Lavoro e tempo libero: il giusto equilibrio

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21.06.2023

“Tu lavorerai con il sudore della fronte…”, nel Libro della Genesi con questa punizione Dio ha cacciato Adamo ed Eva dal paradiso terrestre. Fino a pochi decenni fa il lavoro ha effettivamente rappresentato una condanna per la maggior parte della popolazione mondiale.

Infatti, per molti secoli una gran parte di lavoratori è stata vista unicamente come unità produttiva. Dall’inizio dello scorso secolo si è iniziato a comprendere la complessità dell’essere umano, con le sue passioni, con i suoi sentimenti, e si è diffusa sempre più l’idea di come la vita non debba essere subordinata al lavoro ma anzi è il lavoro a dover essere funzionale alla vita. Da qui l’esigenza di regolare il tempo di lavoro e quello di riposo.

Negli ultimi anni si è assistito a un fenomeno molto singolare: il numero di lavoratori che si licenziano è in costante crescita e questo dato è schizzato soprattutto nei mesi successivi ai lockdown dovuti alla pandemia.

Sempre più persone non si ritrovano nei ritmi frenetici che la società impone, ritenendo il modello sociale nel quale viviamo non più sostenibile e credono anche di meritare di più, tant’è che nelle nuove generazioni c’è una propensione maggiore al rischio di investire su sé stessi sia per la formazione che come piccoli imprenditori, complici il miraggio di lanciare in breve tempo start up vincenti e la necessità di sganciare il binomio tempo-guadagno per essere padroni del proprio tempo, unico vero bene limitato e non risarcibile.

Ma sappiamo com’è articolato il lavoro? 

A quanti capita di confondere i giorni di riposo, le festività soppresse e quelli di ferie?

L’art. 1 della Costituzione pone come valore fondamentale e identificativo dello Stato il lavoro. Nel 1947, anno in cui fu promulgata la Costituzione, il lavoro era inteso come quel diritto-dovere necessario per essere considerati appieno cittadini della nascente Repubblica Italiana.

Attualmente l’interpretazione che si preferisce per il concetto di lavoro previsto dall’art.1 Cost. è quello di un lavoro dignitoso, sicuro e rispettoso del fisico e della psiche dei lavoratori, in conformità anche all’art.32 Cost., perciò regolato e tutelato dal diritto del lavoro che pone una particolare attenzione sul ruolo del lavoratore, sui suoi diritti e doveri.

Negli anni la disciplina dell’orario di lavoro è stata modificata molte volte, attualmente si definisce orario di lavoro come quel tempo nel quale il dipendente è a disposizione del datore di lavoro ed esercita l’attività lavorativa o la sua funzione. Tutto il tempo non compreso in quello di lavoro è considerato di riposo.

La legge Treu e il limite dell’orario di lavoro

Nell’evoluzione della disciplina dell’orario di lavoro, importante è stata la legge 196/1997 detta legge Treu, che ha sostituito una normativa risalente al 1923, famosa per aver introdotto il limite delle 8 ore lavorative al giorno. La legge Treu, recependo le esigenze di molte parti sociali, ha anche ridotto il tempo lavorativo settimanale portandolo da 48 ore a 40.

Inoltre, ha incentivato un ulteriore abbassamento del tempo lavorativo settimanale, dando il compito al Ministero del Lavoro di prevedere sgravi contributivi a favore dei datori di lavoro che stipulavano contratti di lavoro che prevedevano un orario ancora inferiore rispetto alle 40 ore settimanali. Altra innovazione della legge Treu è stato il riconoscimento ai contratti collettivi di derogare alla normativa e stabilire orari di lavoro ancora più ridotti.

I contratti collettivi sono appunto un tipo di contratto stipulato tra le organizzazioni rappresentanti dei lavoratori e le rappresentanze dei datori di lavoro, questi contratti vengono applicati a tutti i lavoratori anche a quelli non iscritti ai sindacati e non possono essere derogati prevedendo condizioni peggiorative per i lavoratori.

Successivamente il Decreto legislativo n. 66/2003, con il quale il legislatore ha recepito le direttive comunitarie 93/104/CE e 200/34/CE, abrogando tutte le disposizioni precedenti, ha introdotto una normativa applicabile sia ai settori privati che pubblici, molto significativa in ambito di pause, riposo giornaliero, riposo settimanale e ferie annuali.

Riguardo alle pause, è previsto che, se l’orario di lavoro giornaliero è superiore alle 6 ore, il lavoratore ha diritto a una pausa per recuperare le energie psico-fisiche e per consumare il pasto, queste pause non sono retribuite, né possono essere considerate come tempo di lavoro.

Per il riposo giornaliero è stabilito che il lavoratore ha diritto a 11 ore di riposo continuative ogni 24 ore di lavoro; per il riposo settimanale è previsto, ogni 7 giorni, un riposo di almeno 24 ore consecutive che si aggiungono alle 11 ore di riposo giornaliere.

