Lavoro all’estero: dove finiscono i miei contributi?

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03.07.2023

UN FENOMENO DIFFUSO

Al giorno d’oggi, sempre più spesso, i giovani lavoratori decidono di provare un periodo di lavoro all’estero, sia per condizioni lavorative migliori, sia nella speranza di una carriera migliore. È un fenomeno che, attualmente, sappiamo essere in espansione, ma che ha riguardato anche le precedenti generazioni, emigrate dall’Italia sia in altri Paesi europei sia in altri continenti in cerca di fortuna.

In questi casi sorge spontanea una domanda: ma quei contributi che ho versato all’estero mi varranno ai fini pensionistici, una volta rientrato in Italia?

CONTRIBUTI VERSATI ALL’INTERNO DELL’UE

La risposta a questa domanda è un istituto previdenziale denominato totalizzazione internazionale, che nasce dai Regolamenti comunitari e che consente ai lavoratori emigrati di sommare i contributi versati in Italia a quelli versati in uno o più Stati dell’Unione Europea, compresa l’Islanda, il Lichtenstein, la Norvegia e la Svizzera, a condizione che questi non siano coincidenti a livello temporale e che abbiano una durata superiore ad un anno.

È un istituto di particolare importanza, perché un lavoratore che abbia svolto diversi periodi di lavoro all’estero potrebbe non maturare i requisiti necessari per il diritto alla pensione in nessuno di essi; cosicché lo stesso correrebbe il serio rischio di rimanere privo di qualsiasi tutela pensionistica, seppur abbia lavorato, magari, per più di 40 anni.

L’erogazione della pensione “totalizzata” sarà pro quota, vale a dire che non avverrà alcun ricongiungimento fisico dei contributi, ma ogni Paese in cui uno stesso individuo abbia lavorato calcolerà ed erogherà la quota di pensione di propria competenza, proporzionalmente ai contributi versati.

IL CALCOLO DELLA QUOTA PENSIONE ITALIANA

Per la liquidazione della quota di pensione da parte degli istituti di previdenza italiani, i requisiti sono quelli previsti dall’ordinaria normativa italiana in tema pensionistico, ovvero il raggiungimento della pensione di vecchiaia (67 anni di età e 20 di contributi) o di quella di anzianità (41 anni e 10 mesi per le donne, 42 anni e 10 mesi per gli uomini), oltre al rispetto degli ulteriori ed eventuali vincoli di natura economica per chi si trova nel sistema contributivo (1,5 volte e 2,8 volte il valore dell’assegno sociale).

Come detto, se il requisito contributivo non è soddisfatto, potranno venire in aiuto i periodi maturati all’estero, che avranno rilevanza non solo per raggiungere la soglia contributiva utile, ma anche per stabilire l’anzianità contributiva maturata al 31 dicembre 1992 e al 31 dicembre 1995, così da poter verificare in quale sistema di calcolo si colloca il lavoratore.

Per calcolare la pensione da liquidare di competenza dello Stato italiano, bisogna innanzitutto effettuare un primo calcolo virtuale dell’assegno pensionistico che comprenda anche i contributi versati all’estero. Successivamente, bisognerà sottrarre proporzionalmente i contributi versati all’estero, in modo tale da ottenere solo la quota che sarà erogata dagli enti di previdenza italiani. Per fare un esempio in numeri, se consideriamo un dipendente con 35 anni di anzianità contributiva, di cui 5 anni lavorati all’estero, ed una pensione annua lorda da liquidare pari a 30.000 euro, il calcolo da effettuare sarà: 30/35 x 30.000 = 25.714 euro, corrispondente alla quota parte che gli istituti di previdenza italiani dovranno erogare.

PERIODI DI LAVORO AL DI FUORI DELL’UE

Se il periodo di lavoro è stato svolto in uno Stato al di fuori dell’UE, allora bisognerà verificare l’esistenza di un’eventuale convenzione bilaterale sulla sicurezza sociale e previdenziale tra lo Stato italiano e quello estero. In questo caso, la totalizzazione dei contributi avverrà secondo le modalità stabilite dalla convenzione. Se, invece, non sussiste alcuna convenzione bilaterale, il lavoratore non potrà esercitare la totalizzazione internazionale, ma potrà far valere i contributi versati all’estero secondo le regole pensionistiche vigenti nello Stato in cui gli stessi sono stati versati.

Eventualmente, il lavoratore potrà far valere in Italia i contributi versati all’estero esercitando l’opzione di riscatto oneroso, disciplinata dalle leggi n. 153/69 e n. 184/97, valevole sia per periodi ante che per periodi post ’97 ed indirizzata esclusivamente nei confronti dei lavoratori dipendenti; ne restano, invece, esclusi coloro che hanno prestato attività di lavoro autonomo all’estero.

La domanda di riscatto non prevede limiti temporali e può essere utilizzata sia per incrementare una pensione già maturata, secondo le vigenti disposizioni di legge, sia per coprire eventuali vuoti contributivi che non permettano il soddisfacimento dei requisiti legali.

Servizio Fisco e Previdenza UIL

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