Le politiche di allargamento dell’Unione europea e il ruolo del sindacato

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25.09.2023

Nel corso del mese di ottobre la Commissione europea (CE) adotterà la nuova edizione dell’Enlargement Package, che consiste in una serie di documenti redatti dalla competente DG NEAR al fine di analizzare il processo e la politica di allargamento dell’UE. Al centro del pacchetto vi è una comunicazione sull’allargamento che considera gli sviluppi intercorsi nell’ultimo anno ed esamina i progressi compiuti dai Paesi candidati e dai potenziali candidati, oltre a proporre riforme e soluzioni. In aggiunta alla comunicazione, vari report illustrano attraverso raccomandazioni e pareri lo stato di avanzamento delle riforme di ciascun paese candidato o potenziale.

La politica di allargamento dell’UE mira a riunire i paesi europei in un comune progetto politico ed economico guidato dai valori dell’UE ed ha le sue basi giuridiche negli art. 2 e 49 del Trattato sull’Unione europea (TUE), con quest’ultimo che definisce i requisiti di adesione ed il processo istituzionale. Tra i requisiti, oltre al rispetto della democrazia, dello Stato di diritto, dei diritti dell’uomo e la tutela delle minoranze, figura l’adozione della legislazione dell’UE (l’acquis comunitario).

L’allargamento viene considerato uno strumento efficace per il consolidamento della pace e della democrazia del continente in aggiunta alla promozione delle riforme economiche, sociali e politiche.

L’ultimo paese in ordine cronologico ad entrare nell’UE attraverso la firma del trattato di adesione è stato la Croazia nel 2013. Attualmente, oltre ai paesi dei Balcani occidentali, figurano tra i candidati ufficiali Turchia (i negoziati sono interrotti dal 2019), Ucraina, Moldavia – la Georgia, a differenza di queste ultime due, non ha ottenuto nel 2022 lo status di candidato ma ha visto riconosciuta la sua “prospettiva europea”.

IL PROCESSO DI ALLARGAMENTO NEI BALCANI OCCIDENTALI: I CASI DI SERBIA ED ALBANIA

I sei stati interessati dal processo di allargamento nei Balcani occidentali sono Albania, Bosnia-Erzegovina, Montenegro, Macedonia del Nord, Serbia e Kosovo. Attraverso gli accordi di stabilizzazione e di associazione (PSA) l’UE definisce le relazioni politiche ed economiche con i singoli paesi lungo il percorso della loro futura adesione. Con le conclusioni del giugno 2022 il Consiglio europeo ha rinnovato il proprio impegno a sostegno della prospettiva di adesione all’UE dei Balcani occidentali chiedendone l’accelerazione.

L’UE è il principale investitore e partner commerciale nella regione. Il quadro di assistenza preadesione 2021-2017 prevede fino a potenziali 30 miliardi di euro tra sovvenzioni ed investimenti diretti. Sul fronte del commercio, il 68% degli scambi della regione è diretto all’UE, per un valore complessivo di 65 miliardi di euro nel 2021.

La Serbia è il paese più popoloso dei Balcani occidentali (6.8 milioni di abitanti) ed è stato uno dei principali attori nella storia della regione. Le negoziazioni con l’UE sono state aperte nel 2013 e, nelle ultime conclusioni adottate nel dicembre 2022, il Consiglio si è ritenuto soddisfatto dei progressi generali compiuti dalla Serbia. Rimangono tuttavia delle questioni irrisolte, prima fra tutte la normalizzazione delle relazioni tra Serbia e Kosovo, ex provincia serba che ha dichiarato l’indipendenza nel 2008. Condizione preliminare per poter aderire all’UE è infatti quella di ratificare un accordo giuridico che sia basato sul principio del riconoscimento reciproco. Inoltre, il rapporto ha evidenziato la necessità di attuare significative riforme sullo Stato di diritto e sul funzionamento delle istituzioni democratiche, ribadendo una profonda preoccupazione per la mancanza di progressi in termini di miglioramento della libertà di espressione e dell’indipendenza dei media.

Inoltre, il mercato del lavoro in Serbia è una componente critica della sfida che il paese deve affrontare nel suo percorso di adesione all’UE. Pur avendo un’economia in crescita, il mercato del lavoro serbo presenta ancora delle fragilità, legate principalmente ad una disoccupazione elevata (soprattutto tra i giovani, con un tasso del 26.4% nel 2021), ad una significativa quota di occupazione informale – due terzi di questi lavoratori si concentrano nel settore agricolo e non godono di diritti e tutele lavorative -, ed infine politiche attive del mercato del lavoro ancora poco mirate, con una carenza di qualifiche e mancanza di formazione adeguata.

L’Albania ha fatto domanda di adesione all’UE nel 2009 ed ha ottenuto nel 2014 lo status di paese candidato. A seguito di una valutazione positiva da parte della CE, i negoziati di adesione sono stati avviati nel luglio 2022 congiuntamente con la Macedonia del Nord. Nella Comunicazione 2022 della CE sulla politica di allargamento dell’UE vengono riconosciuti al paese costanti progressi – da intensificare – in settori chiave quali la riforma del sistema giudiziario e della pubblica amministrazione, la lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata, il rafforzamento dello stato di diritto, oltre alla libertà di espressione e ai diritti delle minoranze.

Per quanto riguarda i criteri economici, nel 2021 la ripresa dagli impatti negativi causati dalla pandemia di Covid-19 ha registrato un’espansione dell’8.3%, mentre il tasso di crescita del PIL nel 2023 è del 3.1%. L’aumento della digitalizzazione dei servizi pubblici e le ispezioni sul lavoro hanno favorito l’ambiente imprenditoriale e il processo di formalizzazione dell’economia. La consultazione pubblica rimane debole, così come la contrattazione collettiva, soprattutto a livello settoriale ed aziendale.

Il mercato del lavoro continua ad essere caratterizzato da alti tassi di informalità e disoccupazione (6.4% nel 2023), oltre ad un basso livello di coinvolgimento di donne e giovani. Infatti, in parte, quale conseguenza delle deboli politiche attive del mercato del lavoro e dell’inefficienza dei sistemi educativi e di formazione, il divario occupazionale di genere nel 2020 era del 15%, al di sopra della media dell’UE (10.7%); in Italia raggiunge quasi il 20%, secondo stato membro con il divario più ampio dopo la Grecia. Ancora, le carenze in termini di competenze e istruzione frenano la crescita del mercato del lavoro.

IL RUOLO SINDACATO EUROPEO 

Nel contesto della guerra di invasione russa ai danni dell’Ucraina e delle ricadute negative che continua ad avere sull’Europa, ed in particolare su milioni di lavoratori e lavoratrici, quali aumento del costo della vita e crescenti disuguaglianze, i Balcani occidentali assumono un ruolo ancora più cruciale nel disegno geopolitico dell’UE.

Parallelamente alla politica di allargamento dell’UE nei Balcani occidentali, anche sul piano sindacale è in corso da diversi anni un processo di avvicinamento dei sindacati di questi paesi all’interno della Confederazione europea dei sindacati (CES). Ad esempio, i due sindacati albanesi KSSH e BSPSH hanno attualmente lo status di osservatori nella CES in vista di una prossima affiliazione, che si concretizzerà quando alcuni criteri e requisiti saranno raggiunti: tra gli altri, democrazia interna e rappresentatività. L’obiettivo di questa cooperazione è quello di lavorare insieme sui temi nazionali (considerati anche i molti investimenti di imprese dell’UE nella regione) ed europei, nella cornice politica della CES ed in collaborazione con le altre affiliate europee.

Dipartimento Internazionale UIL

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