Un mondo “internazionale”: le tasse non fanno eccezione

4' di lettura
Mi piace!
100%
Sono perplesso
0%
È triste
0%
Mi fa arrabbiare
0%
È fantastico!!!
0%

10.07.2023

Tassazione sui redditi esteri: come funziona?

La globalizzazione e il processo di integrazione europea hanno rivoluzionato ogni ambito della vita delle persone: le tasse e le regole fiscali non fanno eccezione. Molte persone, soprattutto giovani, hanno scelto di emigrare per lavoro, ma anche molti pensionati italiani si sono trasferiti all’estero, verso paesi dove le tasse sui redditi da pensione sono più basse. Senza considerare, inoltre, le nuove forme di lavoro in smart working, per cui alcuni lavoratori prestano servizio presso aziende multinazionali ma lavorando da casa, oppure i lavoratori transfrontalieri che, pur lavorando in un altro Paese rientrano in Italia almeno una volta a settimana. La complessità e la varietà di queste forme di lavoro hanno originato numerosi dubbi interpretativi in merito al Paese a cui spetta la riscossione delle imposte. 

Cosa dice il diritto internazionale in merito al pagamento delle tasse?

In merito a ciò, il diritto internazionale ha fissato dei principi generali: per fare chiarezza è utile riportarli. In sintesi:

  • La politica fiscale in Europa è ancora competenza dei singoli stati nazionali: non esistono regole europee ben definite in merito alla tassazione
  • In linea generale, per decidere chi paga le tasse vale il principio della “residenza fiscale”, che nell’ordinamento italiano si configura quando la persona è residente per più di metà anno nel paese (183 giorni) o ha lì il proprio “centro di interessi”
  • Qualora due o più paesi rivendichino il loro diritto a riscuotere le tasse, per evitare il problema della “doppia imposizione” – cioè, il pagare le tasse ingiustamente due volte – esistono dei correttivi. I paesi confliggenti hanno sottoscritto, infatti, degli “accordi bilaterali” validi a dirimere le questioni in oggetto. I singoli stati hanno poi predisposto, ciascuno secondo le sue forme, delle misure fiscali per scontare ai lavoratori le tasse già pagate a favore di un altro stato. In Italia, il principale è il credito d’imposta.

È utile definire in modo più compiuto cosa si intende per un reddito prodotto all’estero. L’OCSE individua tre casistiche per qualificarlo come tale:

  • 1. Il bene da cui promana è situato all’estero; 
  • 2. L’attività attraverso cui sono prodotti è stata svolta all’estero; 
  • 3. Il soggetto che ha corrisposto tali redditi è residente ai fini fiscali all’estero. 

Tassazione sui redditi esteri: come funziona il credito d’imposta?

Il credito d’imposta consiste in una posizione contabile positiva nei confronti del fisco e consente di detrarre una parte delle tasse da corrispondere allo stato italiano, pari all’incirca a quanto già pagato a favore dell’altro stato. Il calcolo, in via approssimativa, si basa sul “rapporto di detraibilità”: una formula molto semplice, uguale a [Reddito estero/Reddito complessivo * aliquota dell’imposta italiana]. La spettanza di tale credito dipenderà da due requisiti: che il reddito estero concorra alla formazione del reddito imponibile complessivo, e che il pagamento delle tasse sul reddito estero sia stato versato a titolo definitivo (cioè, sono escluse le imposte pagate in acconto o in via provvisoria e quelle per le quali è prevista la possibilità di rimborso totale o parziale. 

Inoltre, il credito di imposta non vale in alcuni casi, ad esempio per quelle imposte assolte all’estero le quali in Italia sono assoggettate a imposta sostitutiva.  Perciò, ad esempio, sono esclusi i redditi di capitale derivanti dalla partecipazione al patrimonio di società non residenti, nonché i redditi di capitale percepiti direttamente all’estero.

Un esempio: risiedo fiscalmente in Italia ma lavoro in Svizzera

Si pensi, ad esempio, ad un lavoratore di nome Paolo. Paolo vive in Italia, ma ogni giorno attraversa il confine per andare a lavorare in Svizzera. In linea di principio, Paolo dovrebbe pagare l’IRPEF allo stato italiano, ma l’accordo bilaterale Italia-Svizzera stabilisce che il lavoro svolto in Svizzera dev’essere tassato in Svizzera. Paolo paga quindi la tassa sul reddito da lavoro allo stato elvetico, ma il fisco italiano calcola poi l’IRPEF che dovrà pagare in base al suo reddito complessivo. Qui subentra il credito d’imposta: quando Paolo si recerà presso un CAF per calcolare quante tasse dovrà pagare, gli verrà riconosciuto uno sconto fiscale perché parte di quelle tasse le ha già pagate in Svizzera. Se Paolo ha pagato 300 euro di tasse alla Svizzera, e l’IRPEF che dovrà pagare in Italia ammonta a 1000 euro, basterà sottrarre i 300 euro per un totale di 700 euro. 

 

Restate aggiornati su Terzo Millennio per i prossimi articoli sul tema del fisco per i lavoratori e i pensionati esteri!

Articoli Correlati