Giornata internazionale della lotta contadina

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17.04.2024

Il 17 di aprile del 1996, diciannove manifestanti del movimento Sem terra venivano uccisi dalla polizia a Eldorado dos Carajás, nello stato brasiliano del Pará. Quel giorno, pacificamente, alcune migliaia di persone protestavano per chiedere l’applicazione della ridistribuzione delle terre, prevista dalla costituzione federale del Pará.

In ricordo di quel tragico evento, ogni anno ricorre la Giornata internazionale della lotta contadina: un momento di riflessione e lotta per i diritti di tutti i lavoratori della terra, onorandone la resistenza e l’impegno, per la dignità e la giustizia sociale.

Il mondo dei lavoratori della terra, nel suo complesso, non di rado è messo sotto pressione da un mercato alimentare in forte cambiamento. Ciò, quando non ben accompagnato da politiche adeguate (si pensi per esempio ai cambiamenti tecnologici), mette in difficoltà specialmente agli operatori “rurali”.

Inoltre, a ciò si aggiunge l’avanzare di forti interessi economici provenienti da investitori privati e attori statali, che occupano le terre, sia perché fertili ma anche a fini di sfruttamento urbanistico. Non mancano in questi contesti occupazioni arbitrarie ed assolutamente non consensuali di suolo sempre più pervasive, che minano la dignità umana dei lavoratori espropriati oltre che la loro produttività come operatori economici.

Oltre tutto ciò, vanno considerati anche i cambiamenti climatici, che creano non meno importanti problemi alle comunità rurali; le quali, nel peggiore dei casi, sono anche costrette ad abbandonare la propria terra, migrando verso luoghi che offrono maggiori possibilità occupazionali, se non addirittura esistenziali.

È per questo che il 17 dicembre 2018, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato la Dichiarazione sui diritti dei contadini e delle altre persone che lavorano nelle aree rurali. L’obiettivo è fornire uno strumento di protezione specifico a contadini e lavoratori agricoli, i cui diritti sono spesso violati.

Il progetto partì quando, nel 2012, un comitato consultivo del Consiglio Onu per i diritti umani pubblicò un rapporto «sull’avanzamento dei diritti dei contadini e di altri lavoratori nelle aree rurali». Nel documento si mostrava che nonostante i contadini garantiscono l’accesso al cibo per la maggior parte della popolazione mondiale, l’80% di loro soffre la fame ed è soggetto a povertà e malnutrizione. Inoltre, si evidenziavano le cause della vulnerabilità e della condizione discriminatoria in cui troppo spesso vivono i contadini. Tra queste, l’esproprio della terra, gli spostamenti forzati, la discriminazione di genere, l’assenza di riforme agrarie e di politiche di sviluppo rurale, la mancanza di protezione sociale, nonché la criminalizzazione e la repressione dei movimenti di protesta nelle aree rurali.

Questa – come strumento di soft law rispetto agli Stati – riguarda non solo il contadino, inteso come “persona qualsiasi che esercita, o mira a esercitare da solo o in associazione con altri o come comunità, attività di piccola produzione agricola, di sussistenza e/o per il mercato”, ma anche “ai lavoratori assunti, inclusi tutti i lavoratori migranti indipendentemente dal loro status migratorio, e i lavoratori stagionali”.

Ovviamente, la ricorrenza di oggi deve anche farci riflettere sull’enorme lavoro irregolare che c’è nelle nostre campagne. Il tasso di irregolarità in questo settore (elaborazioni da fonti Istat 2020) è del 24,4%. Persone che potremmo tranquillamente definire fantasmi, costrette spesso a vivere in condizioni disumane, come accade ai tanti migranti piegati nei campi, sotto il sole cocente e trattati da schiavi.

Forse, oggi val la pena di ricordare anche un personaggio a noi molto caro: Argentina Altobelli, pilastro della corrente riformista del Partito socialista e del sindacato delle origini, che partecipò al congresso costitutivo di Federterra, nel 1901; ne assunse la guida nel 1905, fino ad arrivare, nel 1919, a un milione di iscritti.

Una donna coraggiosa e tenace, indefessa militante di un socialismo inteso come riscatto sociale degli umili, al fine di costruire sempre maggiori spazi di libertà individuali e collettivi; per uno sviluppo economico che non deve mai essere separato da un contemporaneo allargamento della cittadinanza sociale. In un settore – quello dell’agricoltura – che all’inizio del ‘900 appariva segnato da contraddizioni stridenti, come da brutalità indicibili, ed in cui convivevano figure molto differenti tra loro: mezzadri, fittavoli, enfiteuti, braccianti a lavoro fisso e braccianti “stagionali”. E dove in tanti morivano di pellagra o per le violenze dei padroni.

La lotta per la dignità dei lavoratori della terra era e rimane tutt’oggi, usando le parole di Argentina Altobelli, una “buona battaglia”.

 

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