Verso la COP 27

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03.11.2022

Dal 6 al 18 novembre prossimi, si svolgerà a Sharm el-Sheikh, in Egitto, la COP 27 sul clima, il cui obiettivo dichiarato sarà quello di tentare di accelerare l’azione comune in difesa dell’ecosistema globale, attraverso la riduzione delle emissioni, l’aumento degli sforzi di adattamento e il potenziamento dei flussi finanziari indispensabili a sostenere questi scopi.

Riconoscendo il principio secondo il quale la Giusta Transizione rimane una priorità per tutte le nazioni, ma anche e soprattutto per i paesi in via di sviluppo di tutto il mondo, la Conferenza sarà un momento in cui gli Stati dovranno confermare la propria volontà di adempiere agli impegni verso il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione già stabiliti dall’Accordo di Parigi (COP 21, 2015) e parzialmente ripresi da quello di Glasgow (COP 26, 2021).

Il meeting di Sharm, peraltro, dovrebbe rimarcare proprio l’invito all’attuazione del patto di Glasgow, a rivedere l’ambizione negli NDC e a creare un efficace cronoprogramma di lavoro sulla mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici. Più nel dettaglio, tutti i Paesi dovranno finalizzare i propri National Adaptation Plans (NAPs) e iniziare ad implementarli.

Il vertice, inoltre, dovrebbe destinare una parte dei finanziamenti pubblici per il clima a sostegno delle misure di adattamento nelle aree del Pianeta in via di sviluppo; concordare una definizione operativa di finanza per il clima; nonché gettare le basi per un dialogo costruttivo intorno al nuovo obiettivo collettivo sui finanziamenti per il lasso temporale successivo al 2025.

Tuttavia, il summit internazionale ospitato dal governo egiziano rischia anche di fare da scenario ad un’istanza avanzata da numerosi stati africani, e che di fatto contraddice del tutto la realtà della crisi climatica in atto, ovvero la richiesta di non lasciare inutilizzate le vaste riserve di idrocarburi del continente. Infatti, con l’attuale crisi energetica, acuita dal conflitto sul fronte russo – ucraino, e il conseguente incremento dei prezzi del gas, molti Paesi dell’Africa stanno tentando di cavalcare l’onda per ottenere facili guadagni, espandendo (Algeria, Nigeria, Egitto) o avviando (Senegal, Mauritania, Mozambico) la propria produzione.

Va però annottato che l’idea di mettere in produzione nuovi giacimenti – soprattutto di gas – viste le ingenti scoperte degli ultimi anni, non gioverebbe direttamente al continente africano. Una buona parte delle fonti fossili estratte, in realtà, verrebbe indirizzata verso i mercati dell’Europa, e gli introiti finirebbero più per arricchire pochi privilegiati che per contribuire al benessere e allo sviluppo delle popolazioni locali.

Dall’altro lato, sono forti e numerose le richieste dell’Unione Europea. Infatti, l’Europarlamento – quale co-legislatore della normativa Ue in attuazione dell’Accordo di Parigi – ha recentemente approvato una risoluzione secondo la quale la guerra della Russia contro l’Ucraina e le sue conseguenze stanno rendendo ancora più pressante la necessità di trasformare il sistema energetico globale. Il monito è ad agire tempestivamente – possibilmente entro il decennio in corso – anche se molti degli impegni espressi a lungo termine sull’azzeramento delle emissioni nette risultano carenti in fatto di trasparenza.

La risoluzione evidenzia poi che l’Ue è il principale contributore di finanziamenti per il clima ed esorta altresì i Paesi sviluppati a mantenere la promessa fatta a quelli in via di sviluppo, raggiungendo l’obiettivo annuale di finanziamento per il clima di 100 miliardi di dollari, erogando tali fondi entro il 2022 e impegnandosi affinché, tra il 2020 e i 2025, siano spesi in media ogni anno, allo stesso scopo, almeno 100 miliardi di dollari.

Infine, il Parlamento europeo ha accolto con favore il confronto già avviato a Glasgow su perdite e danni, che dovrebbe focalizzarsi sui finanziamenti ai Paesi in via di sviluppo, dando chiaramente priorità alle sovvenzioni rispetto ai prestiti, al fine di evitare, arginare ed eventualmente affrontare le perdite e i danni legati agli effetti negativi delle alterazioni dell’ecosistema globale.

Da ultimo, il tema del cambiamento climatico e dello sviluppo di tecnologie basate sulle fonti rinnovabili rientra nella grande competizione politica ed economica fra Stati Uniti e Cina, nella quale nessuna delle due potenze intende restare indietro. La speranza è quindi che a breve, anche per interessi nazionali, si riavviino le attività di cooperazione interrottesi poco tempo fa in seguito alle tensioni relative all’isola di Taiwan.

Insomma, a pochi giorni dal suo avvio, la COP 27 appare più che mai un palcoscenico strategico nel quale si giocheranno le sorti non solo della capacità del nostro Pianeta di far fronte, nel più breve tempo possibile, alle disastrose conseguenze delle mutazioni del clima, ma anche di molti equilibri internazionali che fanno da sfondo al necessario ed ineluttabile percorso che conduce verso un mondo più sostenibile e decarbonizzato.

 

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