L’UE riconosce qualità e validità della contrattazione collettiva italiana

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17.06.2022

Le parole del commissario europeo per l’Occupazione e i Diritti Sociali, Nicolas Schmit, sono chiare e inequivocabili: “non imporremo un salario minimo all’Italia, non è questo il punto”.

“In questo momento in Italia – ha detto Schmit nella conferenza stampa del 7 giugno che ha seguito il voto di recepimento delle Direttiva della Commissione Ue da parte del Parlamento europeo – c’è un ampio dibattito sul rafforzamento del sistema della contrattazione collettiva. Dall’altro lato si sta discutendo sul fatto che sia arrivato il momento dell’introduzione del salario minimo.”

“Sono molto fiducioso – ha chiosato Schmit sul nostro Paese – che le parti sociali e Governo italiano arriveranno a un buon accordo, per rafforzare le contrattazioni collettive e tutelare tutte le parti in causa, per poi magari giungere alla conclusione che potrebbe essere importante introdurre il sistema del salario minimo, ma spetta al Governo farlo.”

Come è noto, la Direttiva della Commissione sulla quale da lungo tempo si discute e che ha innescato, in Italia, un dibattito talvolta confuso, ha come primo obiettivo quello di far crescere la contrattazione collettiva nell’ambito dell’Unione. Perché tale forma di relazione tra le parti non esiste in ogni Paese Ue e non ha la stessa rilevanza in tutti quelli in cui è adottata.

In Italia,  è la Costituzione repubblicana, nell’articolo 36, a sancire la qualità della retribuzione come un diritto non discutibile, ed è l’articolo 39, nel suo ultimo capoverso, a stabilire che è la contrattazione collettiva il luogo della definizione dei rapporti di lavoro. E qui entra anche in scena l’articolo 2099 del Codice Civile, le cui indicazioni sono precise. Tale articolo, infatti, stabilisce che la retribuzione è composta di più elementi, ossia, la paga base, l’indennità di contingenza e le retribuzioni accessorie che si sommano a quella di base.

Tutto questo è, ovviamente, ben noto alle parti sociali così come al Governo. Meno evidente, purtroppo, nel discorso pubblico in generale.

È, ovviamente, necessario intervenire su quei lavori che non sono coperti da un contratto collettivo e ha ben ragione il ministro Orlando a voler agire, intervenendo, settore per settore, legando il salario minimo ai contratti più rappresentativi, evitando l’idea di una paga base slegata dagli altri elementi richiamati dall’articolo 2099. È una giusta strada per operare tra la qualità della contrattazione collettiva e quella porzione di rapporti di lavoro che, in quest’epoca, le è sfuggita.

Altro discorso, l’evidenza della questione salariale, che vede pesantemente eroso il potere d’acquisto di lavoratori e pensionati. Su questo, parti sociali e Governo devono mature un punto d’incontro per il bene di tutto il Paese.

La buona notizia è che l’Unione europea riconosce qualità e validità della contrattazione collettiva italiana e stimola il Paese a rafforzarla.

Di Cesare Damiano

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