Disturbi mentali e cura. Una questione che ci riguarda tutti

7' di lettura
Mi piace!
0%
Sono perplesso
100%
È triste
0%
Mi fa arrabbiare
0%
È fantastico!!!
0%

17.08.2023

La società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione, quanto la follia” 

(Franco Basaglia)

Quando si parla di malattia mentale, immediatamente emergono concetti quali manicomio, psicologo, dipartimenti psichiatrici, sintomi dell’esistenza di un condizionamento culturale molto forte, imperniato su stigmi, pregiudizi, vergogna, difficili da eradicare. 

Che cos’è la salute mentale?

Secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità la salute mentale : “È uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non la semplice assenza di malattia o di infermità”.

Un concetto complesso che significa non “solo” prendersi cura delle persone malate, ma poiché ci riguarda tutti, promuoverla è una sfida per tutta la società ed è quindi, innanzitutto, un tema culturale. 

Occorre, quindi, riportare l’attenzione verso la multidimensionalità del benessere delle persone per avere ricadute positive sulla collettività anche in termini di risparmio di risorse.

La rivoluzione di Franco Basaglia

Franco Basaglia ha rivoluzionato il modo di intendere e di approcciarsi alla malattia mentale e, quindi, anche alla salute mentale non solo in Italia ma nel mondo intero. In termini strutturali e fuori da ogni ideologia, ha compiuto un’operazione straordinaria con la sua spinta liberatrice e l’idea di una società che include, accoglie e sostiene, in cui ogni essere umano ha piena cittadinanza, creando servizi di prossimità e presa in carico delle persone.

A oltre quarant’anni dalla Legge 180, nota come legge Basaglia, manca ancora una comprensione profonda di cosa sia la salute mentale e cosa sia necessario “fare” per favorirla. 

La centralità della persona e dei diritti umani

Non possiamo, infatti, limitarci, a ragionare sulle strutture da realizzare ma dobbiamo farlo anche sui percorsi che il cittadino può compiere per trovare risposte ai suoi bisogni che includono anche quelli del suo nucleo familiare, del territorio che lo circonda e del contesto sociale allargato.

A partire dalla centralità dei diritti umani e della dignità della persona affetta da disturbi mentali, è necessario un approccio comunitario alla salute mentale che valorizzi la prevenzione, la condivisione di buone pratiche, con il coinvolgimento dei diretti interessati e delle loro famiglie nel processo di cura e di recupero psicosociale.

Il sostegno alle famiglie

Pur riconoscendo all’approccio clinico e/o farmacologico la sua funzione – in alcuni casi determinante – per le persone affette da disturbi mentali, la Uil ritiene che l’efficacia delle stesse non possa prescindere anche da un adeguato sostegno alle famiglie, una risposta abitativa efficace e dallo sviluppo di forme di aggregazione sociale, in un’ottica di prestazioni sociosanitarie efficaci, efficienti e sostenibili. 

La sofferenza mentale è connessa alla società, alla cultura, al reddito, al lavoro, al mondo in cui tutti siamo immersi.

Come evidenziato dall’OMS nel 2012 “il benessere mentale e psicologico è influenzato non solo da caratteristiche e peculiarità individuali, ma anche dalle circostanze socioeconomiche nelle quali le persone si trovano e dal contesto generale in cui vivono”. 

Non tutte le malattie sono trattate allo stesso modo 

La malattia mentale genera un altissimo impatto e sofferenza per chi ne soffre, per le famiglie, per gli amici. Stigma e discriminazione vanno di pari passo alla solitudine, all’indifferenza ed al disinteresse che possono condannare a vite desertificate le persone con disagio psichico. Inoltre, persiste una disparità di trattamento e di qualità dell’assistenza tra chi soffre di malattie mentali e chi di altre patologie.

Il pregiudizio e lo stigma che accompagnano il disturbo mentale allontanano anche il momento della cura. Molti disturbi psichiatrici, infatti, hanno un esordio nella fascia 14-24 anni, ma spesso le persone arrivano alle cure ben più tardi poiché c’è ancora molta difficoltà ad ammettere che anche la mente può ammalarsi e anziché chiedere aiuto, come avviene per qualsiasi altro problema di salute, si tende a rimandare, a nascondere, non dando ascolto a quei segnali che la mente stessa ci lancia e che, con un’adeguata prevenzione, si potrebbero controllare e contenerne le conseguenze.

