Da SVB al caso di Credit Suisse: nessuno è più al sicuro.

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17.03.2023

C’è una sottile linea che congiunge il caso della crisi della Svizzera Credit Suisse al caso della lontana Silicon Valley Bank.

Caso americano: dopo un lunghissimo periodo di tassi di riferimento tenuti a zero anche negli Stati Uniti, la violenta e improvvisa crescita dei tassi ha spinto la banca californiana nel precipizio. Le imprese tech che avevano lì i loro soldi hanno pensato di iniziare a pescare la liquidità dal loro conto e non da prestiti, diventati più onerosi. Ma la SVB (badate bene, la sedicesima banca Usa) in precedenza cosa aveva fatto? Tempo prima aveva pensato di acquistare titoli di stato USA per proteggere i bilanci. Ma la Fed (la banca centrale statunitense) ha aumentato di colpo i tassi di riferimento e i titoli di stato emessi dopo hanno iniziato a essere di maggiore rendimento.

Quando la SVB ha pensato di vendere i suoi titoli per fronteggiare la richiesta dei suoi correntisti, si è trovata un mercato disposto a pagarli ancora meno del loro rendimento perché i nuovi titoli sono più appetibili. Morale: la Fed ha messo di fatto in un angolo SVB, nel frattempo social e Internet hanno fatto il resto, la notizia si è sparsa e tutti si sono precipitati a chiedere quei soldi che la banca non era più in grado di restituire.

La Fed non si era posta il problema, a loro volta le autorità di controllo del sistema bancario non hanno neanche provveduto a controllare e a fare cosiddetti stress test per capire cosa sarebbe successo alle banche americane. O meglio, i test erano stati fatti ma non inserendo lo scenario dell’aumento dei tassi e comunque erano stati fatti fare a banche con circa 250 miliardi di dollari in attivi, tagliando fuori dal controllo una marea di banche locali di grande peso al di sotto di quella soglia. Proprio come SVB, che nel giro di poche ore ha dato vita al secondo fallimento più clamoroso nella storia bancaria statunitense.

E Credit Suisse? La storia è diversa ma lo snodo è identico e ancora più incredibile. Una banca che da tempo ondeggiava tra scandali, cambi di amministratori delegati, Arabi che arrivano, analisti critici, mentre le autorità svizzere non hanno mosso un dito per fare un controllo reale sulla tenuta del Credit Suisse, per cui è bastata una spallata finale per crollare. E adesso? Adesso tocca allo Stato. Il presidente Biden ha deciso di intervenire per proteggere i correntisti di SVB (ma con dei limiti), la Banca Nazionale Svizzera darà fino a 50 miliardi di franchi per dare liquidità immediata al Credit Suisse. Che lezione arriva da questa storia? Che anche se si tratta di due banche con un assetto regolatore differente rispetto all’Area Euro, bisogna andarci con i piedi di piombo nel maneggiare i tassi di riferimento in modo semplicistico. La Bce, dal 16 marzo del 2016, aveva inaugurato una campagna di tassi zero per fronteggiare una infinita crisi economica iniziata con il disastro finanziario del 2007.

Questa politica è andata avanti fino a pochi mesi fa, parliamo di circa 6 anni. Poi, nel giro di appena 6 mesi, siamo schizzati al 3,5%. Forse alla Bce stanno sottovalutando come l’aumento violento dei tassi possa essere una mina per Paesi e istituti finanziari più deboli. Che magari – a loro tempo – sono corsi anche loro a comprare titoli di stato europei quando erano ai minimi. Addirittura i bond tedeschi erano ancora a inizio 2022 negativi, perché garantivano sicurezza totale. Adesso quei bond in pochi mesi girano a 2,6 punti. Cosa accade se qualcuno si precipiterà a vendere i titoli precedenti? Varranno ancora meno del rendimento negativo. In questo stagno molto pericoloso si valuta ci siano 300mila miliardi di dollari, come segnala Il Foglio citando un report di Rosa&Roubini. Tutto il Pil italiano arriva a 2.108 miliardi di dollari, per avere una proporzione. Nessuno è al sicuro, le autorità di controllo non sono state attivate in modo coerente e se questa politica dei tassi dovesse continuare siamo a rischio di altre insolvenze. Con un particolare: la reazione dei prezzi non sta rispondendo ai meccanismi monetari ma evidentemente continua sulla sua strada della speculazione, anche nei fortissimi ribassi. La cura rischia di essere peggio della malattia.

Francesco Leitner

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