“Alla scoperta della cultura italiana”: CASTEL DEL MONTE

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03.06.2023

DA FEDERICO II DI SVEVIA AI GIORNI NOSTRI. UN’ICONA DEL NOSTRO PAESE

Nel cuore della Puglia, a poca distanza dalla città di Andria, incastonato tra i rilievi delle Murge, c’è un luogo dal fascino antico, quasi sospeso nel tempo: un castello, perfetto nella sua geometria ottagonale, e mirabilmente integro, a quasi 800 anni dalla sua costruzione.

Castel del Monte è una meraviglia dell’architettura medioevale, ed è una delle più grandi testimonianze della vita, turbolenta e peregrina, di un grande personaggio del passato: Federico II di Svevia.

Federico II di Svevia

Figlio di Enrico VI di Hohenstaufen e Costanza d’Altavilla, nacque a Palermo nel 1194, ereditando, ad appena 4 anni, l’intero regno normanno, un regno vastissimo, che occupava, al tempo, oltre ai territori della Normandia e dell’Inghilterra, tutta l’Italia meridionale, la regione africana della Cirenaica e buona parte della Siria.

I normanni erano un valido alleato per il Papato, che aveva stretto numerose alleanze con l’obiettivo di minacciare la crescente espansione degli arabi nel Mediterraneo e di riconquistare la Terra Santa.

Il giovane Federico di Hohenstaufen crebbe a Palermo, in un ambiente intriso di cultura, un crocevia tra il sapere occidentale e la cultura araba in via di affermazione.

La sua formazione culturale venne personalmente curata dal papa Innocenzo III, che, all’età di 15 anni, indisse il matrimonio del giovane con Costanza d’Aragona che divenne regina dei Normanni. Da lei ebbe, nel 1212, un figlio, Enrico, futuro re dei Romani.

La situazione politica dell’impero

La situazione politica dell’impero era molto instabile: a seguito della morte di Enrico VI, Federico sarebbe stato il suo successore naturale, ma i principi tedeschi e il re di Francia, Filippo II, manifestarono apertamente l’appoggio a Filippo di Svevia, fratello di Enrico, mentre il Papato, e l’imperatore di Bisanzio, Giovanni III, vista la giovane età di Federico, sostenevano apertamente Ottone IV di Brunschwig, figlio del duca di Baviera.

Quest’ultimo venne incoronato dal Papa nel 1209, ma, tra i suoi primi atti, rivendicò l’intero stato della Chiesa come parte integrante del suo impero; i feudatari ribelli, dopo la scomunica di Filippo di Svevia e di Filippo II di Francia, suo alleato, si ribellarono all’atto dell’imperatore, ed indicarono al Papa il giovane Federico come soluzione di continuità con la casata Hohenstaufen, in contrapposizione alle ingerenze del neoimperatore e dei duchi bavaresi nell’autorità papale.

La sua candidatura, inizialmente appoggiata dal vescovo Sigfrido di Eppstein, non trovò l’appoggio immediato di Innocenzo III, che confidava in Ottone IV per il finanziamento di una nuova crociata per la liberazione della Terra Santa, e solo con l’elezione al soglio pontificio di Onorio III, nel 1216, ci fu un’apertura verso la posizione di Federico.

La crociata contro i musulmani

Incoronato imperatore del Sacro Romano Impero nel 1220, intraprese una serie di misure diplomatiche atte a consolidare il legame tra l’aristocrazia imperiale e il Papato, muovendo campagne militari contro gli arabi, che si erano insidiati in Sicilia, in Calabria e in Puglia.

Federico II, risposatosi nuovamente nel 1222 con Jolanda di Brienne, promise più volte al papa Onorio III di condurre anche una crociata contro i musulmani, per liberare nuovamente Gerusalemme; questa campagna, tuttavia, fu sempre rimandata, poiché l’imperatore promosse, con numerosi investimenti, la crescita culturale ed economica dell’impero, nonché la costruzione di difese e fortezze militari per un controllo capillare del suo regno.

