Caffè a rischio a causa del cambiamento climatico
17.04.2023
Oggi è la Giornata nazionale dell’espresso, in cui si celebra la tazzina di caffè ormai parte integrante della cultura di questo Paese.
Non importa se fatto con la moka, con una macchinetta a casa o preso direttamente al bar, l’importante è – la mattina e/o dopo i pasti, come tradizione impone – non restare senza!
Purtroppo, però, prendere così tanto caffè (raccomandiamo sempre la moderazione) è una fortuna che non durerà a lungo. Vediamo perché.
Il caffè e il cambiamento climatico
Il caffè sparirà entro poco tempo a causa del cambiamento climatico. Certo, non del tutto, ma la produzione delle quantità odierne sarà impensabile tra pochi decenni.
Secondo uno studio pubblicato nel 2017 su PNAS e racchiuso in una ricerca portata avanti dallo Smithsonian Tropical Research Institute di Panama (alla quale hanno collaborato diversi atenei e importanti centri di ricerca), entro il 2050 fino al 90 percento dei terreni agricoli destinati alla coltivazione del caffè non sarà più in grado di sostenere le piantagioni.
I cambiamenti climatici, ma soprattutto gli eventi climatici estremi, saranno molto più evidenti e incidenti nelle aree tropicali.
In posti come il Brasile, produttore di caffè per eccellenza, quasi l’80% dei terreni non potranno più sostenere piantagioni.
Un numero enorme, che andrà anche ad incidere fortemente nell’occupazione del Paese.
Secondo la Banca Interamericana dello Sviluppo, nei prossimi anni ci sarà un aumento delle temperature nelle aree tropicali tra +1,5 e +4,5 gradi nei mesi più caldi, il che va a mettere a repentaglio soprattutto la qualità arabica del caffè, meno resistente alle alte temperature e alla “ruggine” (una malattia derivante da un fungo parassitario) rispetto a quella robusta, ma decisamente più saporita.
Le ricadute sull’occupazione
Come dichiarato dalla Banca Interamericana dello Sviluppo, un istituto di credito internazionale che ha l’obiettivo di favorire lo sviluppo economico e sociale dell’America Latina e dei Caraibi, solo in America Latina si contano circa 14 milioni di lavoratori collegati alle piantagioni di caffè, per un volume d’affari di circa 450 miliardi di dollari a livello globale.
Parlando di produzione è il Brasile ad essere capofila, visto che circa il 33% della produzione globale viene coltivata sotto la bandiera verdeoro. Con questi numeri è ovvio che si pensi a un disastro in termini occupazionali.
Saranno milioni i lavoratori che non potranno più coltivare la pianta di caffè e che quindi rimarranno senza occupazione. A meno che non decidano di vivere in condizioni decisamente più avverse, soprattutto vista la scarsità di risorse economiche a disposizione in certe aree del mondo.
Per fare un esempio in Nicaragua (146esimo Paese al mondo per PIL pro capite) nel 2050 la quota ideale per la coltivazione del caffè salirà dagli attuali 1200 metri s.l.m. a oltre 1600, un’avversità non di poco conto.
La bevanda più amata al mondo è in pericolo, l’unico modo per difenderla è difendere il Pianeta Terra e la nostra vita su di esso.
Che, forse, è un po’ più importante di una tazzina di caffè.
Riccardo Imperiosi, Direttore Giovane Avanti!
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