non irrilevanti da affrontare a livello nazionale ed europeo. Verso molti dei Paesi europei, l’Italia sconta dei gap non indifferenti. Tra i quali i vari digital divide, culturali e di infrastrutture e il tema delle competenze (per un approfondimento, ne abbiamo parlato qui) di utilizzo per individui, famiglie, imprese e pubblica amministrazione.

Gli indicatori della transizione digitale raccontano, comunque, una certa lentezza nell’adeguamento delle piccole e medie imprese. L’80% delle PMI si colloca a un livello ancora “basso” o “molto basso”  d’adozione dell’ICT.

In linea generale, le aziende italiane utilizzano il digitale solo se orientato a migliorare la produzione. È un dato che potrebbe sembrare una banalità ma apre un dibattito sulla forbice che continua a esistere tra profitto e approccio culturale.

La transizione digitale, infatti, perché sia sostenibile e perché possa portare reali miglioramenti trasversali a tutti i campi del lavoro, aumentando il range del benessere lavorativo a tutto tondo, non può trascendere da un sostanziale approccio da “nuovo umanesimo”.

Certamente, il piano rivoluzionario che coinvolgerà presto le amministrazioni pubbliche potrà fare da traino. Bisognerà, ora, però, entrare nel dettaglio dei piani (qui potete trovare l’elenco di tutte le misure per i piani PA digitale) verificarne le applicazioni e valutare i risvolti economici e sociali.

 

Redazione TERZO MILLENNIO

Parliamone insieme! Entra anche tu nella community di TERZO MILLENNIO

Articoli Correlati