2022: l’annus horribilis dei fiumi europei

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12.05.2023

Gli scienziati del Copernicus Climate Change Service hanno pubblicato l’European State of the Climate (ESOTC) 2022”, un approfondito rapporto sul monitoraggio climatico dell’intero continente europeo. 

Il documento fornisce una panoramica ampia e dettagliata su diversi parametri cardine del clima in Europa: dalle temperature agli incendi, dalle precipitazioni alla portata dei fiumi, passando per l’umidità del suolo, la distribuzione dei ghiacci e altro ancora. 

L’obiettivo centrale è informare tutti gli attori coinvolti nella questione climatica in maniera chiara ed esaustiva sugli effetti dei cambiamenti in atto, favorendo lo sviluppo di misure atte a contrastare il riscaldamento globale. 

Il 2022 è stato anche l’anno con più siccità in Europa 

I dati, elaborati dal Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine (ECMWF) per conto della Commissione UE, evidenziano una situazione drammatica, con un trend di peggioramento legato alla costante immissione di anidride carbonica e di altri gas a effetto serra (fra cui il metano) nell’atmosfera terrestre. 

Per quanto concerne le temperature, inoltre, l’anno scorso si è rivelato essere il secondo più caldo mai registrato nel nostro continente, con picchi di 0,9° C al di sopra della media storica. Come se non bastasse, nel lasso temporale compreso tra il 2018 e il 2022, si è arrivati a 2,2° C rispetto all’epoca preindustriale.

Ma ciò che colpisce maggiormente è che il 2022 è stato anche l’anno più secco in Europa (al primo posto per estensione delle aree colpite dalla siccità, al secondo posto per riduzione della portata dei fiumi) dalla seconda metà del XIX secolo, ovvero da quando esistono le rilevazioni scientifiche. 

L’anno scorso, il 63% dei fiumi europei è stato al di sotto della media 1991-2020, e si è registrata anche la sesta annualità di portate sotto la media per i corsi d’acqua del continente. 

Cause e conseguenze della siccità

Le cause del fenomeno vanno rintracciate nella carenza di neve invernale e nel manifestarsi di un’estate particolarmente torrida, fattori che hanno provocato una perdita record di ghiaccio sulle Alpi pari a oltre 5 chilometri cubi. 

La scarsità di piogge è continuata nell’estate, con ondate di calore eccezionali, che hanno provocato una siccità estesa e prolungata: secondo Copernicus, il sud dell’Europa ha avuto il numero più alto mai registrato di giorni con stress termico molto forte.

In questo contesto, è evidente che i cambiamenti climatici e le conseguenze ad essi legate, quali il citato aumento delle ondate di calore, la siccità e le inondazioni rappresentino un problema non solo nazionale, ma europeo e mondiale, che coinvolge i cittadini ed anche, sempre più di frequente, il mondo del lavoro. 

Occorrono politiche concrete 

La UIL sostiene da tempo la necessità di attuare politiche concrete per creare sistemi idrici sostenibili con investimenti strutturali, indirizzati alla manutenzione, alla depurazione, al riciclo e al sostegno alle nuove tecnologie. 

Purtroppo, le stime più recenti sulle dispersioni idriche in Italia non sono affatto incoraggianti: circa 41 metri cubi di acqua al giorno per ogni chilometro di rete vanno perduti e non riescono ad essere fruiti dagli utenti finali (dati “Il sole 24 ore”), generando ripercussioni finanziarie e ambientali sempre più rilevanti, soprattutto se consideriamo i gravi episodi in continuo aumento di cui si è parlato sopra. Anche gli ultimi dati forniti dall’ISPRA sul problema idrico nazionale (Report SNPA n. 21/2021), e specificamente quelli relativi alle future tendenze e all’impatto dei cambiamenti climatici sul ciclo idrologico, fanno emergere una situazione a dir poco rassicurante. Infatti, si prevede che per effetto del climate change possa verificarsi, a livello nazionale, una riduzione della disponibilità di risorsa idrica di circa il 10% nella proiezione a breve termine.

Anche nel caso si adotti un approccio di mitigazione aggressivo nella riduzione delle emissioni di gas serra, le stime arrivano al 40% (con punte del 90% per il Sud Italia) nella proiezione a lungo termine, ipotizzando che la crescita dei gas climalteranti in atmosfera mantenga i ritmi attuali. 

Per migliorare la gestione della risorsa, specialmente in occasione di eventi di siccità e/o di scarsità idrica, sarebbe doveroso disporre – con copertura nazionale – di un monitoraggio sistematico e omogeneo delle portate, dei prelievi e delle restituzioni; ciò consentirebbe agli enti coinvolti di poter costruire con maggior dettaglio il quadro conoscitivo e i possibili effetti di differenti scenari di utilizzo della risorsa stessa.

Questo perché non solo la società civile, ma anche molte attività economiche dipendono dalla risorsa idrica – pensiamo all’agricoltura, ma anche ai settori del manifatturiero e dell’energia – e per queste ragioni ci auguriamo che avvenga al più presto un cambio di passo rispetto a questo tema, perché garantire l’accesso al “bene acqua” risulta imprescindibile anche in funzione dei crescenti trend di urbanizzazione, che stanno comportando un aumento rilevante della domanda energetica e idrica.

Il ruolo chiave delle Parti Sociali

È necessario che su questi temi il Governo coinvolga pienamente anche le Parti Sociali. Non possiamo continuare ad intervenire sull’emergenza, ma è quantomai fondamentale investire su tutto il sistema della prevenzione. 

La Transizione ecologica che l’Italia e tutto il “Vecchio continente” stanno affrontando, accompagnata da finanziamenti concreti per mitigare gli effetti del clima che cambia e massimizzare la gestione delle risorse idriche, può migliorare la resilienza climatica delle comunità e creare posti di lavoro, ma è necessario un suo miglioramento in tempi rapidi. 

Bisogna agire adesso, proteggere le nostre risorse idriche attraverso investimenti strutturali e mediante l’utilizzo corretto anche dei fondi messi a disposizione dal PNRR, al fine di potenziare e mettere in sicurezza le infrastrutture, i bacini d’acqua, gli alvei naturali e realizzare nuovi invasi. 

Dobbiamo, inoltre, promuovere una grande campagna culturale che ci obblighi a non girare più la testa dall’altra parte. La Giusta Transizione non si deve tramutare, come purtroppo sta accadendo, in un alibi per rimandare scelte e investimenti, ma deve essere l’emblema di un’azione rapida ed efficace, che abbia come obiettivi centrali la crescita sostenibile e l’occupazione. 

Dipartimento Ambiente UIL

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