Il Decreto legislativo n. 66/2003 prevede che il lavoratore ha diritto a un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a 4 settimane all’anno, e in caso di mancato godimento, non possono essere sostituite con la relativa indennità per ferie non godute, se non al momento della risoluzione del rapporto di lavoro. Si precisa inoltre che in conformità all’art.36 Cost. i diritti al riposo settimanale e alle ferie sono diritti irrinunciabili per il lavoratore.

Altre innovazioni introdotte dal Decreto legislativo n. 66/2003 riguardano lo svolgimento dell’attività lavorativa di domenica, questa va pagata oltre che con la normale retribuzione, anche con un’indennità sufficiente a compensare il sacrificio di lavorare in una giornata normalmente dedicata al riposo e allo svago.

Stabilisce, inoltre, un equo compenso per la reperibilità prestata nelle giornate festive, dato che questa non consente al lavoratore di godere pienamente del suo giorno di riposo.

Lavoro notturno e lavoro straordinario

Anche il lavoro notturno è regolato dal Decreto legislativo n. 66/2003, che lo definisce come quello svolto per sette ore consecutive di cui la maggior parte nell’intervallo tra la mezzanotte e le 5 del mattino. Per i lavoratori notturni è imposto l’accertamento medico periodico per verificare l’idoneità allo svolgimento delle attività lavorative di notte, la retribuzione è maggiorata in base a quanto previsto dal contratto collettivo.

Infine, è disciplinato il lavoro straordinario, cioè quello eccedente il normale orario di lavoro di 40 ore settimanali. Gli straordinari sono ammessi nel limite delle 48 ore lavorative a settimana, e anche per queste ore di lavoro è prevista una retribuzione maggiorata stabilita dal contratto collettivo.

Il mancato rispetto degli orari di riposo è punito con sanzioni amministrative, mentre l’inosservanza delle norme sul lavoro notturno in casi gravi comporta sanzioni penali.

Un lavoratore riposato è un lavoratore produttivo

La tematica del tempo del lavoro è al centro di importanti discussioni politiche, sempre più studiosi riconoscono come un lavoratore riposato, non stressato, con maggior tempo libero, sia un lavoratore più produttivo.

Sempre più studi e ricerche dimostrano come sia necessario avere dei tempi in cui si possa staccare completamente il pensiero dall’ambito lavorativo e dare sfogo alle proprie passioni, ad attività differenti, dedicandosi al relax e alla cura del corpo.

Sfortunatamente i ritmi di lavoro odierni rendono ciò molto difficile e secondo dati statistici sono molto rari i momenti in cui un lavoratore riesce a distaccarsi pienamente da impegni, obblighi, pensieri, preoccupazioni e dinamiche legate al proprio lavoro.

Tutto questo rappresenta per il lavoratore un sovraccarico che inevitabilmente si ripercuote sulla salute: negli ultimi anni si è registrato un notevole aumento di patologie psicofisiche dovute al lavoro, l’uso di ansiolitici è sempre più frequente e la maggior parte dei lavoratori almeno una volta nella propria carriera ha sofferto di burnout.

In Giappone addirittura è stato coniato il termine “Karoshi” per indicare la morte da troppo lavoro, e si stima che quasi 400 persone l’anno muoiano per tale causa.

Tristemente conosciuto è il caso di Miwa Sado reporter trentunenne della televisione pubblica giapponese che nel 2013 è morta di infarto dopo 159 ore di straordinario in un solo mese.

La crescita dei consumi legati allo svago

Altri dati significativi, che fanno riflettere sulle condizioni psichiche delle persone, riguardano i consumi, che mostrano una crescita esponenziale nel settore terziario legato allo svago, al tempo libero e alla creatività.

Soprattutto il turismo è aumentato negli ultimi due anni come mai nella storia e da un punto di vista psicologico è indice del desiderio di evadere e di allontanarsi il più possibile dalla propria quotidianità.

In molti paesi come Inghilterra, Germania, Spagna e Svezia è stata adottata la settimana lavorativa ridotta a 4 giorni di lavoro con uguale stipendio, riscontrando una notevole riduzione della sindrome di burnout sofferta dai lavoratori, e non si sono ravvisati cali di produzione, ma anzi si notano risparmi in termini di costi per il mantenimento dei luoghi di lavoro.

In Italia i sindacati stanno proponendo con forza l’introduzione della settimana corta sia nel privato che nel pubblico, le motivazioni alla base di tali richieste sono principalmente legate al cambiamento del lavoro, allo stile di vita e soprattutto al ruolo della retribuzione che secondo la Cassazione non ha solo una funzione remunerativa ma anche uno scopo sociale di sostentamento individuale.

Preso atto che il modello lavorativo attuale sia andato oltre la sostenibilità individuale, si auspicano e si ipotizzano canoni e forme di lavoro più vicine alla complessa e delicata natura umana.

Francesco Lamonea, Officina Civile

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