Vagabondo che son io: il nomadismo digitale ai tempi dello smart working

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07.06.2023

Il 35esimo ‘Rapporto Italia’ dell’Eurispes porta con sé un dato solo per certi versi sorprendente: il nomadismo digitale è sbarcato anche nel Bel Paese. Per nomadi digitali si intendono quei lavoratori, autonomi o dipendenti, che non hanno un ufficio fisso, ma che lavorano stabilmente da casa o addirittura dai luoghi di villeggiatura.

Una realtà già esistente da qualche anno, ma fortemente accelerata dalle necessità portate della pandemia e poi diventate prassi consolidate anche dopo i mesi del lockdown.

Secondo le previsioni di AT&T, mentre il lavoro totalmente da remoto dovrebbe subire un importante calo dal 2021 al 2024 (dal 56% al 19%), il lavoro ibrido conoscerà una crescita del +39%. Lavorare da remoto non è solo una tendenza trainata dal risparmio energetico e dalle politiche ambientali, ma denota anche una scelta di priorità da parte dei lavoratori.

Anteporre il proprio benessere al lavoro

Secondo i dati del Work Index Trend di Microsoft, in uno studio condotto in 31 paesi tra cui l’Italia, il 53% dei lavoratori è disposto ad anteporre la propria salute e il proprio benessere al lavoro.

Stando ai dati del ‘Secondo Rapporto sul nomadismo digitale in Italia’, promosso dall’Associazione italiana nomadi digitali e da Airbnb, i protagonisti del fenomeno del nomadismo digitale in Italia sono lavoratori (35%) tra i 35 e i 44 anni; a seguire giovani tra i 25 e i 34 anni, mentre è minore la percentuale di nomadi digitali over 45 (15%), con meno di 24 anni (10%) o over 55 (5%).

I vantaggi del nomadismo digitale

La possibilità di lavorare anche per diversi giorni consecutivi da remoto apre opzioni fino ad oggi considerate utopistiche: per i pendolari lo smart working si traduce in un risparmio di tempo e denaro, ma anche per chi vive nei grandi centri metropolitani, il lavoro da remoto può offrire la possibilità di sfruttare seconde case, in campagna o al mare, e rifuggire dal traffico cittadino, dallo smog e dai costi resi a tratti improponibili nei grandi centri dall’inflazione.

Nella scelta di una destinazione per lavorare da remoto, le variabili discriminanti risultano essere ovviamente una buona connessione a Internet, ma anche il bel tempo, il basso costo della vita, un visto facile da ottenere se si sceglie l’estero e le attrazioni locali. Tra le migliori destinazioni per i lunghi soggiorni figurano anche paesi esotici, caratterizzati dal buon clima e da costo della vita basso, come Indonesia, Brasile o Thailandia.

Le mete scelte

Ma il ‘Secondo Rapporto sul nomadismo digitale in Italia’ ha evidenziato che anche lo stivale attira non poco le mire di ‘vagabondi digitali’: ad attrarli sono soprattutto il Sud (25%) e le Isole (18%), le località balneari (61%) o a stretto contatto con la natura (41%), ma anche le città d’arte (39%), mentre risultano meno attrattive le località di montagna (22%) e quelle di collina o entroterra (12%).  A influenzare la scelta finale della destinazione intervengono, anche in Italia, la qualità della connessione Internet (65%), il costo della vita (61%), le attività culturali (40%). 

Per l’Italia il nomadismo digitale offre importanti opportunità di crescita: i servizi e le infrastrutture ritenute prioritarie dai nomadi digitali potrebbero contribuire a impatti ad alto valore sociale sui territori ospitanti, alimentando il sistema economico e il mercato del lavoro, favorendo la destagionalizzazione del turismo e accorciando la forbice socioeconomica tra Nord e Sud.

Per farsi trovare pronti occorre però una visione di insieme, con politica, aziende e sindacati uniti nel garantire un lavoro da remoto efficiente, sicuro e regolato.

Francesco Massardo, Uil Liguria

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