I livelli di istruzione

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14.01.2023

I dati che si avevano a disposizione nell’immediato dopoguerra evidenziavano che almeno 6 milioni di italiani non sapevano né leggere né scrivere. Il mondo uscito dalla terribile tragedia della Seconda Guerra Mondiale era un mondo più povero, nel corso degli anni si è avuta una diminuzione della povertà estrema dell’84% grazie a politiche in ambito economico, ma soprattutto in ambito sociale.

Nella maggior parte dei Paesi l’istruzione è un diritto e un dovere perché i governi devono garantire un adeguato accesso all’istruzione (fino ad un certo livello obbligatoria).

Garantire i livelli di istruzione: un compito istituzionale

L’idea di base era (ed è) quella che prevede che siano gli Stati a garantire i livelli di istruzione attraverso le finanze pubbliche. I governi degli Stati sono considerati come ‘soggetti’ che hanno una responsabilità fondamentale: garantire l’offerta di un’istruzione accessibile per i cittadini nel rispetto anche di quanto previsto dalla nostra Costituzione.

L’idea di garantire un’istruzione ad un numero sempre più alto di cittadini è iniziata solo a metà del XIX secolo, almeno l’istruzione primaria che oggi è incentrata sul garantire i livelli di alfabetizzazione soprattutto per i bambini. Per questo motivo l’istruzione primaria è obbligatoria nella maggioranza degli Stati.

Il cambio di rotta nel garantire un diritto

A partire dalla seconda metà del XX secolo i dati mostrano che l’istruzione è diventata un “fenomeno” a livello globale. Ciò ha portato ad una riduzione importante delle disuguaglianze nell’istruzione in tutto il mondo.

50 anni fa almeno il 28% dei bambini in età scolare non frequentava alcuna scuola. Oggi il 9% di bambini (a livello globale) non frequentano alcuna scuola venendo così privati di una istruzione primaria.

I dati UNESCO dimostrano che i finanziamenti per l’istruzione sono sempre più corposi, ma va comunque evidenziato che nei paesi dove vi è un reddito pro capite maggiore allora anche la spesa per l’istruzione che le famiglie sostengono è superiore.

L’Italia e i livelli di analfabetismo dopo la Seconda Guerra Mondiale

I dati dimostrano che in Italia la spesa pubblica totale per l’istruzione negli ultimi 50 anni è aumentata, ma resta pur sempre bassa rispetto alla media europea.

La piaga dell’analfabetismo è stata per anni una vera emergenza sociale soprattutto nel Sud Italia.

Dalla fine della Seconda Guerra Mondiale proprio per far fronte a questa emergenza fu emanato un decreto legge nel 1947 che istituiva le scuole popolari. Questo rappresentò un primo passo verso un progresso culturale per l’Italia e la sua popolazione. I dati del censimento del 1951 hanno mostrato che almeno il 13% della popolazione non sapeva né leggere né scrivere e, almeno il 59,2% degli adulti, non aveva la licenza elementare.

L’Italia ha certamente compiuto dei passi da gigante dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Un altro grande contributo è arrivato dalla televisione di Stato perché a partire dagli anni ’60, grazie ad alcuni programmi (Non è mai troppo tardi il programma televisivo condotto da Alberto Manzi), è stato affrontato il problema dell’analfabetismo.

Negli ultimi 50 anni è cresciuto, in positivo, il tasso di completamento dell’istruzione secondaria inferiore raggiungendo la percentuale del 97%

Tuttavia, in Italia registriamo un divario con l’Unione Europea nei livelli di istruzione perché vi è una distanza anche nella percentuale di popolazione che completa il percorso di studi di scuola superiore conseguendo il diploma (62,95% in Italia contro il 79% nell’UE). L’analfabetismo è stato affrontato e in parte sconfitto, ma non totalmente debellato. Certo dall’ultimo censimento (Istat?) fatto risulta che solo poco dell’1% sono gli analfabeti strumentali e solo lo 0,4% gli analfabeti tra i 15 e i 64 anni.

In Italia purtroppo dobbiamo rilevare anche un analfabetismo funzionale: cioè cittadini che pur avendo un titolo di studio, a distanza di anni dal suo conseguimento non sono in grado di comprendere il senso o il significato di un testo, che hanno difficoltà anche con la realtà digitale (almeno 11 milioni di italiani)

Giulia Cavallari, Giovane Avanti!

 

Fonti:

https://www.internazionale.it/reportage/francesco-erbani/2020/02/10/italia-analfabetismo

https://ourworldindata.org/

https://www.istat.it/it/files/2021/10/REPORT-LIVELLI-DI-ISTRUZIONE-2020.pdf

https://ourworldindata.org/primary-and-secondary-education

https://ourworldindata.org/financing-education

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