Gli ITS

5' di lettura
Mi piace!
0%
Sono perplesso
0%
È triste
0%
Mi fa arrabbiare
0%
È fantastico!!!
0%

26.11.2022

Se nell’Italia di oggi qualcuno dicesse a un giovane che esistono percorsi formativi dopo i quali otto persone su dieci trovano lavoro, probabilmente quel qualcuno sarebbe preso per matto. Invece questi percorsi esistono da più di dieci anni: sono gli Istituti Tecnici Superiori (ITS).

Cosa sono gli ITS

Gli ITS sono scuole di eccellenza ad alta specializzazione tecnologica che permettono di conseguire il diploma di tecnico superiore. Sono percorsi di secondo livello, da svolgere dopo la maturità come alternativa all’università. Alternativa in tutti i sensi, perchè proprio la strategia di fondo è nettamente diversa: una connessione delle politiche d’istruzione, formazione e lavoro con le politiche industriali per governare correttamente la transizione digitale nelle piccole e medie imprese e, soprattutto, per sostenere il fabbisogno di innovazione che va sempre più aumentando con l’industria 4.0. Infatti l’intero modello si basa sulla costituzione di una Fondazione di partecipazione che deve necessariamente comprendere un istituto di istruzione secondaria superiore tecnico o professionale (ITIS o IPSIA), un ente locale, una struttura formativa accreditata dalla Regione per l’alta formazione, un’impresa del settore produttivo cui si riferisce l’ITS e un dipartimento universitario o altro organismo appartenente al sistema della ricerca scientifica e tecnologica.

Agli ITS può iscriversi – a seguito di un processo di selezione – chiunque sia in possesso di un diploma di istruzione secondaria superiore o di un diploma quadriennale di istruzione e formazione professionale unito a un corso annuale di Istruzione e Formazione Tecnica Superiore (IFTS) di almeno 800 ore.

Le aree tecnologiche interessate sono sei: efficienza energetica, mobilità sostenibile, nuove tecnologie della vita, nuove tecnologie per il Made in Italy, tecnologie innovative per i beni, le attività culturali e il turismo, tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

Di norma sono percorsi che durano dai quattro ai sei semestri e garantiscono la certificazione di V livello del Quadro Europeo delle qualifiche per l’apprendimento permanente (EQF) per i percorsi di quattro semestri e quella di VI livello per quelli semestrali.

I numeri degli ITS

Il modello degli ITS nasce nel 2010 e fino ad oggi si è sempre dimostrato vincente. O meglio, più strategico che vincente, viste le percentuali di occupabilità altissime: i dati più recenti – forniti da INDIRE su incarico del Ministero dell’Istruzione – ci dicono che su 5.280 diplomati, l’80% (4.218 individui) ha trovato un’occupazione nel corso dell’anno 2021 nonostante la pandemia. Su questi oltre quattromila studenti, 3.836 (il 90,9%) risultano essere occupati in un’area coerente con il proprio percorso di studi.

Attualmente in Italia risultano attive oltre 120 fondazioni ITS, che hanno a sua volta attivato 726 percorsi attivi, frequentati in totale da 20 mila studenti. Nel 2020 (anno di riferimento dei dati) sono stati attivati 260 percorsi, una crescita esponenziale dai 67 del 2014. Numeri che, al netto della crescita di questi istituti e dell’ottima occupabilità che garantiscono, dimostrano purtroppo come questi percorsi siano ancora considerati non convenzionali: basta pensare che solo gli iscritti della Sapienza a Roma sono circa 100 mila, cinque volte gli studenti nei percorsi attivi.

Capitolo soggetti partner: ad oggi più di tremila soggetti sono entrati nelle Fondazioni ITS, di cui 1300 imprese, per una connessione sempre più viva tra la formazione e il lavoro, dimostrata anche dal fatto che almeno metà del corpo docente deve venire dal mondo del lavoro.

La nuova riforma

Il 26 luglio 2022 la legge sulla riforma degli Istituti Tecnici Superiori approda finalmente in Gazzetta Ufficiale: i punti essenziali sono 14, praticamente vengono toccati tutti gli aspetti. Tra le modifiche più importanti si notano quelle relative alle aree di studio – in cui vengono aggiunte e messe al centro sicurezza digitale, transizione ecologica e infrastrutture per la mobilità sostenibile – e quelle relative alla formazione delle Fondazioni – viene aggiunto e reso necessario il concetto della “documentata esperienza nel campo dell’innovazione”. Da notare anche il Bonus ITS: per erogazioni di denaro alle Fondazioni ITS spetta un credito d’imposta al 30%, che raddoppia (60%) se quelle fondazioni sono presenti laddove il tasso di disoccupazione è superiore alla media nazionale. Infine il Fondo ITS: il Ministero dell’Istruzione ha stanziato oltre 48 milioni di euro, di cui un 95% ripartito prima tra le regioni e poi ai singoli istituti e infine il restante 5% dedicato a misure nazionali quali monitoraggio e valutazione dei percorsi.

Se guardiamo la situazione italiana in ambito formativo e tecnologico capiamo come questa non sia delle migliori. Sono sempre di più gli studenti che abbandonano gli studi precocemente (all’università, non parliamo di licei o istituti tecnici) e sempre meno quelli laureati in area STEM (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica). I tassi di disoccupazione giovanile sono alle stelle e, nel campo tecnologico, le imprese italiane faticano di fronte alla spietata concorrenza europea e mondiale. Gli ITS sono l’esempio di come, offrendo ai ragazzi quelle competenze necessarie al mondo del lavoro – un altro tema è proprio il disallineamento delle competenze richieste/offerte nei percorsi convenzionali – questi rispondano proattivamente. Un esempio virtuoso, i cui risultati sono lampanti, che non potrà essere lasciato da parte, ma solo potenziato.

Riccardo Imperiosi, Direttore Giovane Avanti!

Articoli Correlati