Dal fallimento del Progetto di costituzione al Trattato di Lisbona. L’Europa ricomincia a camminare

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13.12.2023

Per comprendere l’importanza del Trattato di Lisbona – approvato nella capitale portoghese il 13 dicembre del 2007 – bisogna ricordare che esso seguì a un fallimento, che poteva avere ripercussioni gravissime rispetto al percorso di integrazione europea, iniziato a Roma il 25 marzo del 1957.

Infatti, nel 2001 venne predisposto un progetto di costituzione europea, con il proposito di modificare la struttura istituzionale comunitaria. L’obiettivo era quello di semplificarne il processo decisionale, conferendo alle istituzioni europee maggiori poteri.

Il progetto fu predisposto da una “Convenzione sul futuro dell’Europa”, istituita nel dicembre 2001 con la Dichiarazione di Laeken.

Nel giugno 2003, a Bruxelles, venne alla luce il primo progetto. Nel giugno del 2004, la Conferenza intergovernativa ne approvava una versione consolidata provvisoria: ovvero, il “Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa”, che i Capi di Stato o di governo degli allora 25 paesi membri dell’UE e i loro ministri degli esteri firmavano il 29 ottobre 2004, a Roma.

Successivamente, però, il Trattato venne ratificato solo da 18 paesi (Italia compresa) su un totale di 27 Stati membri.

Il progetto di “Costituzione europea” subì poco dopo un colpo ferale, perché venne bocciato in Francia e Olanda nel 2005, dove si tennero dei referendum popolari.

A questo punto il processo di integrazione subì uno stop di circa due anni. Poi, si riprese il cammino al Consiglio europeo del giugno 2007, il quale dettò il contenuto delle riforme da attuare, che una apposita Conferenza intergovernativa avrebbe poi tradotto nel Trattato in oggetto.

Con il Trattato di Lisbona nasce un’unica Unione Europea dotata di personalità giuridica, ponendo così fine, dopo un quindicennio, alla convivenza fra un’Unione nata a Maastricht, ma vuota di sostanza giuridica, e la Comunità Europea nata a Roma. Le due entità sovranazionali ora vengono fuse.

I valori e gli obiettivi indicati nel progetto di Costituzione dell’Unione vengono ora consolidati nel nuovo Trattato, con l’aggiunta significativa della parità fra uomo e donna.

Con il Trattato di Lisbona – si è sottolineato in dottrina – si vuole privilegiare una tipologia di integrazione cosiddetta “differenziata” e “flessibile”. Le novità proposte non sono di per sé “grandi”, almeno rispetto al precedente progetto di Costituzione, ma alcune di esse decisamente significative. Tra queste, il fatto che alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, approvata a Nizza il 7 dicembre del 2000, viene riconosciuto valore vincolante, assurgendo allo stesso rango dei Trattati (TUE e TFUE). Regno Unito, Polonia e Repubblica Ceca ottennero di restare fuori dal meccanismo di tutela dell’Unione sancito dalla Carta.

Alcuni aspetti istituzionali

Cambia anche l’assetto istituzionale, perché il Consiglio europeo – il cui Presidente avrà un mandato rinnovabile di due anni e mezzo – entra a far parte delle istituzioni dell’Unione. Verranno, inoltre, praticate e consolidate politiche nuove come l’energia, l’ambiente (con riguardo particolare al clima), l’immigrazione e la lotta al terrorismo. La concorrenza scompare tra gli obiettivi dell’Unione, rimanendo citata però in un Protocollo dedicato.

In sostanza l’UE si reggerà su un’architettura dei diritti fondamentali formata da cinque pilastri: le clausole d’apertura del Trattato, i Principi generali dell’Unione, la Carta dei diritti fondamentali (Carta di Nizza), la Convenzione Europea dei diritti umani, le tradizioni costituzionali nazionali. Un corredo che arricchisce la cittadinanza europea, non sostituendosi a quella statale.

Con il Trattato di Lisbona viene valorizzato anche il ruolo del Parlamento europeo, che da ora in poi disporrà, salvo alcune eccezioni, del ruolo di co-legislatore su un piano paritario con il Consiglio, con il compito di eleggere il presidente della Commissione su proposta del Consiglio europeo.

Dialogo sociale

Viene inserita una nuova disposizione sul dialogo sociale: le parti sociali verranno riconosciute al massimo livello istituzionale e il loro ruolo promosso in sede europea. Fondamentale, in questo ambito, sarà il “Vertice sociale trilaterale per la crescita e l’occupazione”. L’Unione stessa, e non una sua specifica istituzione, faciliterà un dialogo trasparente e regolare tra le parti sociali – sempre “nel rispetto della loro autonomia” –, coinvolgendo anche la società civile.

Dialogo sociale e consultazioni delle parti sociali vengono quindi considerati veri strumenti di governance europea.

Altra novità importante è la previsione in materia di trasposizione a livello nazionale degli accordi collettivi comunitari. Viene aggiunta alla facoltà di uno Stato di affidare alle parti sociali il compito di mettere in atto una Direttiva, anche la possibilità di fare lo stesso in caso di quelle Decisioni del Consiglio con cui si attuano accordi raggiunti a livello comunitario dalle parti sociali.

Economia sociale di mercato

Val la pena di ricordare anche un’altra novità introdotta dal Trattato: ovvero, la valorizzazione della dimensione sociale attraverso la riscrittura degli obiettivi dell’Unione in cui ora si fa riferimento esplicito ai concetti di “economia sociale di mercato”, alla “piena occupazione”, al “progresso sociale”, alla lotta alle “discriminazioni”, alla “parità tra donne e uomini”, alla “solidarietà”, alla “coesione sociale” e “all’esclusione sociale”.

Se è evidente una valorizzazione della dimensione sociale europea, essa rimane comunque incompleta. Ma, almeno, il Trattato di Lisbona ha approntato un’importante griglia di diritti, che lascia aperti spazi per un più equilibrato bilanciamento tra libertà economiche e diritti sociali, anche attraverso interventi da parte dei giudici.

Tra limiti e difetti, il Trattato di Lisbona comunque riprende la strada verso il processo di integrazione, che con la bocciatura del progetto di Costituzione si era bloccata.  Un processo in divenire, certo, in cui rimane prioritaria la sfida di costruire un’Unione più giusta e solidale.

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