Lo stesso Onorio III giunse a sancire un editto, la “Dieta di San Germano”, in cui l’imperatore era costretto ad organizzare la crociata in Terrasanta entro l’estate del 1227, pena la scomunica, che venne ratificata dal nuovo Papa, Gregorio IX.

Nel 1228, abbandonati gli iniziali propositi di stabilizzazione della pace in Terrasanta, iniziò la sua personale crociata, con l’unico obiettivo di ampliare i propri territori e ribadire l’autorità del regno normanno nel Mediterraneo; la campagna militare si concluse con un trionfale ingresso nella Basilica del Santo Sepolcro, dove Federico II si autoproclamò re di Gerusalemme, nel 1229, il tutto senza aver tentato la riconciliazione con il Papa, condizione indispensabile per la legalità di un titolo sovrano.

Le minacce di scomunica

Sposatosi nuovamente con Bianca d’Agliano, figlia di un importante feudatario siciliano, nel 1231, ebbe un altro figlio, Manfredi (celebre per la sua presenza all’interno del III° canto del Purgatorio, nella “Divina Commedia” di Dante), che fu suo successore alla guida del regno

Nel corso degli anni successivi del suo impero, il rapporto dell’imperatore col Papato fu costantemente conflittuale, sotto continue minacce di scomunica e nuove crociate indette dalle autorità ecclesiastiche per mettere in discussione il suo potere temporale, ma la sua immagine di grande stratega e uomo di profonda cultura e conoscenza – conosceva ben 5 lingue e si dedicava persino alla poesia e alla redazione di trattati militari – gli valsero il soprannome di “stupor mundi” (meraviglia del mondo).

Nel corso di quasi 30 anni d’impero, infatti, Federico II di Svevia attuò una forte riforma culturale, aprendo, a Palermo, un raffinato e colto circolo intellettuale, in cui presenziarono nel corso degli anni, personaggi di spicco del sapere medioevale, come Iacopo da Lentini (l’inventore del sonetto, nonché esponente primario della celebre “Scuola Siciliana” della letteratura volgare) e Pier della Vigna, che divenne suo fido consigliere.

La più grande testimonianza materiale di Federico II sono, però, le sue straordinarie costruzioni militari, da lui stesso finanziate e volute come sedi dei “giustizieri” (alti funzionari ed ambasciatori), nelle province del suo impero.

Castel del Monte

Castel del Monte è, ancora oggi, una delle costruzioni più iconiche e conosciute dell’architettura medioevale.

A differenza di quanto credono in molti, però, la funzione di Castel del Monte non era prettamente militare, ma, al contrario, la fortezza era ritenuta un centro culturale attivissimo, in cui moltissimi artisti e letterati del tempo, si riunivano per esercitare la loro professione: si trattava, perciò, di un “buen retiro” per i personaggi più colti ed influenti dell’impero. La sua forma, infatti, così come la posizione geografica in cui sorge, fecero ipotizzare che la sua funzione fosse anche quella di un osservatorio astronomico.

Ad avvalorare questa teoria è il fatto che, in occasione dell’equinozio di primavera e di autunno, le ombre proiettate delle mura coprano interamente la superficie del cortile interno.

Secondo le fonti più accreditate, la sua costruzione ebbe inizio negli anni ’30 del XIII secolo, sebbene il suo aspetto architettonico attuale sia da far risalire ai primi anni del 1300, oltre 50 anni dopo la morte dell’imperatore.

Il castello, realizzato sorge su un’altura a circa 540 metri sul livello del mare, ed è caratterizzato da una forma ottagonale e da una fisionomia austera e maestosa: le torri che caratterizzano la fortezza, sono alte 23 metri e sono collegate tra di loro, negli ambienti interni, da grandi stanze a corridoio, di forma trapezoidale, decorate con volti a botte.

