PNRR: 50 MILIARDI PER L’INNOVAZIONE TECNOLOGICA

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28.07.2021

Il settore delle nuove tecnologie informatiche e della comunicazione è quello che in questo ormai lungo periodo di pandemia è riuscito più di tutti a tenersi a galla, resistendo allo tsunami economico e sociale. Ora, con il piano di risorse dell’Unione Europea e il piano nazionale di ripresa e resilienza, il nostro Paese si gioca una carta quasi unica per dare slancio all’economia, di settore e generale.

Il problema della digitalizzazione delle imprese e della pubblica amministrazione, da qualche anno a questa parte, si è posto con sempre maggiore insistenza: l’efficacia e l’efficienza dei servizi migliora con le applicazioni tecnologiche e informatiche.

Non solo, anche la società ne trova giovamento: nuove relazioni, nuove imprese, nuove professioni. Senza scomodare definizioni altisonanti, spingendo sull’acceleratore in questo ambito, si può ridisegnare un nuovo umanesimo: quasi 50  miliardi per l’innovazione nel settore sono un’occasione ghiottissima da non lasciarsi sfuggire.

Sanità, pubblica amministrazione, scuola, commercio, trasporti, tlc, industria, energia, servizi in generale, agricoltura, turismo, terzo settore: sono tantissimi gli ambiti che potranno dare un nuovo volto alle loro attività migliorandole e creando profitti e posti di lavoro.

Entusiasmo e ottimismo sono senza dubbio parte integrante di un processo di cambiamento e trasformazione, ma non bisogna dimenticare il punto di partenza attuale del nostro tessuto produttivo, industriale, economico e occupazionale, in cui si ritrovano tante, troppe, criticità.

A iniziare dalla formazione. Un investimento importante nelle nuove tecnologie ha bisogno di risorse umane preparate e profili professionali iper-specializzati che sono ancora scarsi o acerbi. Mancano, insomma, le competenze. Non possiamo dimenticare che viviamo in un contesto in cui la formazione accademica non è diffusa come dovrebbe e, anzi, l’abbandono scolastico è una piaga presente e dolorosa, soprattutto nelle zone più in difficoltà del Paese, come il Mezzogiorno.

Esiste, poi, un problema non indifferente di digital divide, di approccio culturale alla tecnologia come strumento di cambiamento, di disorientamento generale su come applicare la tecnologia e l’innovazione ai processi produttivi, sia materiali che immateriali.

Il tessuto produttivo italiano è composto per lo più da piccole e piccolissime imprese che se da un lato beneficeranno degli incentivi e delle risorse per la digitalizzazione, dall’altro, probabilmente prima di investire in innovazione, dovranno colmare i vuoti che vengono da anni di arretratezza.

Cloud, Big Data, blockchain, realtà aumentata, realtà virtuale, robotica e intelligenza artificiale, cybersecurity, armonizzazione dei processi informatici e delle telecomunicazioni, domotica, biotecnologie, nanotecnologie, 5G, reti semantiche. Sono parole in grado di mettere in atto una nuova rivoluzione industriale.

A noi, la capacità di saperle coniugare con la realtà, per riuscire a colmare i gap e trasformare, perché no, le nostre capacità industriali in grandi laboratori di modernità e avanguardia.

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