Gender pay gap: quanto è lontana la parità?

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25.06.2022

Siamo proiettati nel terzo millennio e disuguaglianze e discriminazioni dovrebbero essere state superate, i muri che fino a oggi hanno costituito ostacoli importanti per le pari opportunità dovrebbero essere stati abbattuti. Eppure, i dati sul gender pay gap raccontano una storia diversa. Dicono, esplicitamente, che c’è ancora tantissimo lavoro da fare. La parità retribuita, in quasi tutti gli ambiti lavorativi, è pura utopia. Ma perché?

GENDER PAY GAP: A CHE PUNTO SIAMO?

Il tema della parità retributiva è diventato ancora più complesso da affrontare dopo la pandemia. In toto, a dire il vero, le pari opportunità hanno subito un nuovo scossone a causa del Covid. Secondo uno studio dell’Osservatorio Job Princing, durante il 2021, il gap salariale nel nostro Paese è passato dal 12,8% al 13,9%.

Evitando di incappare nella retorica e di rendere sterile un tema tanto delicato, cerchiamo di rispondere in maniera pragmatica alla domanda: perché nel 2022 dobbiamo ancor parlare di gender pay gap?

LE CAUSE DELLA DISPARITÀ RETRIBUTIVA

Alcuni studi e indagini recenti hanno rilevato che il gap retributivo sia dovuto, in molti casi, al percorso di studi. Ad esempio, nel 2020 sul totale dei laureati, il 36,8% degli uomini ha conseguito una laurea in materie scientifiche o informatiche; la percentuale femminile che ha ricevuto la medesima istruzione, invece, era di una su sei, ossia il 17% (dati forniti dall’Istat). Ci riferiamo in particolar modo a tali ambiti perché, attualmente, sono quelli che offrono maggiori sbocchi lavorativi.

Ad ogni, modo, consideriamo inoltre che più il livello di istruzione è alto più il gap aumenta. Un vero e proprio paradosso dei nostri giorni. Stando ai dati diffusi dall’Istat, infatti: la disparità salariale è del 5,4% tra i diplomati delle scuole professionali, va al 10,4% tra i non laureati e al 30,4% tra i laureati. Raggiunge, a sorpresa, il 46,7% tra chi ha conseguito un Master di secondo livello.

Dunque, esiste anche un problema meno pragmatico ma altrettanto intrinseco: la percezione della preparazione. Non solo una forma di discriminazione, probabilmente dettata dalla memoria storica del Paese, ma anche un limite importante per la crescita professionale delle donne.

Questa riflessione porta inevitabilmente a considerare il fattore welfare. Molte donne sono costrette al part-time o proprio a dover lasciare il lavoro per avere cura della famiglia, andando irrimediabilmente incontro a un’interruzione della propria carriera.

Raggiungere ruoli apicali per le donne è ancora molto complesso, ne abbiamo parlato profusamente in occasione dell’accordo raggiunto da Parlamento, Consiglio e Commissione europea alcune settimane fa. Inoltre, abbiamo approfondito il tema degli effetti del divario nelle pari opportunità sulla salute mentale delle donne analizzando uno studio pubblicato sul Labour Economics lo scorso 21 giugno.

Bisogna ricordare sempre quanto sia importante tutelare i diritti delle donne. È necessario fare il possibile perché nessuna logica distruttiva abbia la meglio sulla professionalità e sulla retribuzione delle lavoratrici.

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