Napoli: molto più di uno scudetto

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17.05.2023

Tutti noi, fin da bambini, siamo istintivamente portati a credere che ogni storia si concluda con un lieto fine. Purtroppo, crescendo ci scontriamo dolorosamente con la realtà e capiamo che il lieto fine è solo un punto in cui il narratore decide di interrompere il racconto.

La storia che sto per raccontare si interrompe il 5 maggio e ovviamente non può che concludersi in un momento di felicità. Il protagonista di questa storia è un tifoso del Napoli di nome Cesare che nell’aprile del 2022, quando il Napoli poteva ancora lottare per la vittoria del campionato, fu ospite telefonico di una trasmissione radiofonica condotta dal giornalista sportivo Carlo Alvino. Cesare con voce rotta, piena di tristezza disse testualmente: “Carlo, io muoio per il Napoli. Nel 2006 ho avuto un infarto, e in 16 anni sono andato 9 volte in sala operatoria, un anno fa ho avuto un arresto cardiaco di 90 secondi, fortunatamente il defibrillatore è ripartito. Ti chiedo una cortesia: se possibile fai sentire la mia telefonata a De Laurentis o a qualcuno del Napoli. Non me ne posso andare senza vedere l’ultimo scudetto del Napoli, di tempo non ce ne ho. Ti ringrazio e tanti auguri a tutti i tifosi napoletani.”

Al termine della telefonata il conduttore Carlo Alvino era senza parole, per cui anticipò la pubblicità. Nei giorni successivi le frasi del tifoso divennero virali grazie ai social e giunsero ad alcuni calciatori che promisero a Cesare che avrebbero fatto di tutto per regalargli questa gioia. Sfortunatamente alcune inesperienze della squadra e prestazioni sottotono tagliarono fuori il Napoli dalla corsa scudetto già poche settimane dopo.

Il sogno di Cesare

Il sogno di Cesare sembrava compromesso per sempre quando nei mesi seguenti all’apertura del calciomercato i pilastri della squadra, i giocatori che tutti credevano che concludessero la loro carriera in maglia azzurra, sono andati via: Insigne, Kulibaly e Mertens. Era la conclusione definitiva di un ciclo, un ciclo che nel 2018 aveva visto gli azzurri vicinissimi allo scudetto, ma poi finiti al secondo posto con 91 punti, segnando il record di punti del Napoli e il record di punti di un secondo piazzamento. A sostituire i giocatori partenti sono stati degli sconosciuti che suscitavano forti incertezze nei tifosi e nei cronisti, tanto che si parlava di un notevole ridimensionamento delle ambizioni del club. Lo sconforto dei tifosi nel vedere le scelte di calciomercato era tanto grande che alcuni, ricordando l’appello di Cesare, iniziarono a scrivere sui social frasi del tipo “povero Cesare non vedrà mai il Napoli vincere” o “Mi dispiace devi rassegnarti”.

Invece, già dall’inizio del campionato quei giovani calciatori sconosciuti hanno iniziato a vincere, a imporre gioco, a dominare il campo. I tifosi napoletani hanno cominciato ad esaltarsi contrariamente ai giornalisti che prevedevano un calo delle prestazioni alla ripresa del campionato dopo la pausa mondiale avvenuta da fine novembre a inizio gennaio. Alla ripresa il calo non c’è stato e dopo la partita al Maradona vinta per 5 a 1 contro la Juventus, il sogno di Cesare ha iniziato ad essere qualcosa di più che un’ennesima illusione. Così è stato, e la marcia del Napoli è continuata fino alla sera del 4 maggio quando con 5 giornate d’anticipo la squadra è diventata matematicamente campione d’Italia.

Il miracolo di Maradona

La mattina del 5 maggio Carlo Alvino nella sua trasmissione ha telefonato a Cesare che ha risposto cantando e ha manifestato tutta la sua felicità nell’essere riuscito a vedere il suo sogno realizzarsi. Una favola moderna.

Rimanendo sempre in tema di favole, una suggestione che in questi giorni circola a Napoli è il così detto “miracolo di Maradona” che si basa sul fatto che nel 1986 l’Argentina vinse il mondiale e il Napoli il successivo campionato di serie A del 1987. Stessa cosa accaduta ora: nel 2022 l’Argentina è campione del mondo, nel 2023 il Napoli vince il campionato. Come se non bastasse anche le altre due squadre dove giocò Maradona, il Boca Juniors e il Barcellona, hanno vinto i loro rispettivi campionati.

Un racconto cosi fantasioso in qualsiasi altra parte del mondo sarebbe considerato una sciocchezza, un sintomo di immaturità, forse di follia. Non a Napoli, unica città ad avere una schiera di santi laici, resi tali da una sorta di santificazione popolare come omaggio per aver esportato e fatto conoscere al mondo tutti quei valori che fanno parte della napoletanità. Maradona, Eduardo De Filippo, Totò, Massimo Troisi, Pino Daniele sono omaggiati, venerati, ricordati e invocati come si fa con i santi. Girando per i vicoli del centro non è difficile scorgere altarini dedicati oltre che ai santi cristiani anche a questi “santi laici” e così sempre più muri hanno immagini di Maradona con l’aureola o fotografie di Totò e Eduardo.

