Quando l’Italia divenne un paese moderno. A 50 anni dal referendum sul divorzio

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13.05.2024

Nel libro intitolato “Moro-Nenni. Il carteggio ritrovato (1957-1978)”, da poco pubblicato da Arcadia Edizioni, vi troviamo una missiva del leader storico del Psi, allora vice-presidente del Consiglio dei ministri, ad Aldo Modo datata 23 gennaio 1967. La lettera, tra l’altro dice: “Caro Moro, ho ricevuto in mattinata la tua lettera sulle conseguenze che può avere sull’iter parlamentare del progetto di legge Fortuna per il «piccolo divorzio» la decisione della Commissione degli Affari Costituzionali della Camera. […..]. Niente da dire sul diritto della Santa Sede di condannare il divorzio e chi se ne faccia propagandista e promotore. Molto da dire invece sul diritto della Santa Sede di interferire su un atto del nostro Parlamento circa il carattere ed il valore costituzionale di un progetto di legge. La Costituzione ha voluto che Stato e Chiesa cattolica siano, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. La Chiesa è nel suo diritto quando ravvisa nel matrimonio un sacramento indissolubile davanti a Dio ed ai suoi rappresentanti in terra. Lo Stato è nel suo diritto se regola, o si propone di regolare come meglio crede gli effetti civili del matrimonio, ispirandosi al criterio che l’uomo può dividere ciò che l’uomo unisce. […]. Va da sé che, come Ministro, tengo per lo Stato. Cordiali saluti. Tuo Nenni Vicepresidente Consiglio dei ministri”.

Iniziava il cammino, non facile, dell’elaborazione e approvazione della legge per introdurre anche nel nostro paese il divorzio: l’istituto che più di ogni altro poteva consentire di modificare e superare quell’arcaico modello di società secondo cui il matrimonio andava concepito come elemento di “ordine sociale”, e che doveva per forza sopravvivere anche rispetto a qualsiasi contrasto tra i coniugi.

Dal Codice civile del 1942 alla Costituzione

Il Codice civile del 1942, emanato in epoca fascista, prescriveva l’indissolubilità del matrimonio, che poteva essere sciolto solo per sopraggiunta morte di uno dei coniugi.

L’Assemblea costituente, eletta dopo la fine della Seconda guerra mondiale per redigere la Costituzione repubblicana, non accolse nella nostra Carta la proposta di prevedere dell’indissolubilità del vincolo matrimoniale. Quindi, ciò comportava che non vi fossero limiti di ordine giuridico tali da impedire l’introduzione del divorzio con legge ordinaria.

La possibilità di riconoscere il principio divorzista nella nostra legislazione suscitava le forti reazioni del Vaticano in quanto – sempre secondo la visione della Chiesa – esso rappresentava un vulnus al Concordato del 1929, voluto da Mussolini e dall’allora pontefice Pio XI.

Il protagonista della battaglia: Loris Fortuna

Protagonista principale di questa battaglia fu il parlamentare socialista Loris Fortuna. Questi aveva abbandonato il Pci a seguito dei sanguinosi Fatti di Ungheria del 1956, venendo eletto alla Camera nel 1963 nelle file socialiste.

Fin da subito, Fortuna volse il suo impegno parlamentare soprattutto sul versante dell’ampliamento dei diritti civili, al fine di arrivare alla piena attuazione dei principî costituzionali.

La prima proposta di legge in materia di divorzio fu presentata dal parlamentare socialista il 1° ottobre del 1965 (Casi di scioglimento del matrimonio). Il progetto di legge non trovò le condizioni politiche e parlamentari per proseguire il suo iter, sebbene la commissione Giustizia della Camera avesse incominciato (giugno 1967) a esaminarlo in sede referente. Forti erano le riluttanze e gli ostacoli posti dalla Democrazia cristiana, partito di maggioranza dell’allora governo di centro-sinistra, ed anche all’interno dei partiti progressisti della coalizione c’erano resistenze legate proprio al timore di incrinare i rapporti tra alleati.

Ma Loris Fortuna non desistette dal suo progetto, anche perché stava crescendo un forte movimento popolare di sostegno alla proposta di legge. Alla lotta si unirono sia il Partito radicale sia la rivista popolare ABC. Su questo giornale, seguitissima fu la rubrica dedicata ai comportamenti sessuali degli italiani, curata da Renata Pisu, che si firmava con lo pseudonimo di Cristina Leed. Inoltre, ABC lanciò una raccolta di apposite cartoline prestampate e allegate al giornale, da compilare e spedire all’onorevole Fortuna da parte dei cosiddetti “fuorilegge del matrimonio”. In poche settimane ne arriveranno oltre 30.000.

Nel 1968, la proposta di legge fu ripresentata in Parlamento dall’esponente socialista. Un disegno simile fu proposto anche dal liberale A. Baslini, lo stesso anno.

Le due proposte furono unite e discusse in Assemblea il 28 novembre del 1969. L’iter fu lungo e accidentato, ma alla fine il divorzio venne introdotto nel nostro ordinamento il 1° dicembre 1970.

Lo schieramento cattolico, capeggiato da Gabrio Lombardi, chiese il referendum abrogativo della legge. A favore dell’abrogazione si schierarono la Dc capeggiata da Amintore Fanfani e il Movimento sociale italiano. Ma non tutto il fronte cattolico era abrogazionista: basti qui citare le Acli, che saranno per il “no”.

Il primo referendum abrogativo della storia repubblicana: trionfa il “no”

Il 12 e 13 maggio del 1974, gli italiani si recarono la prima volta alle urne per votare in un referendum abrogativo. Il “no” prevalse con il 59,3% dei consensi. Il “sì” rimase fermo al 40,7%. L’affluenza fu altissima: ben 87,72% degli aventi diritto si recò alle urne.

Fu la prova tangibile di una società italiana cambiata radicalmente. Lo dimostrò la battaglia esplosiva di quei giorni, che evidentemente aveva come fondamento una sofferenza sociale diffusa.

La legge sul divorzio, e il successivo referendum che ne decretò la permanenza nel nostro ordinamento rappresentarono anche l’inizio di una più generale e decisiva riforma: quella del diritto di famiglia, sancita appena un anno dopo, nel 1975 (per l’abolizione del “delitto d’onore”, si dovette aspettare il 1981!).

La UIL nella battaglia per il divorzio

La UIL, sindacato laico-socialista, si schierò con convinzione a favore della legge Fortuna-Baslini. Come scritto da Sergio Turone nel suo libro dedicato alla storia dell’Unione Italiana del Lavoro “le polemiche sullo scioglimento del matrimonio ebbero naturalmente riflessi anche in campo sindacale, dove la UIL fu la confederazione che con maggior impegno si schierò a favore della legge […] su un tema come il divorzio [la UIL] ritrovava i valori della propria tradizione laica e non presentava incrinature”.

Una pagina fondamentale della storia del nostro paese.

  1. Turone, Storia dell’Unione Italiana del Lavoro, Arcadia Edizioni, 2024, p.p. 190-191.

 

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