Dieci ragioni dello sciopero della scuola
27.05.2022
LA MAPPA DELLA PROTESTA IN ATTO
Dieci ragioni dello sciopero della scuola
Perché il mondo dell’istruzione scende in piazza
La scuola è laica, libera, gratuita, per tutti, inclusiva.
Il nostro sistema di istruzione è nazionale. Il rapporto di lavoro è regolato dal contratto che viene rinnovato attraverso un negoziato. Le risorse per la scuola sono definite in Legge di Bilancio.
Scuola: serve ancora ripartire da queste premesse?
When in trouble go chic, dicono gli inglesi. Proverbio che riportato a noi suona più o meno: in tempo di crisi bisogna ripartire dai fondamentali. E’ avendo chiaro il modello di scuola che vogliamo che possiamo comprendere la gravità dei processi in atto.
- Il decreto varato dal Governo riguarda la formazione di tutti gli insegnanti. Non un aggiornamento che l’insegnante, da professionista, decide in funzione della sua classe, dei metodi, del confronto con i colleghi, degli obiettivi didattici, ma una formazione imposta, obbligatoria, triennale, a pacchetti di ore, gratis, con verifica in itinere e finale. Addio alla libertà di insegnamento.
- Nel 2000 il ministro Berlinguer promosse il ‘concorsone’ per premiare il 25% dei docenti. Il ministro Gelmini nel 2010 tenta una sperimentazione a Torino e Napoli. Nel 2015 Renzi introduce nella Buona scuola la chiamata diretta e il bonus di merito deciso dai presidi.
Il primo fu costretto alle dimissioni. Il secondo tentativo fallì. La Legge 107 è stata smontata pezzo per pezzo. In tutti e tre i casi le proteste della scuola sono state determinanti per impedire una pedagogia di metodo e dividere l’unità della categoria. - Il progetto governativo è addirittura peggiore: il decreto all’esame del Parlamento offre questo progetto: formazione obbligatoria, valutazione e bonus per il 40% dei docenti (al termine del triennio). La protesta è inevitabile.
- La formazione viene affidata ad una Scuola di Alta Formazione, tutta orientata ad una gestione ‘manageriale’ delle scuole e rispondente alle logiche non-cognitive degli studenti-clienti-lavoratori, finanziata dai fondi del Pnrr e poi dalla Card docenti, dal Mof e dal taglio di 10mila cattedre.
«A qualche cosa dovrete pur rinunciare in cambio di tutta la libertà che vi abbiamo fatto avere» – direbbe Bennato. - La libertà di insegnamento è costituzionalmente garantita e, solo nei regimi, si rimette in causa. E’ una libertà collegata a tutte le altre, a partire da quella di pensiero; per questo è fondamentale difenderla. Una scuola libera è garanzia di una scuola di qualità.
Dire scuola significa parlare di persone, di comunità educante: insegnanti, personale, alunni e famiglie. Con il decreto si divide la comunità, invece di ‘insieme’ si dice ‘alcuni’, piuttosto che ‘professione’ si parla di ‘premi’; si creano opposizioni invece di collaborazioni, si avranno docenti, più-docenti-degli-altri, come nel testo di Orwell. Il Governo – con strumento proprio, un decreto – decide ‘come’ devono insegnare gli insegnanti. Inaccettabile. - Stabilità del lavoro, regole certe, spazi adeguati, scuole sicure: sono tra le misure che la scuola attende. Il decreto prevede un sistema di reclutamento che non offre alcuna prospettiva di stabilità al personale precario. Si propone un sistema di 60 crediti per iniziare, poi un concorso, poi l’anno di prova, poi test finale, poi giudizio del dirigente scolastico. Per i precari con più di tre anni di servizio, 30 crediti. Per decine di migliaia di persone, come nel gioco dell’oca, si riparte dal via.
Serve invece una fase urgente e transitoria che consenta di dare stabilità e certezze al personale precario. - Il reclutamento non può essere terreno di scontro della politica. In questo anno scolastico ci sono stati migliaia di posti lasciati liberi per le assunzioni. La metà è rimasta senza destinatario. Un professore su quattro è precario. Il sistema dei concorsi ha fallito i suoi obiettivi.
- Mobilità: è previsto persino un ‘bonus’ anche per chi non chiede il trasferimento per tre anni, utilizzando le risorse del fondo di istituto. Paradossale farlo per decreto.
- Regole certe: proprio mentre si avvia il negoziato all’Aran per il rinnovo contrattale, il Governo interviene per legge in materia contrattuale. Ore gratis, pacchetti formativi, bonus premiali ricadono sul contratto di tutti. Una coincidenza?
Le risorse per la scuola: ci sono volute tre Finanziarie (2020/21/22) per definire gli stanziamenti (esigui) per questo rinnovo contrattuale. Degli aumenti a tre cifre resta una traccia leggera viste le incursioni legislative compiute dall’Esecutivo proprio in esordio di trattativa.
Una mission impossibile: pochi soldi, molti nuovi oneri, riduzioni di organico, blocco della mobilità.
Misure sulle quali c’è forte dissenso e si protesta il 30 maggio.
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