Il PNRR può rilanciare le infrastrutture digitali italiane
20.05.2022
Il PNRR ha dedicato ben 7 miliardi di euro alle infrastrutture digitali. Un investimento importante che mira a colmare un gap tecnico e di infrastruttura che, negli anni, ha fatto accumulare ritardi rilevanti nell’evoluzione delle reti e delle applicazioni digitali.
L’idea è quella di spingere persone, imprese, pubblica amministrazione e tutto il sistema-paese verso la transizione digitale. Un modo per puntare allo sviluppo e alla crescita costruendo modelli e sistemi di produzione ma anche di socializzazione innovativi. Si tratta, cioè, di ridisegnare il volto del Paese.
Una rivoluzione, insomma. Di cui, però, tanti non sono pienamente coscienti né nelle opportunità concrete e immediate né nelle potenzialità di sviluppo futuro.
La transizione digitale ha bisogno di cultura digitale
Il gap infrastrutturale potrà essere probabilmente sanato, se si orientano i percorsi di investimento nel modo giusto. La banda ultralarga e il 5G sono il futuro, lo sappiamo. Ma sappiamo davvero cosa farcene e come usarlo?
Tra i punti critici, come ben analizzato tra l’altro in questo approfondimento di Agenda Digitale :
- Problemi infrastrutturali che risalgono all’era del monopolio telefonico;
- Eccessiva burocrazia e iter amministrativi lunghissimi e complicati;
- Mancanza di cultura digitale, competenze, interesse sociale.
Sono tre elementi che combinati tra loro, rendono l’idea della complessità del sistema digitale italiano, restituendo un quadro intricato e un percorso più difficoltoso verso la completa “transizione digitale”. E per transizione digitale intendiamo non solo la parte più tecnica, infrastrutturale, ma anche legislativa e sociale.
Come dicevamo poc’anzi, insomma, serve una rivoluzione della quotidianità a tutto tondo.
Le infrastrutture e le ragioni del gap
Per lungo tempo, l’Italia ha utilizzato come canale di comunicazione fisico (infrastruttura) la rete telefonica pubblica. Questo, tempo addietro, ha bloccato lo sviluppo competitivo del mercato della banda larga.
Le ragioni sono sia di tipo tecnico, sia di tipo economico- finanziario.
Per poter sfruttare appieno le risorse del PNRR, bisogna sviluppare le reti VHCN (Very High Capacity Network). Le reti veloci sono il pilastro imprescindibili per aprire le porte della piena digitalizzazione alle attività produttive e alla pubblica amministrazione del Paese. La stessa realizzazione del piano PNRR sulla digitalizzazione si basa sulle reti e le infrastrutture. Ne deriva una rilevanza a dir poco strategica.
Tra le ragioni del ritardo infrastrutturale troviamo la morfologia stessa della rete telefonica italiana. L’unico impianto, se vogliamo, in grado di diffondere segnali digitali. Al di là della rete telefonica, in Italia, storicamente, non ci sono altre alternative, come possono essere all’estero le reti per la tv via cavo.
Questo ha rallentato la competitività delle aziende di servizi digitali, creando altresì numerose difficoltà nella gestione stessa della rete per la trasmissione dei dati. Gli operatori concorrenti hanno dovuto adattarsi a una situazione singolare, diversa da quella degli altri grandi Paesi europei. Complicata anche da un’azione regolatoria difficile, che ha tentato di tenere gli equilibri senza però spingersi realmente al di là dell’ostacolo.
Le società di TLC hanno investito poco, un po’ per le difficoltà di competizione, un po’ per i problemi dovuti all’eccessiva burocrazia. I fondi del PNRR potranno colmare questo divario, incentivando gli investimenti, ma il gap da recuperare non è indifferente.
La banda larga si è diffusa poco, rispetto alle aspettative. Anche oggi ci sono Paesi in cui l’ADSL+ non è garantita. La copertura della fibra ottica stenta e non poco a raggiungere la totalità della popolazione.
La conseguenza diretta è stata che per lungo tempo la qualità della connessione non è stata soddisfacente. Molto spesso gli utenti si sono trovati a pagare abbonamenti a servizi che nella realtà non erano garantiti.
Alfabetizzazione e competenze digitali
Velocità bassa e connessioni ballerine, nel tempo, hanno portato a uno scarso coinvolgimento da parte di buona parte della popolazione. E anche al di là delle difficoltà tecniche di connessione, la cultura digitale si è diffusa poco. Le competenze digitali sono scarse e comunque non pienamente consapevoli delle possibilità offerte dalle reti di nuova generazione.
Tanto è vero che le famiglie italiane non sono disposte a spendere molto per la connettività. Non tutti usano pc e tablet, più diffuso l’utilizzo di smartphone, ma anche in questo caso, l’idea di investire denaro per accedere al 5G non alletta. Del resto, l’utilizzo generale è limitato a posta elettronica, servizi di messaggistica istantanea, navigazione on line, social network. Tutte attività che non muovono un elevatissimo traffico dati.
Non va meglio nelle aziende, dove la digitalizzazione interessa molto ma scarseggiano gli investimenti. E di conseguenza anche l’interesse verso le reti superveloci è limitata. Sono in proporzione molto poche le imprese che investono sui big data, sul’IOT (Internet of things) o l’intelligenza artificiale.
La Pubblica Amministrazione, invece, punta molto sull’efficientamento delle nuove infrastrutture digitali.
Per migliorare i servizi e rendere più efficace tutto il sistema. Non è un caso che un cospicuo monte di risorse nei piani PNRR siano stati dedicati proprio alla digitalizzazione della PA. Il progetto “infrastrutture digitali e cloud” mira a questo: migliorare l’erogazione dei servizi verso i cittadini e le imprese attraverso il Cloud. Tra i vantaggi, l’aumento dell’offerta dei servizi digitali, più sicuri, più affidabili e più fruibili.
Anche qui, però, sarà necessario un grande sforzo di aggiornamento e formazione di lavoratrici e lavoratori.
Accanto agli investimenti sulle infrastrutture, fondamentali perché la digitalizzazione del Paese sia effettiva, bisogna investire anche sulle persone. Sulla formazione, sulla comunicazione, sull’informazione, sulla società in generale.
I fondi del PNRR in tema di digitalizzazione sono un’opportunità da utilizzare per bene, cogliendo l’occasione di investire in una vera rivoluzione. La visione di una nuova realtà, insomma. Non fantascientifica ma iperconnessa e assolutamente digitale.
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