L’educazione finanziaria in Italia

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28.10.2022

In un mondo sempre più globalizzato, connesso e veloce, il mercato sta entrando sempre più nelle nostre vite: le possibilità di investimento – nel bene e nel male – si sono moltiplicate esponenzialmente e l’incertezza perenne richiede un certo livello di previdenza nelle scelte legate al risparmio e consumo. Avere un buon livello di alfabetizzazione finanziaria è sempre più fondamentale per un Paese sviluppato.

Perchè è importante?

Avere buone competenze finanziarie può aiutare in diversi aspetti della vita. Ad esempio, avere una buona pianificazione finanziaria è importante per ripararsi da imprevisti e dalle crescenti difficoltà del sistema pensionistico. Anche la consapevolezza e la coscienza nel prendere decisioni sono importanti: sono frequenti i casi in cui si incorre in truffe, schemi piramidali o più semplicemente prodotti non adatti o con maggiorazioni di prezzo. Senza contare tutte le mancate opportunità: senza le competenze è impossibile accorgersi di quando sia conveniente utilizzare gli strumenti offerti dal mercato.

L’alfabetizzazione finanziaria

Per alfabetizzazione finanziaria si intende un insieme di conoscenze e cognizioni di concetti e rischi di carattere finanziario che consentono di prendere decisioni efficaci in molteplici e diversi contesti. In Italia, nonostante questa sia presente in molte linee guida ministeriali, il livello è molto scarso: il Rapporto OCSE del 2020 posiziona il nostro Paese all’ultimo posto su 26, cioè al livello dei BRICS (paesi in via di sviluppo). Il punteggio italiano è 11,1 su 21, sotto alla media di 12,7. Tra le fasce d’età quella più avvantaggiata è 30-59 anni, mentre i giovani scontano l’assenza di educazione finanziaria e gli anziani la scarsa alfabetizzazione digitale.

Ma concentriamoci sui giovani: secondo recenti studi un quindicenne su cinque non sa nulla di finanza e solo uno su tre dichiara di apprezzare l’economia. Per migliorare la situazione è necessario investire molto sull’educazione finanziaria.

L’economia nelle scuole

L’anno scorso il Ministero dell’Istruzione e la Banca d’Italia hanno sottoscritto un nuovo Protocollo d’intesa “per il potenziamento dell’educazione finanziaria e la promozione della cittadinanza sociale nelle istituzioni scolastiche, al fine di rafforzare le competenze dei giovani, il loro orientamento formativo e la loro futura occupabilità”.

Il Protocollo introduce parzialmente l’educazione finanziaria nelle scuole, ma solo nei PCTO (Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento), i quali ancora non hanno trovato la centralità giusta nel curriculum scolastico dello studente.

La speranza è che questa accelerata smuova una situazione che è ferma da anni: mentre gli altri Paesi in Europa progrediscono, i numeri italiani sono fermi in tutte le rilevazioni dal 2012. In Portogallo, ad esempio, più avanti nella classifica OCSE rispetto all’Italia, viene insegnata direttamente nelle scuole – al contrario dei PCTO – così come in Lettonia.

Introdurre l’insegnamento dell’economia, dalle basi fino alle questioni più complesse, nelle scuole appare allora una necessità improrogabile, un mezzo senza il quale – visto anche l’invecchiamento continuo del Paese – l’Italia non avrà un futuro solido.

Riccardo Imperiosi, Giovane Avanti

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