Il granturco di Travelyan e l’ideologia liberista

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22.02.2022

Le patate crescono piccole, quaggiù / Le mangiamo buccia e tutto, quaggiù

dice una canzone del tempo della “Great Famine”, la grande carestia irlandese di metà Ottocento. La malattia delle patate del 1845-1849 fu una tragedia di proporzioni bibliche. Ancora oggi non se n’è recuperato il disastro demografico.

C’erano più di 8 milioni di abitanti nell’Irlanda del 1841, ma solo 6 e mezzo dieci anni dopo, nel 1851 (invece dei 9 e più che era lecito aspettarsi). 1 milione e mezzo erano emigrati, 1 milione morti. Oggi la popolazione dell’Eire è di 4,9 milioni di persone, quella dell’Irlanda del Nord di 1,8. La bella sensazione di una terra non eccessivamente antropizzata che si prova girando per l’Irlanda nasconde una storia tremenda.

Il colera selle patate fu causato da un fungo allora sconosciuto, che colpì all’improvviso. L’Irlanda produceva abbondante grano, che però veniva tutto venduto per pagare gli esorbitanti canoni agricoli o esportato. Gli Irlandesi vivevano di patate. E di malattia delle patate morirono. Ha scritto l’Inglese Robert Kee nella sua Storia dell’Irlanda che in realtà nell’Isola vi era disponibilità di ogni tipo di cibo eccetto le patate, dato che tutti gli altri raccolti avevano dato risultati eccellenti. L’unico problema era che gli affamati non potevano permettersi di acquistarne. Un paradosso, lo definisce Kee, questa compresenza di eccedenze alimentari e di morti per fame.

Dal 1801, l’Irlanda era stata incorporata nel Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda. L’inglese Charles  Travelyan, funzionario del Tesoro, venne incaricato nel 1845 di affrontare la carestia delle patate e di dirigere le operazioni di soccorso. Sciaguratamente, era un fanatico liberista. Decise di non distribuire grano alla popolazione stremata dalla fame per non alterare le dinamiche di domanda e offerta. Questa vestale liberista – così lo definisce Robert Kee – si oppose altresì al programma di lavori pubblici per impiegare e retribuire gli affamati, confidando nel raccolto del 1846, che invece sarà peggio che disastroso.

Travelyan fu implacabile anche nel bloccare un secondo tentativo di distribuzione di mais e granaglie ai contadini irlandesi. Tutto, per lui, andava affidato al libero gioco delle forze di mercato. Una canzone del folk revival irlandese Anni Settanta racconta di un poveretto condannato alla deportazione nella colonia penale australiana di Botany Bay per aver rubato, per sfamare la sua famiglia, un po’ del mais che Travelyan custodiva invece di organizzare gli aiuti. Il “granturco di Travelyan”.

Troppo tardi questo funzionario accecato dall’ideologia si decise ad intervenire: dopo 1 milione di morti. Né la Grande Depressione causata dalla Crisi de ’29 né la crisi finanziaria ed economica del 2007-2014 sono state sufficienti a liberarci dai dogmi liberisti e neo-liberisti. Forse la storia del “granturco di Travelyan” avrebbe dovuto aprire gli occhi al mondo già da metà Ottocento: la mano invisibile non basta, l’intervento dello Stato è necessario, l’economia deve raccordarsi con la società.

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