Emergenza natalità: e se non fosse solo una questione economica?
18.05.2023
Discesa della natalità, calo demografico, invecchiamento del Paese, questi sono gli allarmi che oggi più che mai, sentiamo gridare a gran voce dalle istituzioni, dal governo e soprattutto dai maggiori decisori politici.
L’interrogativo lecito però è domandarsi se questo processo è, ad oggi, inarrestabile e soprattutto perché siamo arrivati fin qui.
Abbiamo raggiunto il record negativo di 339mila nascite a fronte di 700mila morti, nel 2022, in Italia contiamo meno di 7 neonati ogni 1000 abitanti con il risultato di aver triplicato in 20 anni il numero di ultracentenari.
Come possiamo costruire una famiglia?
La questione non è solo statistica e non è fatta solo di numeri, è un approccio differente all’idea di costruire una famiglia e di mettere al mondo un figlio.
Se riflettiamo bene, nelle grandi famiglie del secolo scorso, dove avere 4-5 figli o più non era così insolito, non sempre il reddito familiare era congruo o ideale per sostenere dignitosamente tutto l’impegno economico derivante da un carico così importante.
Molto spesso confrontandoci con generazioni oggi più anziane, sentiamo i racconti di sacrifici, di poco cibo e pochi lussi ma non per questo un approccio restrittivo al numero di figli.
I tempi sono cambiati, lo sappiamo, si inizia a lavorare più tardi, si studia spesso per un periodo più lungo della vita scolastica, si è indipendenti in un’età più avanzata di 50 anni fa, però non è solo questo.
Ostilità al sacrificio personale
Ciò su cui vorrei soffermarmi, elemento ahimè che merita più di una considerazione riguardo il calo di natalità è l’atteggiamento di ostilità al sacrificio personale e di indisponibilità alla “deviazione sul tema” dettata spesso da una società che non ha più il lusso di aspettare una ragazza o un ragazzo, e che ha fatto ormai come biglietto da visita alla genitorialità per la maggiore più l’impegno che ne deriva che non l’ambizione.
“Viviamo in una società piena di stimoli, di modelli di perfezione che ti fanno sentire in dovere di dare il meglio. Questo ti porta al perfezionismo in tutto: nelle relazioni sentimentali, nel lavoro, nell’essere genitore. E il perfezionismo paralizza”.
Natalità, politically incorrect
Una studentessa universitaria che ha partecipato all’incontro “Natalità, politically incorrect”, secondo appuntamento di ON RADAR, il Think Tank della Fondazione Internazionale Menarini, ha voluto raccontare con queste parole l’esatta idea di come la sicurezza finanziaria sia certamente importante, ma come il vero problema rimane una società che è capace di offrire ai giovani un presente sempre più idealizzato e un futuro difficile e incerto da progettare.
Meno figli, vuol dire meno lavoratori del futuro, meno genitori del futuro, meno PIL e meno Italia, si, perchè se la curva non troverà un’inversione il declino demografico porterà l’ottava potenza mondiale, al 25° posto in solo venti anni.
Le parole del Presidente della Repubblica
Anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, agli Stati Generali della Natalità ha commentato: “Alle istituzioni compete la responsabilità di attuare politiche attive che permettano alle giovani coppie di realizzare il loro progetto di vita, superando le difficoltà di carattere materiale e di accesso ai servizi che rendono ardua la strada della genitorialità”.
Ed infatti è la puntuale prescrizione della Costituzione che, all’articolo 31, richiama la Repubblica, ”ad agevolare con misure economiche ed altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose”. Proteggendo “la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari e tale scopo”.
Nessuno si aspetta che ci sia un desiderio di natalità dove non c’è, nessuno vuole genitori che non vogliano esserlo o che peggio lo facciano perchè spinti da altre congetture. Ma è grave non incentivare e sostenere chi vorrebbe ma non può o chi pur già essendo genitore, non si sente tutelato e magari non fa altri figli per paura che poi l’apparente agio momentaneamente conquistato possa svanire per il maggior carico economico e sociale.
Non assegni, ma progetti strutturali
Non è l’assegno unico da solo che può sostenere la natalità e la genitorialità in Italia ma è un impegno strutturale e progettuale per decenni su dinamiche anche trasversali che passano dall’indipendenza abitativa, al welfare aziendale, per arrivare al gender gap e ai diritti sociali e della famiglia in genere.
Non sarà semplice invertire la rotta, perché essere genitori in una società che viaggia ad altissima velocità vuol dire rincorrere sempre, ed oggi le nuove generazioni vogliono giustamente anticipare e mai arrivare secondi, ma solo introducendo delle importanti leve economiche possiamo mettere in mano le carte giuste ai giovani per giocarsi questa ulteriore importante partita.
Valerio Camplone
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