Carburanti del futuro
26.12.2022
Il consumo globale di energia è aumentato del 2,9% nel 2019 (ultimo dato affidabile pre-pandemia), questo aumento ha comportato un aumento delle emissioni di gas serra del 2%. La domanda energetica globale è coperta per circa l’80% da fonti fossili, mentre il restante 20% si divide in idroelettrico, nucleare, biomassa ed altre fonti rinnovabili. La richiesta energetica proviene principalmente dal settore industriale, con una percentuale che si attesta intorno al 55%, seguono case e negozi con il 20% e il settore dei trasporti al 25%. Concentrando l’attenzione su quest’ultimo, i dati attestano il 66% della domanda energetica al trasporto passeggeri e il 34% a quello del commercio. Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO), più dell’80% della popolazione mondiale è esposta ad una qualità dell’aria sotto lo standard minimo di sicurezza, questo porta a 4,2 milioni di morti premature.
Come evidenziato in precedenza, il settore dei trasporti è uno dei più influenti, per quanto riguarda le emissioni di CO2 e altri gas serra. Per questo motivo è necessario uno sforzo ingegneristico, e soprattutto economico, per investire nella ricerca di nuove fonti di energia e carburanti alternativi per il trasporto passeggeri e merci. Attualmente possiamo dividere le fonti di carburanti in due categorie: le fonti fossili, come petrolio, gas naturale e carbone e le fonti rinnovabili che comprendono biomassa, fotovoltaico, eolico etc. Partendo da queste fonti energetiche è possibile produrre , tramite 6 principali processi che elencheremo in seguito, carburanti più o meno sostenibili, in ordine: benzina, diesel, GPL, CNG, NGL, H2 fossile, metanolo, biocarburanti e idrogeno.
Biocarburanti
Per biocarburante si intende un qualsiasi carburante, in forma solida, liquida, gassosa, prodotto da materiali organici. A partire da scarti di cibo e estratti di oli vegetali è possibile produrre biocarburanti tramite un processo chimico di transesterificazione, mentre attraverso l’hydrocracking si possono trasformare scarti non vegetali e agricoli. La Commissione Europea sta attualmente discutendo il tema dei biofuels, i quali, in prima istanza, non sono stati inseriti nella lista di fonti energetiche utilizzabili, per il settore dei trasporti, dal 2030 in avanti.
L’introduzione di biocarburanti, sia in forma di propellente principale sia come additivi, potrebbe essere una delle strade da seguire per ridurre le emissioni di gas serra del settore dei trasporti. Dal punto di vista economico, le colture vegetali comportano un notevole risparmio rispetto all’estrazione di fonti fossili e permettono l’assorbimento di CO2 durante il ciclo di vita, inoltre riducono la dipendenza economico-politica dai paesi esportatori di petrolio e abbattono i costi relativi al trasporto della materia prima. Il disboscamento indiscriminato è Il principale punto a sfavore dei biofules, l’abbattimento delle foreste e lo sfruttamento del terreno porta alla desertificazione, fenomeno facilmente scongiurabile tramite un utilizzo consapevole della tecnologia (cosa mai scontata).
Carburanti sintetici
Il processo produttivo dei carburanti sintetici si divide in due fasi: scissione delle molecole d’acqua in ossigeno e idrogeno (tramite elettrolisi) e ricombinazione dell’idrogeno con anidride carbonica in metanolo, che può essere, a sua volta, raffinato in benzina o diesel sintetici. Questo processo è detto “Fischer-Tropsch” e permette di ottenere carburanti sintetici, anche detti e-fuels, a partire da gas naturale (Gas-To-Liquid fuel), carbone (Carbon-To-Liquid fuel) e biomassa (Biomass-To_liquid fuel). Attualmente la produzione di e-fuel è associata ai processi di raffinazione di fonti fossili, è però in fase sperimentale un processo “Air-To-Fuel”; l’idea è quella di assorbire l’anidride carbonica direttamente dall’aria per poi produrre carburante pulito.
Gli e-fuel sono considerati carbon-neutral, infatti la CO2 di scarto, prodotta dalla combustione del carburante nel motore, equivale a quella assorbita durante il processo produttivo, si ottiene in questo modo un ciclo chiuso dal punti di vista delle emissioni. L’impatto ambientale dei carburanti sintetici dipende dalla fonte energetica utilizzata per il processo di elettrolisi (estremamente energivoro), che, attualmente, è di natura fossile. I carburanti sintetici possono essere una soluzione che, se accostata all’elettrico, potrebbe permettere sia di abbattere le emissioni di CO2 sia di scongiurare l’abbandono definitivo dei motori a combustione termica, attualmente ancora molto più efficienti di quelli elettrici.
