Il Mezzogiorno dimenticato

3' di lettura
Mi piace!
100%
Sono perplesso
0%
È triste
0%
Mi fa arrabbiare
0%
È fantastico!!!
0%

20.02.2024

Mentre il Governo, da un lato, spinge sul pedale dell’acceleratore dell’autonomia regionale, dall’altro, sottrae alle stesse Regioni ampi margini di autonomia, quando dice loro di distogliere dai Por, dal Fesr, dal Fondo di coesione sociale e dagli stanziamenti nazionali le risorse destinate allo sviluppo del territorio.

Quello a cui stiamo assistendo è l’ennesimo scippo contro il Mezzogiorno, uno scippo concretizzato dall’eliminazione dalla Legge di bilancio di 3,5 miliardi del Fondo perequativo infrastrutturale che doveva servire per mettere in sicurezza ospedali e scuole, per costruire nuove strade e ferrovie, per rilanciare porti e aeroporti, per costruire nuove condutture di gas e acqua.

Se si considera il gap esistente nel Mezzogiorno italiano, l’urgenza di investire in un’infrastruttura moderna ed efficiente in quest’area appare particolarmente stringente.

La mancanza di infrastrutture nel Mezzogiorno

Nonostante il potenziale del Sud quale territorio ad alta vocazione turistica, molte aree patiscono infatti una scarsa penetrazione della rete ferroviaria e aeroportuale: in media, FlixBus rappresenta l’unica soluzione di mobilità collettiva nel 7% dei comuni che collega nelle regioni meridionali, con un picco del 14% in Calabria. Ciò corrisponde a un 12% della popolazione, con un picco del 23% in Basilicata.

Si parla di Ponte sullo stretto, scelta importante, ma prima di quella è necessario agire ed investire sulle infrastrutture da realizzare e rilanciare, per scongiurare nuove tragedie come quelle accadute sulla linea ionica calabrese, che danno dimostrazione di come sia facile morire quando non si fanno investimenti infrastrutturali.

Ancora oggi, poi, non trova riscontro sui territori la clausola del 34% di investimenti ordinari dello Stato per le Regioni meridionali. Per non parlare della decisione di portare la gestione delle otto Zes meridionali in una Zes unica, una scelta sbagliata, ancora una volta a danno del mezzogiorno che si vede derubato un’importante leva di politica industriale, se specializzata in alcuni settori strategici e legata al sistema portuale delle regioni del sud del Paese. Il binomio Zes-porti, infatti, poteva e può rappresentare un forte attrattore per gli investimenti privati nelle aree retroportuali.

Il DDL Calderoli non è autonomia differenziata

Il DDL Calderoli non è autonomia differenziata, ma un disegno che spacca il paese dato che l’autonomia differenziata, di matrice costituzionale, prevede un fondo perequativo per garantire i diritti sociali e civili in tutta la Nazione, la definizione dei livelli essenziali di prestazione e i costi standard, tutti aspetti che il “DDL Ammazza SUD” di Salvini e Calderoli non prevedono.

La verità è che questo provvedimento vuole togliere dalla solidarietà nazionale il residuo fiscale a favore dei territori più bisognosi.

La UIL rinnova la sua salda mobilitazione per fermare il DDL Calderoli. Un DDL che ammazzerà tutto il Paese.

Servizio Politiche Sociali, Welfare, Sanità, Mezzogiorno e Immigrazione UIL

 

Articoli Correlati