Caporalato digitale e sfruttamento: la dura vita dei rider
10.04.2023
I rider, così come i lavoratori di tutte le piattaforme digitali, se eterodiretti devono avere un contratto di lavoro subordinato con diritti e tutele previsti connessi all’attività da svolgere.
L’indicazione è chiara e non arriva solo dalla Uiltrasporti, che è riuscita ad esempio a raggiungere accordi in questo senso con le principali piattaforme di food delivery presenti in Italia, che stanno facendo scuola a livello europeo.
L’importanza della rappresentanza sindacale
A ribadirlo con forza sono anche diverse sentenze dei tribunali italiani, come ad esempio quella del Tribunale di Bologna che ha valutato come antisindacale la decisione di Deliveroo di imporre ai propri rider l’accordo siglato con un’organizzazione sindacale non rappresentativa.
Il tribunale ha affermato infatti che, in assenza di un accordo collettivo, i rider non possono essere retribuiti in base alle consegne. Infatti, devono avere la garanzia di un compenso minimo orario secondo i minimi stabiliti dai Ccnl di settori affini o di riferimento, quello dei trasporti e della logistica nel caso specifico dei rider.
Questo riconoscimento rappresenta un importante passo in avanti nella discussione che si sta svolgendo su questo tema. Non solo perché sottolinea l’importanza della rappresentanza sindacale, ma anche perché sancisce la necessità di rivedere il modello lavorativo fino ad oggi imposto dalle piattaforme.
Non è possibile però continuare a regolare questo nuovo modello lavorativo attraverso sentenze dei tribunali, c’è bisogno di leggi che tutelino questi lavoratori e garantiscano loro un contratto stabile e subordinato.
Rider stranieri e criminalità organizzata
È notizia recente una vasta operazione di controllo condotta a livello nazionale riguardante proprio la categoria dei rider che ha portato alla luce il fenomeno della cessione di account sulle piattaforme di delivery.
Lavoratori stranieri, spesso non in regola con i permessi di soggiorno, ricevono credenziali fittizie da organizzazioni criminali che li fanno lavorare come rider trattenendo però gran parte dei compensi. Un vero e proprio caporalato digitale reso ancora più semplice da questa modalità lavorativa che si basa su un algoritmo ed ha ancora troppe zone d’ombra.
Garantire quindi rapporti di lavoro stabili e tutelati è il primo passo per impedire questo tipo di sfruttamento, ma anche per aumentare la sicurezza.
Sono sempre più frequenti le notizie di incidenti, spesso purtroppo anche mortali, ai danni di rider e fattorini durante il loro lavoro.
Orari e carichi di lavoro pesanti, svolti anche in condizioni climatiche estreme e in molti casi con biciclette che richiedono un elevato sforzo fisico, ma anche strade dissestate e traffico mal gestito, sono tra le principali cause di incidenti e infortuni tra i rider.
Non possiamo morire per consegnare una pizza
A Roma nei giorni scorsi si è tenuta una manifestazione davanti al Campidoglio con lo slogan “Non possiamo morire per consegnare una pizza”, proprio per sensibilizzare su questo tema e chiedere strade più sicure.
Le istituzioni, collaborando con aziende e sindacati, devono agire su queste dinamiche per garantire migliori condizioni lavorative, intervenendo sulle strade, ma anche aumentando la presenza di hub e aree ristoro dedicati a questi lavoratori.
Come sindacato ci siamo impegnati molto in questi anni per inserire maggiori tutele nei contratti e negli accordi raggiunti con le principali piattaforme in Italia. Tuttavia, l’attenzione su questo settore è ancora alta perché siamo ancora troppo lontani dal raggiungere un lavoro garantito e dignitoso per tutti i lavoratori delle piattaforme digitali.
Succede ad esempio, come accaduto qualche mese fa a Firenze, che una piattaforma di delivery invii ad un proprio rider, morto in un incidente la sera prima mentre effettuava una consegna, una mail di licenziamento per non aver portato a termine il proprio lavoro.
Un evento drammatico che deve spingerci ad una maggiore prevenzione per garantire più sicurezza, ma anche una vicenda vergognosa che deve portarci ad una profonda riflessione sulla bassa qualità e sulla precarietà della condizione lavorativa dei rider e dei lavoratori delle piattaforme digitali.
Lavoratori nascosti e non protetti, lavoratori rappresentati solo da un numero all’interno di un algoritmo che invece hanno un volto, un nome, una vita.
Di questi lavoratori noi dobbiamo essere la voce lottando fino in fondo affinché ad ognuno di loro venga garantito un lavoro stabile, sicuro e dignitoso.
Uiltrasporti Nazionale
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