BONUS EDILIZIA: CON LO STOP DEL GOVERNO A RISCHIO OCCUPAZIONE E POLITICHE AMBIENTALI
21.02.2023
Il Superbonus 110% è la misura che ha avuto il merito indiscusso di far ripartire il settore delle costruzioni nella sua interezza dopo la pandemia agganciando un trend di crescita mai riscontrato prima negli ultimi 12 anni e con esso ha rimesso in moto l’intera economia italiana. Si tratta di un’agevolazione fiscale disciplinata dall’articolo 119 del decreto legge n. 34/2020 (decreto Rilancio), che consiste in una detrazione del 110% delle spese sostenute a partire dal 1° luglio 2020 per la realizzazione di specifici interventi di efficienza energetica e di consolidamento statico o riduzione del rischio sismico degli edifici. Un’agevolazione che si è affiancata a detrazioni già esistenti, quali Ecobonus e Sismabonus, con lo scopo di accelerare l’efficientamento dei nostri edifici, incentivando anche le classi meno abbienti a mettere in sicurezza le proprie case, e sostenendo politiche green e di transizione energetica.
Nonostante, però, il significativo ed evidente impatto in termini economici, occupazionali e soprattutto ambientali che questi bonus hanno sempre avuto sull’economia del Paese, il governo Meloni ha pensato bene di porre un freno al loro utilizzo soprattutto a discapito di chi ha difficoltà ad anticipare le risorse necessarie. Con un colpo di mano giovedì 16 febbraio, subito dopo il voto delle amministrative, e senza alcun confronto preventivo con le parti sociali e le associazioni di settore, il Governo ha varato un decreto (11/2023) con il quale si vieta, dal giorno dopo, la possibilità per i soggetti che effettuano le spese per le quali si possono ottenere bonus edilizi (Superbonus, Eco e Sisma, Ristrutturazioni, Facciate, ecc.) di optare per lo sconto in fattura o per la cessione del credito d’imposta.
Un provvedimento che tutti gli addetti del settore, e non solo, giudica sbagliato e molto dannoso, che se non verrà revocato provocherà da subito un effetto deflagrante sul settore, con la totale paralisi degli interventi di edilizia privata legati ai bonus in vigore, il fallimento di migliaia di imprese impegnate in quel comparto e la conseguente perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro.
Al netto di tutte le anomalie e distorsioni che più volte il sindacato ha denunciato, proponendo una serie di correttivi che vorrebbero migliorare lo strumento e rendere strutturali tutti i bonus edili, è lampante il ritorno economico generato dagli investimenti sostenuti dallo Stato centrale con questi incentivi: 115 mld di valore prodotto a fronte di una spesa di 55 mld secondo il rapporto Censis di novembre su Ecobonus e Superbonus 110. Inoltre, l’attivazione di tantissimi cantieri in tutto il Paese ha avuto ricadute molto positive anche sull’occupazione. Se si valutano solo i settori della filiera delle Costruzioni, il Censis riporta una stima di più di 583 mila unità, alle quali si aggiungono gli addetti attivati nel resto dei settori economici – il cosiddetto indotto – arrivando così a oltre 900 mila unità. Per non parlare del risparmio energetico che ne deriva e che è il motivo principale per cui si chiede di fare un passo indietro e migliorare gli strumenti, piuttosto che svuotarli.
Va ricordato che l’ultimo aggiornamento della direttiva europea sul rendimento energetico degli edifici, ha chiesto agli stati membri di arrivare al 2050 con un parco edifici ad emissioni zero. Un obiettivo che difficilmente potremmo centrare di questo passo e con queste politiche. Per non parlare dell’esigenza di adeguamento sismico e di messa in sicurezza del nostro patrimonio edilizio pubblico e privato, tra i più vetusti ed energivoro del continente. Per questo siamo sempre più convinti che occorre dare strutturalità agli incentivi pubblici di riqualificazione edilizia, messa in sicurezza, efficientamento e risparmio energetico, consapevoli dell’importante effetto moltiplicatore che ogni euro speso nella filiera delle costruzioni genera in termini di occupazione e crescita del PIL.
La decisione del governo finirà per favorire solo chi ha possibilità di effettuare i lavori e non invece i redditi più bassi e i condomini popolari ed incapienti, coloro cioè che vivono nelle case e nei condomini più bisognosi di interventi di riqualificazione (circa 7,8 milioni di italiani). Sarà quindi necessario prevedere modalità differenziate di erogazione dei vari incentivi, norme di conformità e misurazione del miglioramento energetico e sismico stabiliti per i prossimi 10 anni, solo così si potrà davvero garantire programmabilità e dare certezza a famiglie, imprese e lavoratori.
Ufficio Comunicazione Feneal
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