NELLIE BLY: DONNA E GIORNALISTA DI CORAGGIO PER AMORE DELLA VERITÀ E DELLA GIUSTIZIA
31.05.2023
Sono ormai passati cento anni dalla morte di una delle più importanti icone del giornalismo investigativo e perché no, del femminismo stesso, Elizabeth Jane Cochran, meglio conosciuta con lo pseudonimo di Nellie Bly.
Nasce il 5 maggio del 1864, a Cochran’s mill, in Pensylvania, tredicesima di quindici figli, si ritrova prematuramente ad affrontare la morte del padre, la conseguente crisi economica familiare e il successivo matrimonio della madre con un uomo alcolizzato e violento.
A causa delle gravi difficoltà economiche familiari fu costretta ad abbandonare gli studi, trasferirsi a Pittsburgh e cercare un lavoro, aspirando alla professione di insegnante, tipico impiego riservato alle donne.
Nel 1880, all’età di vent’anni, accade qualcosa che cambierà per sempre la sua vita e segnerà l’inizio della sua brillante carriera. Coraggio, perseveranza e denuncia sono le parole chiave che racchiudono il senso della sua lotta contro le ingiustizie, della sua ricerca della verità, dei suoi tentativi di fare sentire a tutti i costi la voce di chi non aveva voce.
“WHAT GIRLS ARE GOOD FOR ?”
L’evento che diede inizio alla sua carriera da giornalista fu la lettura di un articolo del Pittsburgh Dispacht, intitolato “What girls are good for?” ovvero “A cosa servono davvero le ragazze?”.
Il contenuto e il messaggio del testo, che relegava le donne esclusivamente alla sfera domestica, ritenendole capaci solo di pulire, cucinare e badare ai bambini, colpì molto Elizabeth Jane Cochran, che decise di replicare inviando una lettera di critica al giornale nella quale esponeva in modo deciso e acceso le sue argomentazioni riguardo le donne che avevano il diritto di essere messe nelle condizioni di lavorare, senza subire discriminazioni, firmandola “Lonely Orphan Girl”.
Il suo modo di scrivere e le sue argomentazioni conquistarono il direttore del giornale, George Madden, che non solo le offrì un lavoro stabile in redazione come giornalista, ma le trovò anche uno pseudonimo da utilizzare per firmare gli articoli, ispirandosi al titolo di una famosa canzone dell’epoca, fu così che “nacque” Nellie Bly.
Nellie si appassiona fin da subito al giornalismo investigativo, interessandosi all’inizio alle condizioni di lavoro delle donne nelle fabbriche. Nel 1884 fu una delle poche giornaliste che ebbe l’opportunità di intervistare Belva Ann Lockwood, la prima donna candidata alle elezioni presidenziali negli Stati Uniti d’America.
La svolta: New York e il giornalismo investigativo
La svolta nella carriera e nella vita personale della poliedrica Nellie Bly avviene nel 1886, quando il direttore del Pittsburgh Dispatch, intimorito dal valore e dal coraggio della giovane giornalista, decide di assegnarle una rubrica di moda e giardinaggio. È proprio a questo punto che Nellie abbandona Pittsburgh per volare a New York, lasciando un biglietto al suo capo redattore con scritto “Vado a New York, sentirai parlare di me presto. Bly.”
Nellie aveva scommesso su se stessa, era una donna talmente forte che non aveva bisogno dell’appoggio di terze persone, era una donna destinata a lasciare il segno nella storia. A New York la sua tenacia e perseveranza la portarono alla redazione del New York Word diretto da Joseph Pulitzer che non solo l’assunse ma per quella testata giornalistica Nellie Bly decise un’impresa straordinaria, entrare in un manicomio sotto copertura per indagare e conoscere le condizioni delle donne ricoverate. L’inchiesta fu realizzata all’interno dell’ospedale psichiatrico di New York su Roosevelt Island.
