Disturbi alimentari e il diritto (negato) di ricevere cure

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15.03.2024

I disturbi alimentari devono tornare ad essere problemi di sanità pubblica e di attenzione sanitaria e sociale. Invece, dopo il mancato rinnovo in legge di Bilancio 2024 del Fondo da 25 milioni per i disturbi alimentari istituito con la manovra per il 2022, il Governo ha deciso di recuperare pochi spiccioli: solo 10 milioni, in attesa, ha dichiarato l’Esecutivo, della piena operatività e aggiornamento dei Lea, che a parere delle istituzioni renderà esigibile e strutturale la cura per tutti.

Una cura esigibile per tutti

Come Uil abbiamo deciso in questa giornata del 15 marzo, in cui si celebra la “Giornata nazionale del Fiocchetto Lilla, dedicata ai disturbi del comportamento alimentare”, di affrontare questo tema nel merito e nella trasversalità dell’idea di una “cura esigibile per tutti”.

Per la Uil, infatti, l’anoressia, la bulimia nervosa e il disturbo da alimentazione incontrollata “binge eating”, devono tornare ad essere “problemi di sanità pubblica” e di attenzione sanitaria e sociale per contrastare la loro diffusione.

In quest’ottica, pertanto, risulta fondamentale avere un Servizio sanitario nazionale pienamente efficiente e accessibile.

Dati allarmanti

I più recenti dati rispetto all’Italia, ci dicono che almeno tre milioni di persone convivano con un disturbo alimentare e solo nel 2023 si sono registrati 1.680.456 nuovi casi. Il numero è cresciuto del 30% dopo la pandemia.

Si registra un abbassamento dell’età di chi si ammala, tenuto in considerazione il fatto che oggi un disturbo alimentare inizia intorno agli 8-9 anni. Le donne risultano nove volte più esposte degli uomini a queste patologie che, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), rappresentano la seconda causa di morte per le giovani tra i 12 e i 15 anni.

A parità di sesso ed età, chi soffre di anoressia ha un rischio di mortalità fino a dieci volte più alto di una persona sana.

Nel nostro Paese, stando ai dati del Registro nominativo delle cause di morte (Rencam), nel 2023 circa 4mila persone sono decedute per problemi correlati a un disturbo alimentare.

Sempre nel 2023 registriamo 126 strutture di cura sparse su tutto il territorio nazionale, di cui 112 pubbliche (Ssn) e 14 appartenenti al settore del privato accreditato.

Il maggior numero dei centri specializzati (63 su 126) si trova nelle regioni del Nord; 23 sono nelle regioni del centro (di cui 8 nel Lazio e 6 in Umbria); mentre 40 sono distribuiti tra il Sud e le Isole (12 in Campania e 7 in Sicilia). Ma soprattutto, solo il 48% dei centri prendere in carico i minori fino a 14 anni.

La metà delle regioni non ha dunque una rete completa di assistenza, che dovrebbe prevedere quattro livelli: ambulatori specializzati nei disturbi alimentare (che assorbono il 60% della richiesta), servizi semiresidenziali (centri diurni dove le persone possono fare i propri pasti), servizi residenziali extraospedalieri h24 che dovrebbero garantire una presa in carico per persona dai 3 ai 5 mesi; infine i servizi ospedalieri che prevedono il ricovero salvavita per chi rifiuta le cure e la nutrizione artificiale.

La carenza di personale

A tutto ciò si lega la drammatica questione del personale, con l’assenza di 70.000 infermieri, 33.000 medici e soprattutto l’incidenza della carenza di psichiatri e psicologi (solo 7000 quelli pubblici), senza contare la mancanza di oltre 11.000 educatori, anche per la crisi del mercato educativo.

Le differenze territoriali si rilevano anche nella mancanza di continuità assistenziale: una carenza questa, che finisce per creare un vero e proprio circolo vizioso. Infatti, la mancata continuità si traduce, poi, in un maggiore accesso al pronto soccorso per i fenomeni di urgenza legati a queste malattie e la crescita esponenziale delle “lunghe soste in barella”, per assenza di posti letto.

Lo scarso investimento di risorse in salute, si ripercuote su tutti i rami della cura, soprattutto su chi si trova non adeguatamente supportato e reinserito socialmente, perché un disturbo del comportamento alimentare cambia completamente la vita di chi ne soffre, ne limita le capacità relazionali, lavorative e sociali.

Per la Uil, poi, pensare che l’aggiornamento dei Lea, in assenza di un vero disegno strutturale che contempli un robusto finanziamento del Servizio sanitario nazionale, un disegno che riparta dai due assi principali quali il personale e il territorio, non è un’idea condivisibile. Senza investimenti sulla sanità pubblica, si favorisce solo la sanità privata, aumentando così le disuguaglianze.

Fondamentale è anche la consapevolezza delle istituzioni, cittadini e degli addetti ai lavori rispetto a questo fenomeno così diffuso dei disturbi alimentari, perché chi si ammala non deve essere lasciato solo.

Servizio Politiche Sociali e Welfare, Sanità, Mezzogiorno, Immigrazione

 

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