Direttiva Women On Boards: l’accordo europeo sulle pari opportunità nei Cda

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Lo scorso 7 giugno Parlamento, Consiglio e Commissione europea hanno raggiunto un accordo sulla direttiva Women On Boards che entrerà in vigore 20 giorni dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. La disposizione è orientata a garantire pari opportunità all’interno dei consigli di amministrazione. Chiariamo, però, che ci si riferisce solo alle grandi aziende quotate in borsa. Più nello specifico, dovranno essere le donne ad avere almeno il 40% degli incarichi da amministratore non esecutivo o il 30% di tutti gli incarichi da amministratore, indistintamente. Nella direttiva, inoltre, si specifica che nel caso in cui si presentasse la situazione di due candidati di generi diversi, con gli stessi titoli professionali e le medesime qualifiche, si dovrà dare priorità alla donna.

E ancora: le società, una volta l’anno, dovranno rendere conto, alle autorità di competenza, gli obiettivi raggiunti. Se dovessero risultare manchevoli, incorreranno in sanzioni specifiche. In breve: in caso di inadempienza e se non riusciranno a raggiungere gli obiettivi entro il 30 giugno 2026, verranno sanzionate in base alle loro dimensioni. Ricordiamo che la direttiva non riguarda le aziende con meno di 250 dipendenti, per cui saranno le grandi società a dover applicare le norme stabilite.

La Women On Boards, ad ogni modo, è stata presentata dalla Commissione europea nel 2012. Per un decennio è rimasta ferma al Consiglio europeo. Solo nel marzo del 2022 è stato trovato un punto in comune tra i ministri dell’Occupazione e degli Affari sociali.

PARI OPPORTUNITÀ: UNA DONNA AL VERTICE

Il tema delle pari opportunità è ampiamente esplorato e discusso. Tuttavia, mancano coperture previdenziali e infrastrutture sociali che permettano il cambio di passo necessario.
Nel caso del contesto aziendale, in Italia donne che ricoprono ruoli apicali sono ancora un numero troppo inferiore rispetto agli uomini.

In riferimento alla direttiva europea, nel nostro Paese la questione è da tempo oggetto di discussione ma ancora si fa troppo poco. Una azienda i cui vertici sono femminili, in Italia, di solito è una società che ha l’opportunità di avere alla guida una donna.

Modificare l’assetto, ad ogni modo, permetterebbe di raggiungere un equilibrio – in termini di gap, anche salariale. Inoltre consentirebbe di creare un nuovo sistema dove le competenze, la professionalità e la creatività del mondo femminile possano affermarsi e portare cambiamenti significativi. Quando la presenza di donne nei Cda – e non solo – sarà la norma, si potrà dire di aver compiuto il cambio di passo di cui sopra. Fino ad allora, si dovrà combattere perché le logiche del profitto e del cinismo non stritolino le pari opportunità.

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