Fingendosi mentalmente disturbata, Nellie riesce ad entrare nell’istituto e a restarci per dieci giorni, diventando testimone diretta delle atrocità e delle condizioni disumane in cui venivano tenute le pazienti ricoverate. Nei suoi articoli la giornalista descrive il manicomio come una trappola per topi, un luogo di violenze, soprusi e torture.
In particolare, nota che la maggior parte delle donne erano finite in manicomio perché emigrate, povere o internate con la forza dai familiari. Pertanto, alcune non avevano neanche bisogno di alcuni trattamenti che gli venivano riservati. Per tutte queste ragioni, l’inchiesta di Nellie Bly fece talmente tanto scalpore ai tempi da scatenare una sorta di “rivoluzione”: dopo la pubblicazione dei suoi articoli raggruppati nel libro Ten days in a Mad-House, lo stato di New York decise di avviare la riforma degli ospedali psichiatrici che fece diminuire di gran lunga le violenze e migliorò le condizioni di vita delle pazienti all’interno delle strutture.
Ormai la carriera della giovane attivista e giornalista aveva preso il volo, le venivano affidate sempre più inchieste. Un’altra importante indagine svolta fu quella all’interno delle carceri femminili: Nellie Bly si fece arrestare per vedere con i propri occhi in che condizioni vivevano le donne. Anche stavolta fu testimone dei soprusi subiti dalle detenute, si immedesimò nella loro condizione per trovare delle soluzioni.
Elizabeth è ormai inarrestabile: dopo le numerose inchieste realizza un’altra grande impresa, il giro del mondo in 72 giorni, prendendo ispirazione dal libro di Jules Verne, un vero e proprio record per l’epoca. Negli ultimi anni della sua vita lavorò come reporter durante la prima guerra mondiale, sul fronte austriaco, passando alla storia anche come prima giornalista inviata di guerra.
L’eredità di Nellie Bly
“Non ho mai scritto una parola che non provenisse dal mio cuore. E mai lo farò”. Nellie Bly nel 1922, qualche giorno prima di morire scrisse questa frase che racchiude il significato della sua carriera giornalistica che fu ricca e temeraria, vera e pungente. Ad oggi possiamo dire che servirebbero più persone come lei, più giornalisti e giornaliste che abbiano il coraggio di raccontare e svelare le storie più scomode, quelle nascoste sotto la sabbia, con ogni mezzo a disposizione.
Nellie Bly è da considerarsi una vera e propria attivista: ha fatto la storia provando a cambiarla in meglio. Se pensiamo che alla fine dell’800 è riuscita a far sentire la sua voce in una società completamente patriarcale e sessista, una società in cui le donne erano relegate ai margini della società, vivevano per mettere su famiglia, pulire la casa e accudire i figli.
Pian piano, battaglia dopo battaglia, è riuscita ad imporre le sue idee combattendo per migliorare la condizione femminile in ogni campo. Infatti, la giovane donna sfidò ogni convenzione, lottò in prima linea per i suoi diritti, promosse l’emancipazione femminile, diede voce alle minoranze, soprattutto durante il ricovero nell’ospedale psichiatrico e la detenzione nel carcere femminile: in pochissime parole iniziò a cambiare il mondo.
Sicuramente dal XIX secolo ad oggi sono mutate molte cose, tante altre donne hanno seguito le sue orme e hanno continuato a combattere per i nostri diritti. Allo stesso tempo c’è molto altro da fare e da cambiare, se pensiamo al gender pay gap oppure ai tanti luoghi di lavoro poco inclusivi e dove le donne fanno fatica ad emergere. Infatti, a distanza di cento anni dalla morte della giornalista, ci ritroviamo a riflettere su queste problematiche e a soffermarci, in questo caso specifico, al ruolo della donna in carriera, affinché non venga discriminata e messa in ombra.
Non cancelliamo la storia di Nellie Bly, ma riportiamola alla luce come un grande esempio per tutti!
Di Lucia D’Andrea e Valeria Nato, Officina Civile
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