Perchè insegnare il Coding nelle scuole elementari

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07.01.2022

Insegnare il coding nelle scuole primarie è diventata un’esigenza. I nostri bambini sono “nativi digitali”, un’espressione che ormai conosciamo benissimo che abbiamo imparato ad associare ai più giovani, che, ormai da anni, sono totalmente immersi in un ambiente in cui la tecnologia è parte integrante della vita quotidiana.

Se i più adulti fanno ancora caso all’impatto che la tecnologia ha in ogni ambito della vita, per i più piccoli questa coscienza non c’è. Per loro, la tecnologia è una normalità assodata. Bisogna, però, insegnargli a utilizzarla in sicurezza. Rendere, cioè, ciò che è per loro istintivo, ragionato e riflessivo.

Le scuole, che pur sul digitale e sulle dotazioni faticano ancora molto, lo sanno bene. Sono tantissimi gli Istituti che, grazie ai PON, avviano percorsi educazione e formazione alla cultura digitale. Sviluppare le competenze di programmazione e coding, lo abbiamo già detto, è fondamentale. E ormai non solo per una corretta cultura del digitale, ma anche per rendere disponibile a ogni adulto del domani i dettagli di un linguaggio che sarà sempre più utile e pervasivo.

Nuovi media, nuovi spazi, nuove applicazioni, nuovi percorsi. Basti pensare al metaverso e a come e quanto cambierà il nostro modo di vivere.

Avvicinare i più piccoli alle dinamiche più tecniche attraverso l’insegnamento del coding è un’opportunità indispensabile: significa dotarli di strumenti che saranno, poi, indispensabili nella vita di ogni giorno.

E questo non solo nell’approccio a una sorta di “nuovo umanesimo”, creando una base culturale utile a capire meccanismi e articolazioni, ma anche nello sviluppo di competenze che saranno parte integrante di un percorso evolutivo professionale. Non ultimo, la preparazione alle materie STEM che sempre più si orientano al futuro anche in chiave socio-econonomica.

Insegnare il coding, insomma, non è solo una preparazione alla fruizione delle applicazioni, ma offre la possibilità di essere attori e produttori.  

Concetti come “creatività digitale”, “pensiero computazionale”, “coding” fanno parte di un sistema complesso che è necessario che i nostri bambini riescano a interiorizzare, padroneggiandolo come fosse una seconda lingua. Un processo di adattamento. Un regalo prezioso per gestire un presente digitale sempre più immersivo e pervasivo.

I cittadini di domani, del resto, godranno una “cittadinanza digitale” reale, orientata a un concetto diverso di società, che forse a noi, più adulti sfugge ancora nell’intera sua portata rivoluzionaria.

La scuola, poi, con la pandemia, sta subendo dei veri e propri terremoti di portata epocale nella sua evoluzione. Grazie al lavoro degli insegnanti e delle amministrazioni scolastiche, buona parte dei fondi europei destinati alle scuole si stanno orientando verso l’approfondimento di questi temi.

Al di là del lato più tecnico dell’insegnamento del coding nelle primarie, la scuola, pur tra mille difficoltà, si afferma come comunità educante. Coinvolgere i più piccoli su realtà che sentono vive e presenti, proprio in quanto nativi digitali, significa anche ridurre gap sociali: la motivazione, l’interesse, la passione dei bimbi e il loro approccio “learning by loving” alle cose porta risultati importanti anche nell’ambito del sostegno e prevenzione alla dispersione scolastica.

Significa, insomma, parlare realmente la loro lingua.

Portiamo un esempio concreto. Un progetto Pon, “RE…TICol@ndo”, elaborato su 5 moduli tra cui uno – CO,CO…DIN  – indirizzato proprio all’insegnamento del coding, avviato presso l’Istituto comprensivo Don Bosco di Grottaglie, in provincia di Taranto. Si tratta di un progetto trasversale che pone l’accento proprio sul valore sociale dell’insegnamento del coding. Le tecnologie diventano “ambienti di apprendimento per compensare situazioni di rischio, di svantaggio funzionali e socio- culturali, che si determinano attraverso l’esperienza dell’insuccesso.”

Non si tratta solo di “coding”, insomma, ma anche di innescare tutta una serie di processi di pensiero e apprendimento cooperativo utile a promuovere conoscenza, autostima, responsabilità. Tutto questo è possibile attraverso l’impostazione di un metodo di studio e lavoro che parte dai concetti di metacognizione che fanno parte delle tecnologie.

Mappe concettuali, check di controllo, percorsi per prove ed errori, lavoro di gruppo, pensiero computazionale, nuova sintassi tra pensiero logico e pensiero creativo sono solo alcuni dei modelli che i bambini possono apprendere tramite i programmi formativi finalizzati alla cultura digitale.

Se la finalità del coding è infatti quella di sviluppare il pensiero computazionale, cioè la soluzione logica dei problemi attraverso il gioco e il divertimento, la portata socioeducativa diventa ancor più evidente.

Investire in questi programmi è un valore assoluto e primario. Non solo per la preparazione dei bimbi di oggi a un futuro tutto da scoprire nel segno delle nuove tecnologie, ma anche per consentire loro di avere oggi strumenti e possibilità per gestire meglio un presente in cui sono per natura immersi. E che porta con sé, come sempre, opportunità e rischi che, da adulti, non possiamo ignorare.

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Redazione

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