Addio mia cara Italia
01.08.2024
L’Italia è un Paese che ha enormi potenzialità, ma ormai da decenni vengono compiute scelte politiche errate che non guardano alle nuove generazioni. Il mondo del lavoro per i giovani è una giungla di contratti e contrattini, quando va bene.
Ancora ci si stupisce se i giovani ‘si lamentano’, se lasciano – sicuramente a malincuore – il Paese nel quale vive la famiglia e dove hanno legami di amicizia. Lo fanno, purtroppo, per puro ‘istinto di sopravvivenza’; per cercare di costruire un futuro, per un lavoro che in altri Stati europei è ben retribuito a differenza dell’Italia. Sono cittadini che hanno studiato nel nostro Paese, si sono formati nelle nostre università, su cui si è investito tanto e non basta certo un solo decreto per trattenerli, visto che un laureato in Italia ha una retribuzione inferiore del 50% rispetto ad un coetaneo o ad un collega che invece vive all’estero.
Il recente rapporto Almalaurea ha messo sotto la lente di ingrandimento gli indicatori occupazionali, registrando una riduzione del tasso di occupazione tra i neolaureati nel 2023. Il tasso di occupazione è pari al 74,1% tra laureati di primo livello e 75,7% tra laureati di secondo livello con un rispettivo calo del -1,3% e -1,4% sui dati del 2022.
Ciò che però deve far riflettere, e che emerge dal rapporto AlmaLaurea, è relativo al livello delle retribuzioni, che è ben lontano dalla media europea. L’Italia, infatti, resta sempre il fanalino di coda con i salari più bassi in Europa. Un livello mai minimamente paragonabile a quello della Francia o della Germania senza contare l’effetto negativo dell’inflazione, che continua a diminuire così il potere d’acquisto dei cittadini. L’Italia ha smesso di crescere da decenni. In tutti questi anni abbiamo continuato solo a ‘galleggiare’.
Dopo il boom economico post-guerra, negli anni ’90 qualcosa è “rotto”, perché il pil pro capite nel corso degli ultimi 20-25 anni è rimasto sostanzialmente lo stesso, subendo anche flessioni in negative. Queste riduzioni fanno anche il paio con la diminuzione delle garanzie nel mondo del lavoro a causa dell’introduzione di quella miriade di contratti che hanno rappresentato la fiera della instabilità, andando ad ingolfare un mercato del lavoro che sta arrancando senza consentire alle nuove generazioni di poter entrare nel mondo del lavoro e di avere tutele e garanzie.
Il nostro è un Paese in cui non si investe, dove non si programma il futuro, ma che si arrende, decidendo di non guardare avanti. L’Italia è poco attrattiva verso i giovani, non cerca di responsabilizzarli a differenza di quanto accade negli altri Paesi membri dell’Unione, che ottengono retribuzioni adeguate al ruolo che ricoprono, anche riuscendo a raggiungere livelli apicali fin dalla giovane età.
Nel frattempo, le comunità di italiani all’estero continuano a crescere, sfiorando, nel 2023, i 6 milioni, con quasi il 45% di partenze per espatrio. In particolare, ad andar via sono giovani tra i 18 e 34 anni. Numeri che hanno visto un incremento del 2% nell’ultimo periodo.
Ancora una volta siamo costretti a rilevare come il nostro Paese sia diviso in due e non si tratta solo dell’ormai cronico divario tra Nord e Sud.
Mercato del lavoro e certezza economica, servizi di welfare vanno di pari passo anche con il concetto di crescita di natalità, e purtroppo non dobbiamo stupirci se l’Italia sta vivendo, da anni, un pericoloso inverno demografico, con prospettive per il futuro non certo rassicuranti.
Giulia Cavallari
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