Le Dure Radici del Razzismo – Giovani e Cultura

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17.12.2022

Siamo alle porte del 2023, la cosiddetta “modernità” avanza, progredisce rapida una visione mondiale della società, dell’economia, del consumo; il globo, ormai completamente esplorato, è ora interconnesso tramite la straordinaria forza del Web. È un mondo che sembra essere sempre più piccolo, in cui tutto appare a portata di mano e in cui parlare con qualcuno in un altro emisfero è la normalità. È un mondo globale, è il più illustre figlio della Terza Rivoluzione Industriale e della Rivoluzione Informatica: è la globalizzazione. La si credeva finita, si pensava ad un nuovo periodo fatto di populismi nazionalisti, eppure anche i più radicali di loro si sono piegati al mercato una volta giunti al potere. Ora, nel sentire questa descrizione, si potrebbe pensare che in realtà tutto ciò abbia aumentato la capacità di interfacciarsi con altre realtà, creando multiculturalismo, ma questa affermazione è vera solo in parte. Tuttavia, prima di cominciare a parlare di come questo si riversi sui giovani, è necessario che si faccia un po’ di chiarezza su come sia nato il razzismo.

Il contrasto tra culture diverse si può ritrovare fin dall’Antichità, esempio ne possono essere le Guerre Persiane, la repressione romana contro le Rivolte Ebraiche e la persecuzione nei confronti dei cristiani nel mondo romano imperiale. Certamente non si può pensare che questi eventi siano avvenuti senza che intorno non vi fosse un contesto economico complesso, di cui la differenza culturale risultava solamente come una grande facciata e come casus belli. Se, infatti, non si calcolano le continue persecuzioni antisemite contro gli Ebrei, prima compiute dai pagani perché popolo monoteista, poi dai cristiani, perché considerati deicidi, allora il razzismo non è altro che un problema particolarmente moderno.

Bisogna, infatti, ragionare sul modo in cui il pensiero razzista si crei tutt’ora all’interno della mente umana e, probabilmente, andrebbe principalmente ricercata all’interno di un fallace senso di superiorità della persona che formula il pensiero: sentirsi superiori implica, infatti, la presenza necessaria di qualcuno che stia, o debba stare, al di sotto. Se questo pensiero lo automatizza, lo si insegna nelle scuole quando si parla della propria Patria e degli altri paesi, allora il passo è molto breve. Nel caso in cui, ad esempio, si creda che l’Italia sia, senza ombra di dubbio, superiore all’Etiopia, sarà allora molto semplice credere che l’italiano sia superiore all’etiope. Il nazionalismo è, dunque, il vero fulcro di tutto questo meccanismo. Questi ragionamenti, mescolati poi a una libera interpretazione di Darwin, non hanno fatto altro che giustificare l’abuso dell’uomo bianco verso tutte le altre etnie e culture, principalmente in chiave economica. Schiavi africani per raccogliere cotone a basso costo e civiltà sterminate alla ricerca di guadagni sono solo una conseguenza di questo senso di superiorità.

Ora, tornando all’incipit, possiamo con certezza affermare che il nazionalismo, germe del razzismo, e la globalizzazione, simbolo di “modernità”, siano agli antipodi. Questo è certamente vero, eppure possiedono una caratteristica comune: il senso di superiorità. Se il primo lo giustifica con una chiarezza cristallina, attribuendolo ad un’idea deviata di nazione, la seconda è più subdola, perché con la scusa di modernizzare e di interconnettere, pone i paesi più deboli in uno stato di sudditanza, dominando grazie al libero mercato, ed ecco che allora lo stato più debole non è più degno di alcun rispetto e allo stesso modo i suoi cittadini.

Ma tutto ciò come si ricollega al tema giovanile? Certo, tutte queste parole scritte nei paragrafi precedenti possono essere una delle tante spiegazioni del fenomeno, ma cosa hanno a che fare i giovani con tutto questo? Proprio su di loro grava il più grande macigno. Il mondo si potrebbe, infatti, dividere tra modernisti e nazional-conservatori, il che lascia in mano l’educazione a due visioni intrinsecamente razziste. Ecco, dunque, quello che dovrebbe essere il ruolo dei giovani: spezzare questo dualismo, puntando a riformare la propria educazione in modo da non essere catturati da questi due sistemi fin dalla tenera età.

È chiaro che, al momento, si sia ancora nettamente lontani da un’idea del genere. I fatti accaduti in questi giorni in varie parti d’Europa nei confronti dei supporters marocchini ne sono un grave esempio. Il calcio ci insegna molto della nostra società. Il non poter festeggiare la vittoria della propria nazionale in un altro paese è forse l’apice del nazionalismo e del razzismo. Eppure, tra quei fascisti che a Verona hanno preso a cinghiate dei tifosi marocchini che festeggiavano ci sarà stato qualche giovane. Questo è il fallimento dell’istruzione moderna. Allora per quanto i giovani ad oggi siano sicuramente più attenti al tema del razzismo rispetto alle vecchie generazioni, questo non basta. Una seria riforma dell’istruzione è la base di una riforma della società, in modo da estirpare errori fatti in passato.

Tutto ciò non può che passare per i giovani, i primi ad usufruire dell’educazione data dalla scuola e futuri cittadini e educatori. La conoscenza è la migliore arma contro il racconto del semplicistico del razzismo.

Samuele Cesanelli, Testate Sul Banco

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