Portuali italiani in sciopero per il rinnovo del contratto, salari adeguati e sicurezza

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05.04.2024

È iniziato mercoledì 3 aprile, e terminerà oggi con una manifestazione nazionale a Genova, lo sciopero delle lavoratrici e dei lavoratori dei porti.

Al centro delle rivendicazioni il rinnovo del contratto, scaduto a dicembre 2023, e il giusto adeguamento degli stipendi, che tenga conto dell’erosione salariale dovuta all’inflazione.

Dopo oltre 20 incontri con le parti datoriali, le trattative si sono interrotte bruscamente proprio sulla rivendicazione economica avanzata dai Sindacati. Si tratta di un aumento importante, circa il 18%, ma assolutamente indispensabile per il recupero del potere d’acquisto perso in questi anni.

Porti: un asset strategico della nostra economia

Nei tragici anni del covid, quando la stragrande maggioranza dei settori produttivi del nostro paese facevano i conti con una crisi senza precedenti e andavano in sofferenza, i porti hanno dimostrato tutta la loro resilienza grazie soprattutto alla professionalità e al lavoro di tutti gli addetti in questo settore. Un settore che rappresenta un asset strategico della nostra economia, gestendo ogni giorno oltre il 70% delle merci in entrata e in uscita nel nostro Paese.

Nei mesi scorsi sono state organizzate numerose assemblee sindacali in tutti i porti dove sono state registrate tante opinioni diverse su come attuare l’azione di lotta e sui temi da rivendicare con maggior forza al tavolo di trattativa. Gli elementi unificatori, tra tutta questa pluralità di voci, sono stati l’aumento economico e la sicurezza.

Al pari di quello salariale, il tema della sicurezza è sempre centrale nei porti in quanto in essi si concentra l’operatività di tante aziende, con la conseguente interazione tra lavoratori con diversi compiti e qualifiche, con mezzi meccanici e in situazioni microclimatiche e di gestione dello stress estreme.

Nella piattaforma rivendicativa dei sindacati è stata chiesta disponibilità alle controparti per avviare un percorso di rilancio della sicurezza dei porti, perché è importante rimettere al centro la prevenzione, anche attraverso l’indagine sui mancati infortuni e sulla condivisione e diffusione delle buone prassi in tema di prevenzione e protezione già presenti in molti porti. Inoltre, tra gli obiettivi c’è quello di rilanciare una campagna di solidarietà per le famiglie delle vittime di incidenti sul lavoro attraverso l’ente bilaterale.

Sicurezza sul lavoro

Nonostante i tanti sforzi già fatti in passato sul tema, come con l’introduzione dell’RLS di sito, e i necessari adeguamenti che oggi sono quanto mai urgenti, il tema sicurezza è sempre al centro dell’attività sindacale e di quella istituzionale, rafforzando la rete di protezione e prevenzione, i protocolli sulla sicurezza, i comitati di igiene e sicurezza e attraverso l’interazione tra RLS di sito produttivo, RLS e RSPP.

Tra le rivendicazioni ci sono molti temi legati al benessere lavorativo, inteso come qualità del lavoro e conciliazione con i tempi di vita, oltre che il rilancio del famoso fondo per l’esodo che non riguarda solo un tema di anticipo pensionistico ma anche di ricambio generazionale in vista dell’avvento di nuove tecnologie, e di tutela sociale nel caso di crisi di interi sistemi portuali, dovute anche a trasformazioni del ciclo delle operazioni portuali a seguito dell’introduzione di innovazioni.

Il rinnovo del contratto, e questa situazione di stallo tra sindacati e associazioni datoriali, arrivano in un momento particolare in cui il dibattito intorno alla riforma dei porti a partire dalla discussione sulla natura giuridica delle autorità di sistema e le notizie di probabili privatizzazioni creano ancora più incertezza.

Bisognerebbe guardare al passato e cercare di non ripetere gli stessi errori fatti in altri contesti, con privatizzazioni di società statali che garantivano un introito certo per l’erario.

Cambiare la natura giuridica dei porti porterebbe l’ingresso di privati in un sistema che, ad oggi, produce ricchezza per il paese e questo significherebbe inevitabilmente maggiore attenzione al profitto a discapito di una gestione equa e sostenibile della cosa pubblica e soprattutto del lavoro.

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