TikTok e le donazioni ai profughi: il social farabutto
23.11.2022
Da anni ormai i social hanno introdotto decine di nuove funzioni. Tra queste anche la possibilità di effettuare donazioni a singoli profili o pagine, sia per buone cause – sempre più spesso vediamo enti come Save The Children o simili tra le donazioni richieste per i compleanni su Facebook – che per altre meno nobili ma comunque lecite, come quelle effettuate in favore degli streamer su Twitch.
Anche TikTok, la popolarissima piattaforma cinese di video brevi, da un paio d’anni ha introdotto questa possibilità e da allora, parallelamente alla vertiginosa crescita della sua popolarità, richiedere fondi online è sempre più alla portata di tutti. Ma siamo sicuri che sia una buona idea farlo
Lo scandalo
Poche settimane fa esplode la bomba: la BBC – emittente televisiva inglese – pubblica un’inchiesta in cui dimostra che TikTok trattiene quasi il 70% (!) dell’importo totale delle donazioni a favore dei profughi siriani. Sono molte, infatti, le famiglie siriane in difficoltà che, soprattutto dall’inizio dell’anno, hanno iniziato a fare dirette online per chiedere aiuto economico. Gli algoritmi della piattaforma hanno sempre premiato questo tipo di contenuti, che sono velocemente diventati virali e comparsi su migliaia di feed – bacheche – diversi. Moltissime persone hanno accolto l’appello e versato del denaro direttamente su TikTok, peccato che di quel denaro le famiglie ne abbiano visto ben poco, mangiato da tasse e commissioni trattenute dalla piattaforma.
Intanto bisogna specificare che in molti casi le famiglie siriane non possono permettersi mezzi tecnologici per fare dirette. Così entrano in gioco i cosiddetti “intermediari di TikTok”, ovvero soggetti che collaborano con agenzie cinesi e mediorientali che forniscono smartphone, SIM e attrezzatura per lo streaming in cambio di una lauta percentuale sul valore dei profitti.
Inoltre, la richiesta esplicita di denaro (e di conseguenza il profitto dell’attività degli intermediari) in live streaming collide con i termini di utilizzo della piattaforma, nei quali viene indicato che per effettuare dirette sono necessari almeno mille follower, altro punto in contrasto con l’attività di “reclutamento” degli intermediari.
L’inchiesta
Dicevamo, la BBC per cinque mesi ha seguito trenta profili di profughi siriani che chiedevano donazioni, che in alcuni casi arrivavano anche a mille dollari all’ora, con dei ricavi reali nettamente inferiori. Così l’emittente ha prima contattato degli intermediari per ottenere un profilo con cui iniziare e poi effettuato delle donazioni per circa 106 dollari. Alla fine della diretta ne erano rimasti appena 33, il restante era già nelle casse del social cinese. Ma non è finita qui, perché il ricavo è stato ulteriormente tassato del 10% per la conversione in denaro fisico e successivamente del 35% dalle agenzie di intermediazione per il servizio svolto. Risultato finale? 19 dollari su 106 raccolti.
TikTok o Grande Fratello?
Ovviamente sono arrivate le flebili smentite della piattaforma, anche se a una tale dimostrazione (non congetture) è difficile opporsi. Certo è che non è semplice dare il beneficio del dubbio a TikTok: da anni è al centro di moltissime controversie in merito alla protezione dei dati e al riconoscimento facciale. Mesi fa esplose il caso relativo al riconoscimento facciale della minoranza degli uiguri, perseguitati dal governo cinese al quale il social è molto vicino. Oppure il caso relativo alla protezione dei dati personali, anche in questo caso per la vicinanza al governo di Xi. Ora questo. Insomma, non proprio il social campione di affidabilità e sicurezza.
Ormai è impossibile fermare la nauseabonda deriva dei social network: l’eccessiva popolarità ha dato vita a una sovra informazione difficile da controllare – il caso Twitter-Musk relativo alla spunta blu a pagamento ne è un esempio lampante – che in molti casi, grazie anche all’incrocio dei dati personali che più o meno inconsapevolmente acconsentiamo di diffondere, si trasforma in oro per i governi e le multinazionali. Se l’esplosione del caso Cambridge Analytica (pacchetti di dati personali venduti a pubblici e privati per influenzare elezioni, Brexit compresa) poteva in qualche modo fermare la deriva, si è deciso di chiudere gli occhi e continuare a indirizzare le masse. Solo una decisione comune, europea ma anche dalle Nazioni Unite, potrà fermarla. Solo questo potrà impedire ai social network come TikTok di diventare lo strumento più antidemocratico del mondo.
Riccardo Imperiosi, Giovane Avanti!
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