Pesticidi. A rischio tutto l’ecosistema

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19.04.2023

Le componenti chimiche ormai pervadono ogni campo della nostra vita. Nella filiera agroalimentare, in particolar modo nell’agricoltura, che ha subito un forte incremento della produttività negli ultimi anni, si inizia a parlare di fitofarmaci, pesticidi e delle conseguenze del loro uso prolungato sugli esseri umani e sulla biodiversità. 

Circa un terzo dei prodotti agricoli a livello globale viene prodotto con l’ausilio di queste sostanze per incrementarne la qualità e quantità. L’Italia è attualmente classificata al sesto posto in scala mondiale per uso di pesticidi e seconda in Europa con circa 114.000 tonnellate l’anno e circa 400 sostanze diverse utilizzate. 

Ma cosa sono pesticidi e fitofarmaci (o agrofarmaci)? 

Oggi i termini sono quasi sinonimi ed indicano sia gli antiparassitari utilizzati per la protezione delle colture, sia le sostanze utilizzate per la prevenzione e cura delle malattie delle piante. 

Esistono molti pesticidi, specifici per l’organismo contro cui vengono usati: gli insetticidi per gli insetti, i funghicidi per funghi, i diserbanti (o erbicidi) per le erbe infestanti, i molluschicidi per i molluschi terrestri (es. le lumache), nematocidi per vermi nematoidi, acaricidi per gli acari e gli anticrittogamici per contrastare la proliferazione di batteri, muffe ed alghe. 

Ognuna di queste categorie include a sua volta diverse sostanze o principi attivi, agisce con meccanismi diversi e a cui sono generalmente aggiunte altre sostanze, chiamate coformulanti.

Questi sono utili, ad esempio, per sciogliere più facilmente i composti all’interno dell’acqua (emulsionanti), per conservarne durevolezza ed efficacia (additivi) o per migliorarne l’efficacia sull’ organismo bersaglio (coadiuvanti). Si hanno così diverse centinaia di formulazioni delle quali non sempre si conosce bene il contenuto ed i possibili effetti sull’ambiente e sulla salute dell’uomo. 

Persistent Organic Pollutations (POPs)

Molte sostanze utilizzate nei pesticidi hanno effetto a lunga durata nell’ambiente e vengono definite come contaminanti organici persistenti (O Persistent Organic Pollutations, abbreviato con l’acronimo POPs). I POPs sono persistenti alla degradazione sia chimica che biologica, rendendoli prodotti difficili da smaltire e con permanenza di lunga durata. I POPs fanno la loro prima comparsa con l’industria chimica del ventesimo secolo, dove pesticidi come il DDT ed altri clorurati furono ampiamente utilizzati in Europa ed America, fino a quando vari studi condotti durante gli anni ’60 e ’70 ne attestarono la tossicità su animali ed esseri umani. Gli effetti agivano sul sistema riproduttivo, immunitario ed epatico, malformazioni e tumori, motivi che ne hanno determinato la messa al bando dalla Convenzione di Stoccolma nel 2001.

Proprio per la straordinaria persistenza dei POPs ancora oggi è possibile trovare pesticidi banditi da decenni (Come il DDT) nel suolo e nelle falde acquifere. Per “persistenza” si intende la permanenza di un principio attivo in contesto ambientale influenzata dalle caratteristiche chimico-fisiche della sostanza. 

Le mutazioni dei pesticidi

I pesticidi difficilmente rimangono immobili ed intatti: infiltrandosi nel suolo, nell’acqua, volatilizzandosi nell’aria o venendo a contatto con altri organismi, essi possono subire delle alterazioni o degradazioni dei principi attivi, generando mutazioni dal composto originario e diventando così anche più tossici. Recenti studi hanno inoltre sottolineato come il surriscaldamento globale stia diventando uno dei maggiori fattori di mutazione delle sostanze chimiche nei pesticidi specialmente nelle zone tropicali.

Per la loro tendenza a mutare ed essere facilmente trasportabili dagli agenti atmosferici, i pesticidi spesso raggiungono anche organismi non-target. Un potente gruppo di pesticidi di ultima generazione, chiamati rispettivamente neonicotinoidi (risultati dalla lavorazione della nicotina) che hanno come principio attivo il potere di colpire il sistema nervoso degli insetti e sono altamente idrosolubili, stanno direttamente decimando la popolazione di insetti impollinatori ed indirettamente decimando le colture, in quanto i semi ne assorbono i principi attivi attraverso l’acqua, diventando così contaminate.

La distruzione delle api

Si stima infatti che negli ultimi 30 anni in Europa abbiamo perso più del 70% della biomassa degli impollinatori e le api, ampiamente utilizzate in agricoltura per l’impollinazione sono tra le più colpite da questo fenomeno. Se dovessero scomparire, perderemmo definitivamente 2/3 delle colture di cui ci nutriamo di cui le api ne sono i principali impollinatori. 

Quando un organismo viene a contatto con le tossine di un pesticida, esse si (bi)accumulano all’interno di esso. Una sostanza che si bioaccumula può anche biomagnificare, ovvero aumentare il tasso di tossicità man mano che si risale nella catena alimentare, incrementando la tossicità anche 70.000 volte da preda a predatore ed essi, in un modo o nell’altro, raggiungono anche l’essere umano. 

Milioni di donne, bambini e lavoratori agricoli avvelenati

Si stima che ogni anno nel mondo si verificano 385 milioni di casi di avvelenamento da pesticidi che causano circa 11.000 decessi, soprattutto nei lavoratori agricoli e nei Paesi in via di sviluppo. Queste ultime due categorie sono sicuramente le più a rischio, ma tra quelle maggiormente esposte ci sono sicuramente donne in stato di gravidanza e bambini, in quanto questi sono più sensibili alle sostanze chimiche, essendo ancora in via di sviluppo con un metabolismo più veloce. 

Tra le principali malattie sia croniche che acute sviluppate in seguito alla ripetuta esposizione ai pesticidi, ci sono quelle legate al sistema cardiovascolare, nervoso, polmonare, endocrino e riproduttivo, ma anche all’apparato digerente e al sistema epatico. Inoltre, molti composti nei pesticidi sono risultati essere cancerogeni, mutageni e teratogeni. Gli effetti si possono verificare anche molto tempo dopo l’esposizione anche non prolungata, ma avvenuta con piccole dosi e si possono trasmettere di generazione in generazione. Le donne incinte infatti, possono trasmettere i pesticidi ai feti attraverso la placenta, il liquido amniotico o il liquido follicolare ovarico e ai neonati attraverso il latte.

Cosa possiamo fare per impedire tutto questo? 

Secondo l’UE, l’Italia dovrà ridurre l’uso dei pesticidi entro il 2030, tuttavia l’Europa, dopo la scadenza del PAN (Piano d’Azione Nazionale per l’Uso Sostenibile dei Prodotti Fitosanitari) ha ancora in stallo l’iter per il rinnovo di esso. Il piano PAC (Piano strategico Politica Agricola Comune) del 2023-2027 tampona solo in parte il problema, ma è necessario spingere affinchè i governi attuino misure efficaci a sostegno della biodiversità, dei lavoratori e consumatori.

Inoltre, sarebbe opportuno sensibilizzare anche la popolazione su queste tematiche e fare scelte sempre più etiche ed ecosostenibili, prediligendo prodotti stagionali da agricoltura biologica e possibilmente a KM 0 ed una dieta più sana con un minor impatto ambientale.

Gaia Noboa De Jesus, Officina Civile

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