Giornata mondiale della prevenzione del suicidio
10.09.2022
Oggi è la Giornata Mondiale della prevenzione del suicidio. Una ricorrenza nata per sensibilizzare la comunità internazionale su un tema che se conosciuto, può essere prevenuto.
58.000 persone si suicidano all’anno solo in Europa, mentre i tentativi di suicidio si stima siano 20 volte questo numero.
Soprattutto in un momento difficile come questo, in particolare per i giovani, in cui dopo complessi anni di isolamento sociale e incertezza sulla durata di una pandemia mondiale, sono di molto aumentati i sintomi depressivi.
Quanti sono i suicidi in Italia?
Secondo i dati Istat, in Italia ogni anno quasi 4mila persone scelgono la via estrema del suicidio, circa 4,5 ogni 100mila persone.
Fa davvero riflettere il dato relativo al genere: nel 2019 su 3759 casi quasi 3000 riguardavano gli uomini (circa l’80%), un rapporto che nel tempo è andato progressivamente aumentando, passando da 2,1 uomini ogni donna nel 1980 a quasi quattro nel 2019.
Secondo alcuni studi, il motivo risiede nel fatto che i suicidi maschili rappresentano una scelta autentica di voler morire, mentre spesso il tentativo di suicidio femminile è più un desiderio di comunicare stress e disperazione per richiedere aiuto. Questione che certamente non va sottovalutata in alcun modo.
Occorre sapere anche quali siano le età più coinvolte: circa il 51% appartiene alla fascia tra i 35 e i 69 anni. Il 35% (uno su tre) è un ultrasettantenne.
Quali sono i fattori più comuni del suicidio?
Stabilire dei fattori assoluti è molto difficile, se non impossibile. Sappiamo che la correlazione tra suicidio e disturbi mentali è sufficientemente studiata. E infatti la maggior parte dei suicidi, così sembra, è la conseguenza di una malattia mentale. Tuttavia, la correlazione fra suicidio e altri determinanti (determinanti sociali) non è altrettanto oggetto di studio, anche se la metà dei suicidi è correlata a tali determinanti.
Citando lo psichiatra Benedetto Saraceno: “Non solo le patologie psichiatriche. I determinanti sociali più significativi sono la disoccupazione, la povertà relativa, la condizione di homeless e l’isolamento sociale con assenza di supporto sociale”. Così è semplice dedurre le ragioni per cui la pandemia abbia accresciuto questo male sociale.
Una scarsa attenzione alle cause sociali di suicidio potrebbe spiegare la carenza di interventi protettivi per le fasce di popolazione più a rischio di povertà o, in generale, di alta vulnerabilità sociale. Il distanziamento sociale e l’isolamento nelle proprie abitazioni, soprattutto per chi vive in condizioni poco agiate, possono aver aumentato l’isolamento e la solitudine, la violenza domestica, il consumo di alcol per i soggetti a rischio.
La riduzione delle misure di prevenzione e contrasto ha influito così come l’eccessivo stress e burnout, per non parlare delle difficoltà economiche – che vanno acuendosi tuttora – che portano instabilità e incertezza nel futuro.
Suicidi in carcere: da qui passa la civiltà di un paese
In Italia il numero di suicidi negli istituti di correzione è molto elevato: Circa 57 solo nel 2021.
Molti di loro sono in attesa di una condanna definitiva e, dunque, fa riflettere che scelgano questa via di fuga estrema anche se il processo non è ancora terminato.
I detenuti hanno tassi di suicidio più elevati rispetto alla comunità, di circa 13 volte superiori rispetto alla popolazione libera. Sono individui che andrebbero maggiormente tutelati.
Per questo è importante la prevenzione attraverso percorsi di affiancamento e supporto psicologico in carcere, con personale qualificato che aiuti a scacciare i frequenti pensieri suicidi che un detenuto presenta. Sono migliaia ogni anno i casi sventati, ma non basta. Dalle condizioni di un sistema di detenzione e da come e con quanta umanità vengono trattati i carcerati si riconosce la civiltà di un paese.
Per tutta la comunità, così come per i detenuti evitare una morte prematura è possibile.
Ma un’efficace prevenzione del suicidio richiede che ognuno sia a conoscenza dei fattori di rischio e sappia come gestirli.
Riccardo Imperiosi, Giovane Avanti
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