Un algoritmo può produrre anticorpi e proteine

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03.07.2023

Dagli scacchi alle proteine e agli anticorpi: il meccanismo alla base – una specie di puzzle – è il medesimo ed è quello che ha permesso la produzione di quest’ultime ad un algoritmo. Si sa, ormai le nuove tecnologie sono centrali nel futuro della medicina: dalla robotica e la sua precisione nanometrica al metaverso, che permette di fare una pratica iper-realistica, fino all’intelligenza artificiale. Stavolta si è fatto ancora di più.

Lo studio

Avete capito bene: la stessa tecnica che permette all’Intelligenza artificiale di giocare a scacchi può aiutare a progettare proteine e nuovi anticorpi. Lo dimostra uno studio, pubblicato sull’autorevolissima rivista Science, coordinato da David Baker, dell’Universita’ di Washington a Seattle. Nello studio – considerato dalla stessa rivista come “ricerca dell’anno” nel 2021 – si dimostra in particolare come, attraverso il Reinforcement learning, questo tipo di algoirtmi possano specializzarsi nel risolvere puzzle molecolari. Ma vediamo come.

Come funziona?

Come sappiamo, l’IA deve avvalersi – in una sorta di fase di programmazione – di una fase di apprendimento. Una delle tecniche più usate è proprio quella sopra citata del Reinforcement learning, il cosiddetto Apprendimento per rinforzo, in cui la macchina apprende attraverso delle “ricompense” positive o negative a seconda dell’input. Una tecnica di apprendimento automatico che si è dimostrata particolarmente efficace nell’insegnare alla macchina a giocare a scacchi, una pratica ritenuta impossibile fino a poco tempo fa per una macchina.

Dagli scacchi alle proteine

Secondo Baker “i risultati mostrano che l’Apprendimento per rinforzo può fare molto più che padroneggiare i giochi da tavolo […] una volta addestrato a risolvere problemi annosi nella scienza delle proteine il software si è distinto nella creazione di molecole utili, tanto che se applicassimo questo metodo ai giusti problemi di ricerca si potrebbero accelerare una grande varietà di problemi”. L’algoritmo è quindi capace di identificare nuove molecole capaci di interagire con le proteine, il che significa “risolvere una sorta di puzzle” in cui la difficoltà è quella di disegnare le tessere mancanti per trovare “l’incastro” perfetto con la proteina, e così attivarla.

Siamo davanti all’ennesima rivoluzione in ambito biomedico. Riuscire a produrre anticorpi e proteine in modo veloce e sicuro può significare una vera svolta nel mondo farmaceutico e non solo. Questo è solo l’ultimo esempio di quell’IA “buona”, che va ad impattare positivamente nella ricerca e nelle vite di tutti noi – anche se magari non immediatamente – e che è il contrario dell’IA invasiva che rischia di “sostituire” buona parte del lavoro umano o che addirittura mistifica la realtà, come – banalmente – il Papa col Moncler.

Riccardo Imperiosi, Direttore Giovane Avanti!

 

 

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