1904: L’ECCIDIO DI BUGGERRU E IL PRIMO SCIOPERO GENERALE NAZIONALE
13.08.2022
Nel 1904 ebbe luogo in Italia il primo sciopero generale nazionale della storia sindacale d’Europa, in risposta agli eccidi di Cerignola (Puglia), Buggerru (Sardegna) e Castelluzzo (Sicilia).
Nonostante la svolta del 1901 operata dal governo Zanardelli con Giolitti ministro dell’Interno dopo il vittorioso sciopero generale di Genova contro la chiusura della Camera del Lavoro, troppe lotte operaie continuavano a finire in un bagno di sangue e la connivenza tra gli industriali e la forza pubblica a manifestarsi.
Come nel caso di Buggerru, dove il 4 settembre del 1904 ebbe luogo un eccidio in cui morirono quattro lavoratori. I minatori avevano proclamato uno sciopero per ottenere una riduzione dell’orario di lavoro. Mentre era in corso l’incontro tra i sindacalisti guidati da Giuseppe Cavallera e il direttore della miniera di Buggerru, le forze dell’ordine aprirono il fuoco sugli scioperanti che attendevano l’esito della trattativa. Era stato proprio il direttore a chiamare i gendarmi e a tergiversare nella trattativa in attesa del loro intervento repressivo.
Giuseppe Cavallera era piemontese; si era trasferito a Cagliari a causa delle persecuzioni poliziesche.
In Sardegna, trovò il partito in condizioni di grave disorganizzazione, e si dedicò soprattutto a curare la presenza nei nuclei di lavoratori che riusciva a raggiungere: ferrovieri, battellieri, stivatori, scaricatori di porto, pescatori di Carloforte, minatori di Iglesias.
Alla fine del 1903 le organizzazioni di classe d’ispirazione socialista contavano fra i minatori oltre 10mila aderenti; nel 1904 fu costituita la Federazione regionale dei minatori con sede in Iglesias, di cui Giuseppe Cavallera fu eletto segretario.
Lo sciopero del 1904 viene ricordato, soprattutto, perché fu la prima volta di uno sciopero generale su scala nazionale.
Quello che in genere si ricorda meno è che sullo strumento dello sciopero generale era da tempo in atto un duro confronto nel movimento operaio.
I sindacalisti rivoluzionari, ispirati dal francese Sorel, lo volevano a oltranza e insurrezionale. I riformisti, invece, condividevano che lo si utilizzasse in casi come quello della protesta per gli eccidi, ma non senza fissarne la conclusione e senza obiettivi concreti, sindacali, da conseguire, come ad esempio lo era stato la riapertura della Camera del Lavoro di Genova.
Turati fu molto chiaro: lo sciopero generale politico era valido a fine di manifestazione, di protesta, di ammonimento, ma doveva essere usato solo eccezionalmente e svolgersi nell’ordine e nella disciplina dei manifestanti senza degenerazioni violente, doveva essere breve, proporsi un fine ben determinato e facilmente conseguibile, e rispettare i servizi pubblici essenziali, le produzioni di assoluta necessità generale, i servizi igienici e sanitari, le comunicazioni postali e telegrafiche, la stampa.
Lo sciopero del 1904 andò molto male, non conseguì alcun obiettivo e segnò il declino del sindacalismo rivoluzionario.
Il sindacalismo riformista, invece, si rafforzò e nel 1906 portò a compimento il processo di costruzione dell’intreccio tra l’organizzazione “verticale” delle federazioni di mestiere e quello “orizzontale” delle Camere del Lavoro, fondando la confederazione nazionale, la CGdL, Confederazione Generale del Lavoro, dominata dai riformisti.
Giuseppe Cavallera dopo Buggerru proseguì la sua attività nel movimento operaio sardo, e nel 1913 venne eletto parlamentare nel collegio di Iglesias.
Sotto il fascismo, fu costretto ad abbandonare la politica, e fece il medico condotto nel paesino di Anticoli Corrado, Roma. Nel secondo dopoguerra, riprese l’attività politica. Durante il primo ministero Bonomi, fu nominato commissario straordinario dell’Opera nazionale per la protezione della maternità ed infanzia. Nel 1948, tornò in Parlamento, senatore del collegio di Iglesias. Morì a Roma, ma fu sepolto a Carloforte: la Sardegna era diventata la sua regione.
Immagine: ritratto di Giuseppe Cavallera, con sullo sfondo la miniera di Buggerru (quadro a olio, opera di Licia Lisei, proprietà dell’Istituto Studi Sindacali UIL “Italo Viglianesi”)
Roberto Campo
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