NESSUNO È UN FALLITO! SIAMO SOLO UNA GENERAZIONE LASCIATA SOLA IN UNA PERFORMANCE FEROCE CHE NON ABBIAMO SCELTO.

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05.07.2023

“Inconcludente”, “inutile”, “fallito”, sono queste alcune delle parole scritte nelle lettere d’addio da alcuni giovani studenti e studentesse prima di decidere di togliersi la vita. Parole definitive, parole di dolore, di disperazione di chi si sente ultimo e solo su di un abisso generato e amplificato dagli insuccessi all’università.

COSA SPINGE I RAGAZZI A METTERE FINE ALLE LORO VITE? QUALI SONO I MURI INVALICABILI DELL’AMBIENTE UNIVERSITARIO? COME LI SI PUO’ AIUTARE?

Le cronache ci informano che sono almeno 20 gli studenti e le studentesse universitari che si sono tolti la vita negli ultimi tre anni in Italia e che uno studente su tre mente sui propri esami, tutti per le stesse motivazioni, per lo stesso sentimento di paura e inadeguatezza nei confronti di una realtà difficile, competitiva, selettiva e soprattutto per non deludere le aspettative sociali e familiari.

Gli studenti ormai respirano solo un’aria di competizione feroce. Vince chi si laurea prima e sembra che la quantità di tempo impiegato sia più rilevante della qualità.  Formarsi e istruirsi non vengono più associati al piacere, alla crescita e all’arricchimento personale, ma al dovere, al gareggiare, all’essere a tutti i costi il migliore e, soprattutto, il solo pensare di “fermarsi”, di prendersi una pausa o di farsi aiutare per alcuni giovani equivale a essere un perdente, equivale a “fallire”.

Fallimento è la parola chiave. Fallisci se non prendi 30, se sei fuori corso o se la tua performance all’esame non è impeccabile. Fallisci se non riesci a conquistare quel foglio di carta o quell’ambita corona d’alloro.

Tollerare un insuccesso diventa impossibile, ci si comincia a sentire frustrati e inutili poiché in questa società non raggiungere un successo, tra l’altro sentendo addosso sempre il giudizio e le aspettative degli altri, significa solo una cosa: che la colpa è tua, perché non ti sei impegnato abbastanza, perché non sei abbastanza, perché non vali o vali meno degli altri.

Ma come siamo arrivati a tutto questo?

Come siamo arrivati ad una concezione distorta della vita intesa come una sfida continua con gli altri, come performance? Il primeggiare è diventato il modello imperante, senza pensare che ciascuno di noi giovani ha la propria storia fatta di esperienze, emozioni e fragilità uniche e che non laurearsi o non rispondere al canone di vincitore a tutti i costi e nei tempi giusti (per chi poi?) non può e non deve significare annullarsi, scomparire, rinunciare alla vita.

Un fallimento, se così si può definire un ‘insuccesso o più insuccessi universitari, non possono determinare la persona e il percorso intero della sua esistenza.  Noi giovani dobbiamo avere la possibilità di sbagliare, di cambiare idea e si, anche di “fallire”, per poi ricominciare, magari avendo la possibilità, sostenendoci, di una scelta che più ci somigli, che più somigli ai nostri desideri, alle nostre ambizioni piccole o grandi, ma autentiche e adeguate a noi, solo a noi.

COME FAR FRONTE AL DISAGIO PSICOLOGICO DEGLI STUDENTI?

A Roma, come in tantissime città italiane, sono stati organizzati presidi, flash mob, manifestazioni con slogan che sono anche grida di allarme, “non si può morire di università” oppure “il vostro merito ci uccide” grida che sono ricerca di ascolto, di supporto che chiamano le istituzioni ad intervenire a farsi carico del cambiamento di un sistema, quello sì, che è fallito, che non funziona, che ci strozza, che ci uccide.

Nei mesi scorsi, è stata depositata alla Camera , grazie all’iniziativa  degli studenti dell’Unione degli Studenti e dalla rete degli Studenti Medi, con il sostegno di alcuni parlamentari di diversi schieramenti politici,  una proposta di legge la quale prevede di istituire e finanziare, un servizio di assistenza psicologica, psicoterapeutica e di counselling scolastico e universitario, per dare supporto concreto agli studenti anche introducendo dei veri e propri corsi di educazione alla salute e al benessere psicologico. È uno strumento importante che va approvato al più presto. Servono azioni forti in tutte le scuole e università. Servono finanziamenti che sostengano sportelli e progetti rivolti ai giovani studenti, per ascoltarli, affiancarli, tracciare con essi una strada percorribile. Perché studiare, formarsi, crescere sono tappe fondamentali della propria esistenza. Non vi è nessuna gara da vincere, non vi è nessuna dimostrazione da dare.

Metteteci nelle condizioni di farlo. Metteteci nelle condizioni di crescere e arricchirci non solo con il sostegno psicologico, ma con colloqui più costanti e umani con i professori, con una burocrazia meno farraginosa, con borse di studio più accessibili, con alloggi per i fuori sede, agevolandoci negli spostamenti e guidandoci nelle scelte che prenderemo.

E’ una questione di responsabilità!

La realtà è che la società oggi naviga in un mare di egoismo e superficialità. Nessuno può o riesce a salvarsi da solo. Chi si trova in una situazione di difficoltà merita di ricevere tutto l’aiuto possibile. Merita di sentirsi compreso e non abbandonato a sé stesso, è doveroso rendere contagiosa la solidarietà ed evitare che altre tragedie si ripetano.

È primario dare valore ad ogni singola vita, dare valore ad ogni singolo giovane a partire da quelli che sembrano non eccellere. Partiamo dai giovani, dai nostri coetanei che hanno scelto un gesto estremo, non dimentichiamoli. Con loro, con noi… è rimasto un grande “debito”, è rimasta una grande, immensa responsabilità!

Lucia D’Andrea – Officina Civile

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