Giornata mondiale del sonno

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17.03.2023

Si dorme sempre meno. Perché?

Dormiamo sempre meno, dormiamo sempre peggio. Se la deprivazione da sonno veniva considerata una tortura ci sono i suoi motivi: le conseguenze dell’insonnia sul corpo si manifestano chiaramente e non stiamo parlando solo di occhiaie o borse agli occhi. Colpa di uno stile di vita sempre più frenetico? O di un uso eccessivo dei dispositivi elettronici prima di dormire?

L’insonnia. Il male di un terzo della popolazione

Ad oggi possiamo parlare di un fenomeno incredibilmente diffuso a livello globale. La World Association of Sleep Medicine, la stessa organizzazione che ha introdotto l’odierna Giornata mondiale del sonno, stima che l‘insonnia minacci la salute e la qualità della vita di circa il 45% (!) della popolazione globale. Un numero devastante. Anche in Italia la diffusione non è da meno: in un articolo di Repubblica del novembre 2021 si evince come l’incidenza dell’insonnia – nella forma clinicamente significativa – è stata calcolata tra il 6% e il 10% della popolazione italiana, con un terzo della popolazione totale che dichiara di averne sofferto per almeno una volta nella propria vita.

Le conseguenze dell’insonnia

Le conseguenze, come dicevamo, si vedono e sono soprattutto diurne, vista la rottura dei ritmi circadiani. Secondo l’Istituto di Terapia Cognitiva e Comportamentale un’insonnia prolungata può arrivare a causare seri problemi nelle relazioni interpersonali, sociali e professionali, oltre a irritabilità, scarsa concentrazione, ansia e preoccupazione di non dormire, che spesso porta al prolungarsi dell’insonnia. Un’insonnia cronica, che non è affatto rara, può addirittura portare a episodi di depressione maggiore, ipertensione e problemi cardiaci. Come dicevamo, non solo occhiaie e borse agli occhi, ma serie conseguenze per la salute e le nostre relazioni interpersonali.

I giovani sovraesposti ai dispositivi elettronici

Dalle ultime ricerche si vede come addirittura il 47% degli adolescenti dorma meno del necessario, anche se non di molto vista la media di 7 ore e 40 minuti. Comunque, inferiore a quel che raccomanda la National Sleep Foundation: 9/11 ore per la fascia d’età 6-13 anni e 8/10 ore per i ragazzi dai 14 ai 17 anni. Una delle cause è sicuramente la sovraesposizione – soprattutto nelle ore notturne, proprio prima di andare a dormire – ai dispositivi elettronici, esposizione che riduce la secrezione di melatonina, l’ormone del buio che favorisce il sonno.

L’esperimento sociale effettuato dallo psicologo Luigi De Gennaro all’IISS “Majorana” di Brindisi tra il 2018 e il 2019, consistente nel dare un’ora di sonno in più ai ragazzi, ha avuto risultati sorprendenti: non solo il livello dell’attenzione era aumentato, ma durante l’esperimento il livello di abbandono scolastico è sensibilmente diminuito, sottolineando la correlazione tra l’attenzione (e potremmo dire la “recettività” di un ragazzo o una ragazza a scuola) e l’abbandono scolastico, come se uno dei fattori alla base del fenomeno fosse proprio – e banalmente – la noia, tale da rendere insopportabile la permanenza a scuola.

Ma non solo dispositivi elettronici. Anche i ritmi di vita sempre più elevati, la cosiddetta “vita a 2x”, sono responsabili delle nostre difficoltà a dormire. La vita è fatta di ritmi: del sonno, alimentari ecc.. Velocizzare estremamente le nostre giornate, al punto di riuscire a malapena a pranzare o tornando a casa molto tardi, influisce negativamente sulla qualità di vita e sulla salute. Ma soprattutto la concezione totalizzante che il lavoro va sempre più assumendo è il vero aspetto tossico della questione: come possiamo definirci persone libere – o anche solo persone e non automi – se l’attività post-lavoro è uno svago rispetto al lavoro stesso? Come può il lavoro diventare la componente essenziale della vita, al punto da considerare la vita privata e sociale complementare in minima parte, quando non marginale? Questa è la vera questione: una vita a 2x non è sostenibile, non possiamo definirci persone senza una vita sociale, una vita privata, una vita che esuli insomma dal lavoro

Riccardo Imperiosi, Direttore Giovane Avanti!

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