Disuguaglianze da record: i dati Oxfam confermano l’emergenza

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09.02.2023

Non c’è tregua per le disuguaglianze nel mondo. Il nuovo Rapporto Oxfam, intitolato “La disuguaglianza non conosce crisi”, focalizza la sua attenzione non solo sulle criticità in atto nel mondo (guerre, pandemia, costi dell’energia), ma sottolinea come a fronte di problematiche mondiali, “nel biennio 2020-2021, l’1% più ricco al mondo ha beneficiato di quasi due terzi dell’incremento della ricchezza netta aggregata […] e le grandi imprese del comparto energetico e agro-alimentare hanno più che raddoppiato i propri profitti nel 2022 rispetto alla media 2018-2020”.

Disuguaglianze intollerabili

Oxfam rileva che con un trend in veloce ascesa, “negli ultimi 10 anni, i miliardari hanno raddoppiato la propria ricchezza in termini reali, registrando un incremento del valore delle proprie fortune superiore di quasi sei volte a quello registrato, su scala globale, dal 50% più povero della popolazione”.

Inoltre, per ogni 100 dollari di incremento della ricchezza netta negli ultimi 10 anni, 54,40 dollari sono andati all’1% più ricco e solo 0,70 dollari al 50% più povero.

Oxfam continua sottolineando anche come negli ultimi 10 anni l’1% più ricco ha accumulato, in termini reali, un ammontare di ricchezza 74 volte superiore a quella del 50% più povero. L’ammontare delle fortune dei miliardari nel mondo ha raggiunto il suo picco nel 2021. L’anno successivo c’è stata una flessione dell’accumulo, pur se il loro valore rimane comunque più alto dei livelli pre-pandemici.

Tra le conseguenze molteplici di più crisi simultanee, Oxfam registra a livello globale l’aumento della povertà, l’aggravamento della fame, aumento dei tagli ai posti di lavoro e crollo dei salari. Con una ripresa economica caratterizzata comunque da iniquità, con all’orizzonte lo spettro del disastro del debito.

Le disuguaglianze nel contesto nazionale italiano

Oxfam fotografa anche la situazione italiana, in cui permangono ampi squilibri nella distribuzione della ricchezza nazionale. A ciò fa però da contraltare la grande capacità “di resilienza economica dei nostri concittadini”.

A fine 2021 si vedeva come il 10% (in termini patrimoniali) della popolazione italiana possedesse oltre 6 volte la ricchezza della metà più povera. Sempre nello stesso periodo, la ricchezza del 5% più ricco (titolare del 41,7% della ricchezza nazionale netta) era superiore allo stock di ricchezza detenuta dall’80% più povero dei nostri connazionali (31,4%).

Divari dei redditi

Sui divari di reddito, Oxfam riporta tra l’altro il bilancio consuntivo di ISTAT relativo al 2020 che fotografa una contrazione del reddito netto familiare dello 0,9% in termini nominali e dello 0,8% in termini reali rispetto al 2019. Analoga è la contrazione in termini reali (-0,8%) rispetto all’anno precedente registrata nel 2020.

Si rileva inoltre come “il rapporto interquintilico – una delle misure sintetiche della disuguaglianza – sia passato dal valore di 5,7 del 2019 a 5,8 nel 2020. In assenza di interventi di sostegno pubblico alle famiglie tale indicatore avrebbe toccato, secondo le simulazioni di ISTAT, quota 6,9”.

Gli alti livelli di povertà e il peso dell’inflazione

Nonostante la ripresa economica, le disuguaglianze continuano a crescere. Oxfam, infatti, sottolinea come siano rimaste sostanzialmente stabili nel contesto nazionale sia l’incidenza del rischio di povertà/esclusione sociale, sia quello della povertà assoluta. Quest’ultima, inoltre, “su base annua è rimasta pressoché stabile nel 2021, dopo il considerevole incremento del 2020”. Nel nostro paese la quota di famiglie in povertà assoluta nel periodo compreso tra il 2005 e il 2021 è più che raddoppiata. Una povertà dalla quale diventa sempre più difficile evadere, una povertà che si eredita.

Per quanto riguarda la spirale inflattiva nel rapporto si sottolinea il peso che essa ha sulle famiglie più povere, messe in seria difficoltà nell’acquisto di beni e servizi essenziali come alimenti ed energia.

Mercato del lavoro

Se a fronte delle crisi gli interventi straordinari di questi anni hanno avuto l’effetto di evitare un disastro economico-sociale, rimangono in Italia problemi strutturali e radicati, nell’arretramento economico pluridecennale del paese, nei crescenti divari territoriali e di genere, nel ritardo nei livelli di istruzione, in un accentuato sottoutilizzo del capitale umano da parte del sistema produttivo, nel crescente ricorso a forme di lavoro non standard da parte delle imprese e nei bassi livelli retributivi. Rimane alto il ricorso a forme di lavoro atipico, che resta una delle più problematiche “trappole della precarietà”.

Nel 2022, però, risultano in crescita le attivazioni di contratti a tempo indeterminato, pur se “nei settori a scarso valore aggiunto come quello del commercio e del turismo”.

Il fisco e la questione dell’abrogazione del Reddito di cittadinanza

Forte è la critica verso il sistema fiscale italiano, considerato da Oxfam fortemente iniquo. Nel rapporto si sottolinea come “la quota dei redditi da lavoro sul Pil è in vistoso calo da anni e il prelievo sul lavoro supera oggi di tre volte quello su profitti, interessi e rendite”.

Iniqua viene considerata anche la flat tax. “Il forfettario ampliato – si legge – si presta a considerazioni fortemente critiche sotto i profili di equità ed efficienza”. Poco equa appare anche “la strategia di incremento dei salari e di sostegno ai redditi delle persone meno abbienti incardinata sulla detassazione dei fringe benefits (i fringe benefit possono essere definiti come “compensi in natura” perché appunto non vengono erogati sotto forma di denaro ndr)”.

Dopo un’analisi delle problematiche legate all’evasione fiscale e contributiva – con una netta critica alle “pratiche condonistiche” e a quella della tassazione degli extra-profitti (l’intervento che recepisce le norme del Regolamento 1854 del Consiglio UE viene definito non particolarmente “ambizioso”), il Rapporto Oxfam si concentra sulla questione del Reddito di cittadinanza.

Negativa è l’opinione espressa riguardo il concetto di “occupabilità”, inserito dall’esecutivo in carica nella nuova normativa sul RdC. “Le scelte del Governo – si legge – riportano alla ribalta, in tutta la sua bieca semplificazione, indefinitezza e inadeguatezza per un’azione di policy efficace di contrasto alla povertà, la categoria del povero abile (al lavoro). Gli occupabili (i nuovi poveri abili) non hanno diritto di sostegno pubblico al reddito, mentre la dipendenza dalle finanze pubbliche è concessa solo ai poveri incolpevoli”.

Dal rapporto esce la fotografia di un’Italia dilaniata dalle disuguaglianze. Troppo disuguale. E bisogna agire subito per non far rimanere nessuno indietro.

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