Immigrazione e Integrazione – Come sta il Bel Paese?

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20.06.2022

Si è giunti alla metà del 2022. Dopo tre anni di pandemia e quattro mesi di guerra si è tornati a sentire gli slogan da campagna elettorale. Tra discussioni sul lavoro, con sicurezza e salario minimo, le riforme necessarie richieste dall’Unione Europea e l’ultimo referendum sulla giustizia, i temi sono molti e uno scalda ancora molti animi: il tema dell’immigrazione.

Dopo una pausa di ormai tre o quattro anni si sono ricominciati a sentire certi argomenti, cavalli di battaglia di quella Lega capace di prendere il 34% alle elezioni europee del 2019. La politica del pugno duro sugli sbarchi sembra essere tornata in auge, è ancora uno di quei temi caldi e che ancora possiedono un grande appeal su buona parte dell’elettorato italiano. Eppure al momento l’attenzione mediatica non pare essere troppo puntata su questo tipo di argomenti, ma le prime avvisaglie cominciano a vedersi, soprattutto in canali mediatici tendenzialmente spostate verso una certa area politica.

L’invasione esiste?

Sarebbe, però, interessante comprendere, attraverso i numeri, e non i discorsi di propaganda, se realmente gli sbarchi siano un problema così fondamentale nella vita pubblica italiana. Al momento, dopo la pausa data dalla pandemia, i dati sono nuovamente in crescita, ma di certo non in modo preoccupante. Come sembra chiarire il cruscotto giornaliero del Ministero dell’Interno i dati sono nettamente in crescita rispetto a quelli del passato biennio 2020-2021. Deve essere, però, chiaro che l’influsso delle chiusure in tutto il mondo, dovute al Covid-19, sia stato essenziale. Il 2022 è stato ed è tutt’ora celebrato come il grande anno delle riaperture. Se, tuttavia, riaprono locali, ristoranti, rotte di viaggio e tutto quello che ha come fine il divertimento delle classi benestanti, non si capisce come non ci si potesse aspettare un riapertura anche di quelle tratte che a volte sono strade percorse da poveracci che con sé portano pochi stracci e la sola speranza di ricostruire una vita serena. A volte ce la fanno, pagando prezzi inimmaginabili, molte volte affogano nel nostro mare portandosi sul fondo le proprie speranze e i propri sogni. Ora tutto questo potrebbe sembrare retorico e melenso, ma su queste cose bisognerebbe fare i conti e non solamente sui freddi numeri.

Per di più questi ultimi parlano molto chiaramente, anche grazie alle fonti fornite dalla UNHCR. A maggio hanno tentato la via del mare, riuscendoci, ben 12 mila persone in tutto il Mediterraneo, dato alto rispetto ai 3 mila di due anni fa o agli 8 mila dell’anno passato. Quando, però, veramente il sistema italiano ed europeo di accoglienza rischiò il collasso fu per dati che si aggiravano attorno alle 221 mila persone in tutto il Mediterraneo nel solo mese di Ottobre. Era il 2015. L’onda lenta del dissenso cominciò allora purtroppo a galoppare, inesorabile. A surfarci a perfezione, almeno fino a due anni fa, ci fu il Segretario della Lega, Matteo Salvini. Campione nel dibattito acceso in televisione egli, che di lì a breve sarebbe stato soprannominato “il Capitano”, seppe convogliare il timore di una buona parte dell’elettorato italiano dentro ad un continuo e sfrenato attacco verso le minoranze. È sempre giusto ricordare che nel 2018, con area di campagna elettorale sempre più sotto al naso, il futuro Ministro dell’Interno si permise di parlare di “razza bianca”. Un anacronismo che sicuramente contestualizza l’avanzata e futuristica idea espressa da Salvini, insomma uno scivolone che ormai nessuno ricorda, ma che può dare l’idea di chi realmente sia il Segretario leghista rispetto a questi argomenti.

Integrazione: il punto più importante

Se quindi l’immigrazione in sé non risulta essere ancora un problema nei dati e nei fatti veri e propri, bisognerebbe invece cominciare a porsi delle domande rispetto all’integrazione di coloro che in Italia sono riusciti ad arrivare e sono stati accolti. Scabroso è risultato il teatrino tenuto in piedi su Rete4 da Del Debbio con il suo “Dritto e Rovescio”. In breve uno streamer di origini marocchine si è fatto inseguire dalla polizia municipale con il solo intento di aumentare i propri spettatori a cui in quel momento stava trasmettendo. Il fatto è certamente grave e il ragazzo è stato punito con la pena dell’obbligo giornaliero di firma per 4 anni. Insomma, finalmente, la giustizia aveva fatto il suo corso. Tutto questo fino al suo invito a partecipare alla trasmissione. Personalmente invito a recuperare gli spezzoni incriminati, in quanto le frasi pronunciate da politici come Ravetto, esponente della Lega, e giornalisti Borgonovo, di “La Verità”, sono un pugno in pancia alla reputazione di un paese libero e democratico. Questa tragicommedia tocca tendenzialmente una forchetta che va dal 6 al 9% di share televisivo italiano. Bisogna in questo modo domandarsi come si possa pensare ad un’integrazione reale e culturale quando in diretta nazionale e in fascia protetta ci si permette di diffondere certe parole ed idee. Oltre, però, a questo problema, che è di natura maggiormente culturale, esiste in Italia un problema maggiormente sociale ed economico, per quanto riguarda la politica di integrazione dei migranti. L’ISPI rivela, infatti, che in Italia non è semplice integrarsi per coloro che sono classificati come “rifugiati”. Uno degli strumenti più utili per una buona integrazione è quello che si può chiamare “economico”. Se si trova, appena arrivato in paese nuovo, subito un lavoro è chiaro che la persona si sentirà più attaccata al paese di arrivo. Ciò che invece capita in Italia è il fatto di dover essere un paese di transito, lasciando dunque solamente malus dal punto di vista economico. Se, infatti, lo Stato giustamente investe sul migrante offrendogli lavoro e accoglienza, riconoscimenti e diritti, quella persona accolta in questo modo non sarà invogliata a raggiungere Francia, Germania o altri paesi UE. Quel migrante diventa, allora, un lavoratore, regolare e non al servizio delle mafie, e un cittadino. È questo forse il massimo compimento dell’articolo uno della nostra Costituzione. “L’Italia è una repubblica fondata sul lavoro”, seguendo ciò e attuando questa mentalità all’accoglienza del migrante lo si sta già riconoscendo come cittadino italiano, primo passo di una vera integrazione.

Immigrazione e Integrazione: alcuni dei pilastri del nostro futuro

Immigrazione e integrazione vanno, e devono andare, a braccetto. La prima è un fatto meccanico, impossibile da frenare, se non caricando le intere coscienze di un popolo, quello italiano, dei delitti di pochi. Il porto chiuso, il respingimento dei barconi, la detenzione in Libia, sono tutti crimini di cui sarà lo Stato, l’Italia, a pagare. Siccome, però, lo Stato siamo noi, eccoci farci carico di delitti non nostri. L’integrazione, invece, è una questione di volontà. Starà agli italiani dell’ormai passato decidere quali vogliono che siano gli italiani del futuro.

Di Samuele Cesanelli – Testate sul banco

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