Veneto e Lombardia: record di dimissioni, soprattutto tra i giovani. Quali sono le cause?
17.05.2022
Anche in Italia, come negli Stati Uniti e in molti Paesi del Nord Europa, si sta verificando un fenomeno particolare, quello che negli USA chiamano: The great resignation. Ossia, sempre più persone decidono di dimettersi dal lavoro. Veneto e Lombardia hanno registrato numeri di dimissioni record nell’ultimo anno, dando il via a una serie di riflessioni urgenti sulle motivazioni che hanno spinto in tanti ad abbandonare il proprio posto di lavoro.
DIMISSIONI: QUALI SONO LE CAUSE?
È doverosa una premessa. Il Covid-19 ha profondamente mutato il mondo del lavoro. Prescindendo dal ruolo preponderante che ha avuto lo smartworking nell’equazione, sono cambiate le prospettive. Si è fatta sempre più forte l’esigenza di riuscire a conciliare vita professionale e vita privata. A proposito della vita privata, poi, il Covid-19 ha inciso moltissimo anche su questa: è cambiata la socialità e con essa i ritmi della quotidianità.
Includiamo nella premessa anche lo sconforto dettato della pandemia prima e dal conflitto in Ucraina oggi. I dati restituiscono sempre l’immagine di un Paese in sofferenza.
Ma allora perché si rinuncia al proprio posto di lavoro? In Veneto tra gennaio e aprile del 2022 si sono dimesse oltre 66mila persone, pari al 50% in più delle dimissioni registrate lo scorso anno nello stesso periodo. Anche in Lombardia si segue lo stesso trend.
Contrariamente a ciò che accade negli Stati Uniti, dove quando si parla di The great resignation ci si riferisce a persone che lasciano il lavoro per restare poi disoccupati, in Italia il fenomeno assume un significato differente.
L’ente Veneto lavoro ha reso noti i dati sull’occupazione registrando un aumento del 68% rispetto allo scorso anno nello stesso periodo. Ciò sta a significare che in realtà i dimissionari non restano disoccupati a lungo, anzi. Molti lasciano l’impiego o perché sottopagati o perché l’impegno è talmente gravoso da non permettere un degno equilibrio tra vita lavorativa e vita privata.
UNA NUOVA REALTÀ
Ferruccio Gambino, sociologo del lavoro all’Università di Padova, ha rilevato che: “Il sentimento diffuso è che si venga pagati troppo poco e con scarse garanzie, rispetto all’impegno richiesto”. È questa la chiave: molti, soprattutto i giovani sotto i 35 anni, aspirano a trovare un equilibrio e alla realizzazione personale e professionale.
Il punto non è il compromesso, ma è accettare impieghi magari sottopagati che offrono scarse garanzie. Sull’argomento è spesso intervenuto anche il Segretario Generale della UIL, Pierpaolo Bombardieri, facendo il punto sul precariato, tema cardine della discussione, e precisando che i giovani, il futuro del Paese, non possono permettersi di sottostare a offerte di lavoro poco dignitose. Servono: diritti, tutele e una retribuzione adeguata. Bisogna seguire il modello spagnolo che ha quasi del tutto abbattuto il precariato. Bisogna lavorare sul benessere delle lavoratrici e dei lavoratori e partire su riflessioni concrete che riguardano la riduzione dell’orario lavorativo a parità di salario.
In sintesi, sì, quello del numero crescente delle dimissioni è un fenomeno in ascesa, ma le cause sono da ricercarsi nell’offerta e nel comprendere le prospettive di chi deve costruirsi un avvenire.
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