Il palazzo è di fatto costituito da 2 piani: al piano terra, sebbene rialzato di 3 metri rispetto al livello del suolo, si trovavano le sale principali e di rappresentanza, inclusa la grande sala dedicata ai banchetti e alle visite ufficiali delle grandi cariche imperiali; al piano superiore, invece, si trovavano le camere e gli studi della corte della fortezza.

Le torri, 8 in totale e disposte su ogni vertice della fortezza, invece, avevano una funzione prettamente militare, ed erano la sede della guarnigione preposta al controllo del territorio; esse erano collegate tra di loro anche da dei ballatoi di legno, per raggiungere più velocemente i vari angoli della fortezza.

Una commistione di stili architettonici differenti

Dal punto di vista stilistico, la fortezza è un’autentica commistione di stili architettonici differenti. L’architettura militare diffusa nell’Occidente e nel Nord-Europa si diffonde con la maestosità e l’armoniosità delle grandi costruzioni islamiche, e non mancano riferimenti alla tradizione classica, come l’impianto architettonico regolare dell’edificio, la presenza di volti a botte e archi a sesto acuto, elementi architettonici tipici dell’influsso gotico.

La fortezza venne realizzata principalmente, nelle aree più esterne, in pietra calcarea e breccia corallina rossa, due pietre leggere ma molto resistenti alle intemperie: il colore lucente di questi due materiali garantisce all’edificio notevole luminosità dall’esterno, mentre le ambienti interni sono realizzati in marmo, che garantisce isolamento e rigidità alla struttura.

Sebbene nato per uno scopo prettamente culturale, nel corso dei secoli cambiò più volte funzione: sotto il regno di Manfredi, successore di Federico II, un’ala dei sotterranei del castello venne adibita a carcere.

Nel corso dei secoli successivi, il castello subì numerose variazioni stilistiche ed architettoniche e cambiò varie volte funzione. Nel 1528, durante una spedizione francese nel regno di Napoli, venne saccheggiato e gravemente danneggiato da un incendio. Furono i Carafa, una nobile famiglia napoletana, ad acquistarlo, dopo circa 25 anni di abbandono, per riconvertirlo in una residenza di villeggiatura.

All’esaurimento della linea di discendenza dei Carafa, il castello cadde nuovamente in stato di abbandono, e per i secoli successivi, fino all’unità d’Italia, venne utilizzato come luogo di confinamento per profughi politici e ribelli e addirittura come manicomio.

Patrimonio dell’UNESCO

Solo nel 1876, il Regno d’Italia decise di intraprendere una campagna di restauro, che si protrasse per oltre 50 anni, con l’obiettivo di demolire alcune strutture pericolanti e conferire un aspetto più maestoso al castello; nel 1996 è entrato a far parte della lista dei patrimoni mondiali dell’Umanità, tutelati dall’UNESCO, un giusto riconoscimento per un monumento che racchiude, tra le sue mura, un’infinità di testimonianze storiche, dal Medioevo ai giorni nostri, del Mezzogiorno e dell’Italia unita.

La sua iconicità e la sua perfezione stilistica ed architettonica, insolita per edifici di spiccato tratto medioevale, lo hanno reso un monumento celebrato e ammirato in tutto il mondo. Lo Stato italiano ha deciso, infatti, di introdurre una sua rappresentazione sulle monete da 1 centesimo, all’entrata in vigore dell’euro nel 2002, mentre, nel mondo del cinema, la sua biblioteca ha ospitato alcune riprese de “Il nome della rosa”, film del 1986 di Jean-Jacques Annaud, ispirato all’omonimo capolavoro letterario di Umberto Eco.

Castel del Monte, infatti, non è solo una fortezza medioevale che si erge maestosa tra le colline calcaree delle Murge, ma è un patrimonio culturale ed inestimabile del nostro paese, uno scrigno che racchiude, tra le sue mura, la storia di quasi 800 anni del nostro paese, di varie dominazioni, battaglie, uomini ed eventi che hanno scritto la storia.

Stefano Maggio Giovane Avanti

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