Il progetto IntelliMan e la robotica consapevole

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22.03.2023

Quante volte immaginando il paesaggio più futuristico nella nostra testa, inevitabilmente pensiamo alla robotica e al suo peso sul cambiamento anche di alcune dinamiche nel mondo del lavoro?
Sappiamo bene i rischi e le paure di un’eccessiva robotizzazione del mercato del lavoro, ma vale la pena anche parlare dell’innovazione che può portare con se l’utilizzo intelligente di tecnologie di questo tipo, magari non per sostituire l’uomo, ma per aiutarlo o “per completarlo”.

Lo sviluppo di sistemi di questo tipo è infatti l’obiettivo di IntelliMan, nuovo progetto di ricerca Horizon Europe coordinato dall’Università di Bologna.
Il progetto è finanziato dalla Commissione europea con 4,5 milioni di euro e coinvolge tredici partner da sei paesi europei (Germania, Italia, Spagna, Svizzera, Slovenia e Regno Unito), insieme per un obiettivo comune: sviluppare robot intelligenti con avanzate capacità di apprendimento.

Lo scopo di IntelliMan è sviluppare sistemi robotici capaci di apprendere e superare il limite della robotica, i motivi che probabilmente ad oggi non ne permettono una diffusione comune ad esempio nel mondo domestico, sanitario e ospedaliero.

Il progetto punta a sviluppare robot più flessibili, più capaci, più umani, ma non per questo sostitutivi. IntelliMan punta a sviluppare le capacità di adattamento dei robot lavorando sul fronte dell’intelligenza artificiale, attraverso l’esperienza e l’apprendimento delle conoscenze ambientali, permettendo di trasferire ai robot ciò che già noi umani conosciamo, rendendoli “consapevoli” dei loro limiti operativi.
“Con IntelliMan vogliamo concentrarci sullo sviluppo di robot in grado di imparare in modo mirato, efficiente ed efficace, garantendo al tempo stesso elevati standard di sicurezza”, dice Gianluca Palli, professore ordinario al Dipartimento di Ingegneria dell’Energia Elettrica e dell’Informazione “Guglielmo Marconi” (DEI) dell’Università di Bologna e coordinatore del progetto.

Per questo motivo, dobbiamo allontanarci dalla classica visione del robot umanoide, frutto dei più futuristici film americani, parliamo invece, principalmente dei cosiddetti “manipolatori” robot, ma che hanno fondamentalmente struttura degli arti o delle mani. Un solo braccio robotico che avrà la conoscenza di cosa sta facendo, di cosa sta stringendo in mano, di quanta forza imprimere, e di come circoscrivere l’interazione con l’oggetto da manipolare e comprendere l’intenzione delle persone che interagiscono con i robot.

“Manipolatori robotici e mani robotiche in grado di interagire con l’ambiente circostante sono a un passo dall’essere realtà, ma la questione chiave è capire come questi sistemi possano essere in grado di sviluppare nuove abilità – dice ancora Palli – e di interagire con gli oggetti indipendentemente dalla loro composizione, dimensione e forma, sfruttando tecniche di intelligenza artificiale: confrontandosi con le persone e con l’ambiente, questi sistemi dovranno acquisire nuove conoscenze, cioè essere in grado di fare fronte a compiti imprevisti che non sono stati pre-programmati”.

Operazioni fondamentali, in cui oggi molti robot sono carenti, tant’è che molto spesso oggi i pazienti che si trovano a valutare l’interazione con una protesi, preferiscono protesi estetiche piuttosto che robot, proprio per alcune lacune funzionali della robotica sanitaria di oggi.
Nell’apprendimento di una determinata operazione, questi robot potranno apprendere forza massima e velocità di manipolazione attraverso l’utilizzo di metodologie che avvengono con l’interazione fisica, proprio come si fa con i bambini molto spesso, o tramite dei sensori applicati sulla persona che interagisce con loro.

Roberto Meattini, membro del gruppo di ricercatori del DEI dell’Università di Bologna coinvolti nel progetto IntelliMan, prosegue: “La prossima generazione di sistemi di manipolazione robotica dovrà poter operare sia in maniera autonoma che in cooperazione con utilizzatori umani, grazie ad interfacce uomo-robot di tipo avanzato.”

Oggi la robotica non è esattamente un elemento di interfaccia quotidiana, a casa stiamo iniziando a diffondere elementi di domotica, ma siamo ancora lontani dal maggiordomo umanoide che gironzola in nostro supporto per le faccende domestiche.
I motivi di una mancata transizione di questo tipo sono diversi, probabilmente per la sicurezza, per i costi e perché si deve ancora lavorare molto per adottare le migliori strategie che permettano di garantire un “rapporto di fiducia” tra umani e robot: il progetto IntelliMan tra le altre cose potrebbe favorire in particolare proprio quest’ultimo passaggio.

Valerio Camplone

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