Idrogeno
L’idrogeno è una tecnologia tanto acerba quanto promettente. I motori ad idrogeno si dividono in due categorie: la prima consiste in normali motori a combustione interna (ICE) adattati per l’utilizzo di idrogeno come combustibile, la seconda sono le celle combustibili (FCEV). L’utilizzo dell’idrogeno per i motori ICE è in fase di sperimentazione, molte case produttrici (Porsche, Toyota, BMW) stanno investendo in questa tecnologia che, pur essendo promettente per le basse emissioni, presenta criticità per l’integrità strutturale del motore e dell’impianto di iniezione del carburante. Le celle combustibili sfruttano l’elettrolisi inversa per combinare ossigeno ed idrogeno e produrre elettricità per azionare un motore elettrico.
Molti studi evidenziano i vantaggi dell’utilizzo della tecnologia delle celle combustibili. Lo studio Miotti attesta un abbattimento delle emissioni di CO2, durante il ciclo di vita delle celle, del 50% rispetto ai motori ICE, partendo da idrogeno prodotto da fonti rinnovabili. Lo studio Ajanovic e Haas ha trovato una forte correlazione tra benefici ambientali e mobilità elettrica, mentre lo studio Liu ha evidenziato come, anche in presenza di idrogeno prodotto da fonti fossili (steam reforming), si riuscirebbe ad abbattere le emissioni del 15-45% rispetto ai motori ICE.
Attualmente il metodo di produzione di idrogeno maggiormente diffuso è lo steam reforming (71%), costi bassi, tuttavia si producono circa 10kg di CO2 per ogni kg di idrogeno; nonostante questo si riuscirebbero ad abbattere le emissioni, come detto in precedenza (pensate quanto inquini un combustibile fossile). Sono stati fatti grandi investimenti nello sviluppo di tecnologia che produca idrogeno a partire da fonti rinnovabili, con risultati promettenti, l’unica criticità risiede nel consumo di acqua di tale tecnologia (9 litri per kg di idrogeno), deleterio per zone soggette a rischio siccità.
Il futuro dell’idrogeno
La tecnologia delle celle combustibili, al momento, non è competitiva né a confronto dei motori classici né con l’elettrico (Battery Electric Vehicles). La principale criticità tecnologica è la bassa efficienza (20-30%) della catena di conversione dell’idrogeno, a causa dei numerosi step di trasformazione della materia prima. Lo sviluppo della tecnologia correlata all’idrogeno, soprattutto per il commercio su gomma, è necessaria per la costruzione della futura mobilità sostenibile, ma la mancanza di infrastrutture adeguate blocca gli investimenti in questo settore. In mancanza di aree di rifornimento per i veicoli, gli acquirenti sono restii a possedere un’auto ad idrogeno, e in mancanza di domanda d’acquisto le compagnie energetiche non investono nella costruzione di zone di rifornimento, è un cane che si morde la coda.
Come fare allora? Una soluzione potrebbe essere la costruzione di flotte per il trasporto passeggeri, bus e pullman (estremamente adatti per questa tecnologia), con zone centralizzate di rifornimento, che potrebbero essere sfruttate anche per automobili private e veicoli commerciali. Lo stesso discorso si potrebbe fare per flotte di veicoli aziendali di grandi compagnie, che poi potrebbero essere immessi in commercio, incentivando l’acquisto da parte di privati.
Conclusioni
L’urgenza della questione climatica sta spingendo i governi ad investire solo nella mobilità elettrica, poiché la più tecnologicamente ed economicamente competitiva, forse commettendo un errore non indifferente: ci stiamo spostando da una totale egemonia del petrolio ad una delle batterie elettriche. La chiave del futuro è la diversificazione delle fonti energetiche: maggior possibilità di sviluppo tecnologico e abbattimento delle emissioni, minor potere geopolitico dei paesi produttori di materie prime. L’idrogeno, i biocarburanti e i carburanti sintetici si sposano molto bene con il trasporto commerciale su gomma e quello passeggeri, due settori che difficilmente potremmo coprire con la tecnologia dell’elettrico, e potrebbero quindi aiutare a colmare questo gap.
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