Al triplice fischio della partita Udinese Napoli, allo stadio Maradona, dove erano allestiti dei maxischermi per i 60mila tifosi presenti, lo speaker dello stadio, Decibel Bellini urlando ha invitato tutti ad abbracciarsi e a rivolgere un pensiero a chi avrebbe voluto vivere quel momento, ma lo stava vedendo dall’alto. Terminate le parole dello speaker, per lo stadio hanno iniziato a diffondersi le note di “Napule è” di Pino Daniele, immediatamente si sono interrotte le urla, le trombette hanno cessato il loro baccano, spenti i fumogeni e i fuochi d’artificio. All’unisono tutti i tifosi, quelli dentro e quelli fuori allo stadio, ondeggiando i cellulari con le torce accese, hanno iniziato a cantare, creando un momento di profonda emozione, come se fosse un inno sacro, una manifestazione di un sentimento quasi religioso. Finita la canzone sono ripresi i festeggiamenti in modo ancora più rumoroso di prima.

Scudetto del Napoli, sacro e profano

A Napoli sacro e profano si intrecciano, si perdono uno nell’altro, la scaramanzia sfocia nella religione e la religione attinge ritualità dalla scaramanzia, ci si rivolge ai santi e ai defunti con confidenzialità, con rabbia, con speranza, con gratitudine, promettendo ricompense in cambio di grazie, proprio come se fossero ancora vivi. C’è la convinzione che la morte non sia una vera fine ma un cambiamento, che non estrani dalla vita quotidiana e dalle dinamiche umane.

Questa è soltanto una delle mille peculiarità di Napoli, caratteristiche che suscitano nei confronti dei partenopei sentimenti di stima, simpatia e affetto da parte di moltissime persone di tutto il mondo. In questi giorni di festa per lo scudetto, in tantissime città straniere ci sono stati festeggiamenti in strada non solo da parte degli immigrati napoletani ma anche degli abitanti del posto, a Londra, Madrid, Barcellona, New York, Melbourne, Buenos Aires le strade si sono colorate di azzurro. Moltissime celebrità di calibro mondiale hanno manifestato simpatia verso Napoli e espresso contentezza per la vittoria dello scudetto: la modella Emily Ratajkowski ha pubblicato un selfie con la maglia del Napoli, i piloti di formula 1 Vettel e Rosberg hanno pubblicato post sui social in cui si auguravano la vittoria del Napoli, il Dj di fama mondiale Bob Sinclair prima di un djset, a un tifoso milanista che gli ha gridato “Pioli is on fire” (Pioli è l’allenatore del Milan) ha risposto “Napoli is on fire” e nella serata ha fatto partire due cori del Napoli esibendo una maglietta con il ritratto di Maradona.

Gli insulti sui Social

Triste, però, è riscontrare come questa stima e simpatia non siano sentite anche in Italia, infatti i cori razzisti, gli insulti sui social ai napoletani testimoniano ancora un profondo disprezzo verso i meridionali. Questi sentimenti di ostilità e in certi casi di odio si sono manifestati in modo più chiaro in questi giorni in cui Napoli gioisce per un suo meritato successo. Vergognoso è quanto accaduto a Udine subito dopo la partita, quando un gruppo ultras dell’Udinese ha aggredito con cinghia e bastoni, all’interno dello stadio, alcuni pacifici tifosi napoletani che festeggiavano lo scudetto, mandandone diversi all’ospedale con fratture e traumi. Un gesto inutile che ha solo sottolineato l’odio verso i napoletani e la codardia di chi ha aggredito ragazzini e padri di famiglia.

La risposta a insulti e violenze da parte dei napoletani è stata una risposta ricca di cultura e attaccamento alla propria terra, infatti nella partita successiva, quella con la Fiorentina è stato esposto lo scudetto del tricolore capovolto, come nel medioevo gli eserciti vincitori facevano con gli stemmi degli sconfitti. Sotto allo scudetto tricolore capovolto compariva uno striscione recante la scritta “campioni in Italia” come a voler indicare l’estraneità da quella parte di italiani che discrimina e offende il meridione, in virtù di una presunta superiorità.

Al contrario delle continue accuse di ignoranza, Napoli è pregna di cultura e tradizioni millenarie, di cui tutti noi napoletani siamo fieri e certi di tramandarle alle future generazioni. Allo stesso tempo Napoli, pur proteggendo la sua identità è una città accogliente, multiculturale, sempre pronta ad aiutare chi ha bisogno, in cui fenomeni di razzismo e discriminazioni sono rari.

Una favola di riscatto

Ho iniziato scrivendo di favole perché forse tutta la vicenda che ha portato il Napoli allo scudetto è una bella favola, una di quelle che racconta di riscatto, di rinascita, di merito per l’impegno e il lavoro, di una squadra che è ripartita dal basso dopo il fallimento del 2004, che ha vissuto anni bui ripartendo dalla serie C, che da sfavorita è sempre riuscita a mostrare un bel gioco, come quando nel 2012 in Champions vinse 3 a 1 sul Chelsea, squadra che poi lo stesso anno si aggiudicò la massima competizione europea. È una favola che racconta la delusione di un Napoli che nonostante i meriti non riusciva a raccogliere i successi che spettavano, eppure non si è scoraggiato, non ha mollato e caparbiamente, con intelligenza ha continuato a lottare, racconta di gratitudine per chi negli anni ha contribuito a rendere la squadra grande: la sera dello scudetto oltre agli espliciti riconoscimenti da parte del presidente per quei giocatori che non giocano più a Napoli ma che hanno fatto la storia recente del club, si vedevano sfilare per le strade in festa moltissimi tifosi che indossavano maglie di Calaiò, Lavezzi, Hamsik, Cavani, Callejon e altri giocatori che hanno mostrato un forte attaccamento alla maglia e alla città.

Questa storia si interromperà il 4 giugno 2023, giorno in cui ci saranno i festeggiamenti ufficiali, ma come si sa ogni lieto fine segna l’inizio di una nuova storia, e mi auguro che sia una storia ancora più bella per il Napoli e per Napoli.

Francesco Lamonea, Officina civile

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