La povertà vitale

Oggi si usa il termine “povertà vitale” per indicare e descrivere una situazione che oltrepassa i confini della mera povertà economica ma che rappresenta un impoverimento più complessivo, culturale, relazionale, affettivo, valoriale, sempre più diffuso nella nostra società e che rappresenta un terreno fertile nel quale possono trovare dimora e sviluppo il disagio, il senso di smarrimento, la difficoltà ad investire nel futuro e a fare progetti. Giocano un ruolo importante anche l’istruzione e l’occupazione: bassi livelli di istruzione e disoccupazione sono infatti tra i fattori di rischio per l’insorgenza delle malattie mentali.

Come rilevato dall’Oms, la pandemia ha interrotto i servizi di salute mentale nella quasi totalità dei paesi nel mondo, proprio mentre il bisogno di assistenza è aumentato. Lutti, solitudine isolamento, paura di ammalarsi o di perdere il lavoro, difficoltà economiche, conflitti familiari. Tutte queste difficoltà hanno acuito la sofferenza psichica.

Le malattie mentali ai tempi del Covid

La crisi economica e sociale ha lasciato delle cicatrici profonde nella società, contribuendo a creare nuove vulnerabilità e, purtroppo, “affondando” chi già si trovava in condizioni di fragilità. La crisi ha prodotto rassegnazione, ansia, angoscia, irrequietezza e tensione che si sono tradotte, per molti, in disagi mentali primo tra tutti la depressione; l’OMS già nel 2019 prevedeva che nel 2020 questa sarebbe stata la seconda causa di disabilità lavorativa dopo i disturbi cardiovascolari.

Anche secondo il rapporto Bes 2021, i due anni di pandemia, con le forti restrizioni alla mobilità e alla vita sociale e relazionale, hanno determinato un impatto sulla componente psicologica ed emotiva della salute, che è risultato evidente soprattutto tra i più giovani. Il fatto più rilevante, infatti, documentato da numerosi studi ed evidenziato anche da OMS e OCSE, è stato il forte contraccolpo subito dai più giovani in termini di benessere psicologico negli ultimi due anni.

Anche per questo motivo, quando parliamo di salute e benessere mentale dobbiamo considerare la necessità di promuovere ruoli, spazi e opportunità per i giovani, in modo da sostenere al meglio il loro sviluppo evolutivo. Questa responsabilità non può e non deve riguardare solo gli psichiatri e gli psicologi ai quali ci si rivolge quando il problema già esiste, ma il tema dovrebbe essere in che modo è possibile prevenirlo.

L’importanza della prevenzione

È necessario riportare in primo piano la prevenzione. I disturbi psichici infatti possono essere curabili, sebbene non tutti guaribili. E laddove non c’è guarigione possono essere adottati interventi efficaci, anche in età precoce, in grado di ridurne l’intensità, la durata dei sintomi e le conseguenze. Individuare e affrontare il disagio, prima che metta radici, sicuramente può garantire un maggiore benessere a lungo termine; i dati dimostrano che un intervento, già a partire dalla scuola, può essere determinante se affrontato con competenze specifiche.

La legge Basaglia, insieme a quella sull’interruzione della gravidanza (la n° 194/78) e a quella istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale (la n°833/78) – hanno modernizzato il nostro Paese riconoscendo nuovi spazi di autodeterminazione delle persone. 

Abbiamo, quindi, una legge che non va cambiata quanto piuttosto applicata e, per la UIL, rilanciata in tutti i suoi principi: la cura basata in primis sulla relazione e sul rapporto umano, la prevenzione, la creazione di forme di presa in carico e di tutela sul riconoscimento dei diritti della persona e sulla complessità dei suoi bisogni, la previsione di servizi psichiatrici di diagnosi e cura attenti alla garanzia di una migliore qualità della vita della persona e la creazione di una rete di servizi e strutture che prediliga il territorio come intercettore primario di bisogni e di esigenze dei pazienti e delle loro famiglie. 

Investire sui lavoratori sociosanitari

Siamo fermamente convinti che bisogna puntare sulle persone, tanto pazienti quanto operatori e professionisti: dobbiamo investire sull’istruzione e sulla formazione delle figure sociosanitarie per fare in modo che la persona sia percepita non solo come individuo portatore della patologia, ma come persona con un vissuto dal quale partire per comprendere le sue radici, così come adoperarci affinché il benessere delle persone venga messo al centro di strategie ed azioni politiche che vadano oltre il PIL.

Dipartimento Politiche della Salute, Nuovo Welfare e Terzo Settore UIL

Articoli Correlati