Il precariato nella scuola, la punta dell’iceberg di problemi irrisolti

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24.01.2022

Quello della scuola – e della formazione ed educazione dei più piccoli – è un tema sempre all’ordine del giorno. In tutto il mondo. Lo è ancora di più, nel nostro Paese, in quest’ultimo periodo in cui probabilmente il mondo della scuola è stato lo specchio più fedele nel raccontare la pandemia, con tutte le sue complessità e conseguenze. Sociali prima di tutto, poi psicologiche, economiche, politiche.

Tutti i nodi più seri, i paradossi più eclatanti, i moniti più accesi sono passati e passano da lì. Dal lockdown del 2020, all’attualità di questi giorni.

Tutta la comunità educante ha attraversato piccole, grandi e, soprattutto, continue, rivoluzioni, involuzioni ed evoluzioni. Una centrifuga, insomma che ha sommato vecchi e nuovi problemi. Ponendo con forza la questione della centralità della scuola nella società.

È così che temi come il precariato imperante, i docenti che mancano, concorsi, graduatori, abilitazioni sono sempre più all’ordine del giorno. E poi ancora le infrastrutture scolastiche fatiscenti, l’abbandono scolastico, i fondi europei, l’organizzazione strutturale e tantissimi altri problemi di “vecchia data”, si sono scontrati con la DaD, i tamponi, i provvedimenti di volta in volta varati dal Governo, i genitori isterici, i docenti vaccinati, quelli non vaccinati, gli studenti nervosi e psicologicamente provati. Nel mezzo valanghe di parole ovunque: critiche, polemiche, soluzioni della domenica, difficoltà di gestione nei comuni e nelle Regioni.

La scuola si trasformando. La pandemia ha contribuito ad accelerare dei processi di cambiamento che erano indispensabili già anni e anni fa e ai quali – e forse è qui il primo dei paradossi – non si è mai dato risposta vera e certa.

Volendo dare solo un’indicazione generale della situazione difficile vissuta dalla scuola, quest’anno su 112mila possibili assunzioni in ruolo (quindi a tempo indeterminato) ne sono andate in porto meno della metà. Il resto delle cattedre è rimasto “scoperto”. Senza titolare. 53mila gli effettivi posti da coprire, ai quali vanno aggiunti i posti ancora scoperti degli insegnanti di sostegno che sono andati in supplenza, circa 90mila.

Insomma, solo quest’anno i contratti di supplenza sono stati 140mila.

C’è chi sostiene, anche quotidianamente, che la scuola debba essere il primo punto nelle agende della politica. Il vuoto di docenze, però, è solo la punta dell’iceberg di problemi irrisolti che si tramandano di anno in anno e di Governo in Governo. Passando per concorsi banditi e mai portati a termine, graduatorie bloccate, ricorsi, abilitazioni.  Il reclutamento del personale, insomma, è una giungla. Una delle tante con le quali ogni giorno la scuola si confronta.

E ancora, in questi ultimi difficilissimi anni di pandemia, il ciclone ha investito l’Istituzione scolastica e nessuno, studenti in primis, ne è uscito indenne. E anche in questo caso, scuole aperte, scuole chiuse, scuole analogiche o digitali. Tante discussioni, per poi lasciare a presidi, personale Ata, docenti e persino studenti i grattacapi – tanti – di una situazione di emergenza in una già provata da equilibri precari.

Eppure, lì, nella trincea della scuola, nascono e fioriscono le menti del futuro. Quelle che, nonostante tutto, porteranno al futuro i migliori semi del presente. Coltivati con amore, dedizione e impegno costante.

Tra gli obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite l’Educazione ricopre un ruolo centrale.

Un’istruzione di qualità, inclusiva ed equa è la direzione giusta per costruire un futuro dove bambini e giovani saranno i protagonisti di un mondo diverso.

Nella giornata mondiale dell’educazione non possiamo non lanciare un messaggio di allarme e speranza insieme.

La scuola è una comunità educante che non deve essere trascurata. Troppo tempo è passato lasciando i problemi irrisolti. Ora è il tempo di agire, investendo nella scuola, perché offra al futuro vere opportunità di cambiamento.

 

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