Una Pensione di Garanzia per le future generazioni

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07.08.2023

“Tanto non avremo una pensione”.  “Se l’avremo, sarà una pensione da fame”. 

Provate a chiedere ad un giovane cosa pensa riguardo al suo futuro pensionistico e molto probabilmente vi darà queste risposte. Sono parole dettate dalla disillusione, da un pessimismo corroborato da anni di precariato e mancanza di prospettive, da salari da fame e contratti in nero.

Tanto non avremo una pensione  

Cercando di non lasciarsi catturare dalla rabbia e dalla frustrazione, alla prima domanda si può in realtà rispondere che una pensione la avranno anche i giovani.  Il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo, infatti, ha salvaguardato per definizione la stabilità e la tenuta del nostro sistema pensionistico.

Con la Legge n. 335/1995 (“Legge Dini”), la pensione si basa su tutti i contributi accumulati dal lavoratore in un suo conto personale (definito “montante”), rivalutati secondo il tasso di crescita quinquennale del PIL e ricalcolata secondo l’aspettativa di vita media. Ciò ha corretto alcune storture del sistema retributivo, che in molti casi permetteva un pensionamento precoce con importi molto elevati, determinando non solo l’insostenibilità del sistema, ma anche una notevole iniquità, spesso basata su differenze categoriali, tra le persone.

Se l’avremo, sarà una pensione da fame

Ma “equità attuariale” e “giustizia distributiva” sono due concetti diversi, una distinzione che ci porta alla seconda domanda, rispetto alla quale è innegabile che le future generazioni saranno enormemente penalizzate. Il “montante” dei giovani rischia, infatti, di risultare insufficiente per una pensione sopra alla soglia di povertà, in quanto la loro vita lavorativa, soprattutto nei primi anni sul mercato del lavoro, è caratterizzata da salari bassi, da frequenti periodi senza lavoro, da contratti part-time o atipici e pertanto caratterizzati da una minore copertura contributiva. Giovani che saranno caratterizzati da una lunga, ma estremamente sfavorevole partecipazione al mercato del lavoro.

A tutto ciò, si vanno ad aggiungere le regole introdotte dalla riforma Fornero, ovvero l’innalzamento dell’età anagrafica fino a 66 anni, divenuti 67 per via degli adeguamenti alla speranza di vita, unitamente a 20 anni di contributi, per l’accesso alla pensione di vecchiaia, e l’innalzamento della soglia contributiva per l’accesso alla pensione anticipata, pari oggi a 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e a 41 anni e 10 mesi per le donne. Come se non bastasse, per i contributivi puri sono stati aggiunti anche dei paletti economici da rispettare per accedere alle prestazioni pensionistiche.

Accesso alla pensione

Nello specifico, per l’accesso alla pensione di vecchiaia, l’importo pensionistico deve essere pari ad 1,5 volte il valore dell’assegno sociale (per il 2023, dunque, la pensione deve essere pari ad almeno 754,90€), mentre, per accedere alla pensione di vecchiaia anticipata, possibile solo per i contributivi puri con 64 anni di età e 20 di contributi, l’importo della pensione deve essere almeno pari a 2,8 volte il valore dell’assegno sociale (1409.16 € per il 2023).

Uno studio basato sulle persone entrate in attività lavorativa tra il 1996 e il 1998 riporta che più della metà, a 20 anni di distanza, ha accumulato meno del 60% di un lavoratore con una retribuzione annua lorda mediana (19.500€), all’incirca la soglia di povertà. Si pensi, ora, alle drammatiche conseguenze in termini di precarietà e disoccupazione generate dalla Recessione del 2008-13 prima e dalla Pandemia poi, e sarà facile intuire quanto il futuro sia grigio per i nostri giovani.

Per questi motivi la UIL è impegnata su una duplice battaglia: quella dei salari e dei contratti stabili, in quanto una vita lavorativa discontinua determina in futuro una pensione insufficiente, e quella di assicurare a tutti, senza discriminazioni, una pensione dignitosa. La nostra proposta, che portiamo avanti da anni, è quella di istituire una Pensione di Garanzia.

La Pensione di Garanzia

La Pensione di Garanzia determinerebbe un importo garantito, variabile in base agli anni di contribuzione (effettiva e figurativa) e all’età del pensionamento, da destinare a tutti quei pensionati che si ritroverebbero con un assegno pensionistico sotto una certa soglia. Tale prestazione dovrebbe tener conto, nel calcolo degli anni di contributi, anche dei periodi di disoccupazione non indennizzati (quindi non coperti, ad esempio, dalla Naspi), dei periodi di studio e formazione, nonché di tutto il tempo dedicato al lavoro di cura, svolto soprattutto dalle donne, lavoro che oggi non viene ancora riconosciuto.

La Pensione di Garanzia potrebbe essere finanziata dal sistema previdenziale stesso. In alternativa, il finanziamento dipenderebbe dalla fiscalità generale, senza generare costi fino al 2040, anno in cui il nostro sistema pensionistico non soffrirà più i costi ingenti del retributivo.

In questo modo il sistema previdenziale assumerebbe anche una funzione redistributiva e non solo assicurativa, garantendo anche agli ultimi una prestazione dignitosa.

Un Assegno di garanzia che non si sostituirebbe all’Assegno Sociale, ma rafforzerebbe il nostro sistema di welfare al fine di tutelare tutte e tutti.

Solo adottando fin da ora misure che tengano conto di tutti questi fattori e che vadano nella giusta direzione, potremo garantire un futuro pensionistico certo e dignitoso ai nostri figli e alle nostre figlie.

Servizio Politiche fiscali e Previdenza UIL

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